Non solo turnover, il Napoli vive anche di certezze: ecco gli highlander azzurri
Il Napoli di Ancelotti, bello, spumeggiante e anche competitivo in Champions League, nel girone della morte con Liverpool e Paris Saint Germain, è ormai una creatura completamente diversa da quella ammirata negli ultimi anni di marca sarriana. Nel modulo e negli uomini, infatti, la formazione campana è diventata, dopo un'iniziale momento di transizione, qualcosa di diverso, forse, definitivamente un grande club. Già perché se esci rammaricato per due pareggi da incontri con PSG e Roma, qualcosa, in termini di crescita, vorrà pur dire.
Crescita, come dicevamo, anche per uomini e numeri in campo, con la compagine partenopea che ha assunto un volto nuovo: 4-4-2 e turnover. Ricette, dogmi importanti ma di sicuro non rigidissimi. Il modulo, difatti, viene spesso modificato, anche a gara in corso, mentre gli uomini, sia pure vorticosamente cambiati di gara in gara, riconoscono una certa spina dorsale. Ed è proprio a quest'ultima, alla colonna portante della squadra che, ora, concentriamo le nostre attenzioni.
Gli highlander azzurri: Koulibaly, Raul Albiol, Allan, Insigne
In ogni squadre che si rispetti, anche in quelle che hanno fatto la storia recente del gioco, c'è un impianto di base, costituito da pochi calciatori, immune alle rotazioni ed alle esigenze di calendario. Ed anche il Napoli ancelottiano non sfugge a questa regola, quasi aurea. Quattro, gli elementi insostituibili o, meno sostituibili di altri: Koulibaly e Raul Albiol in difesa, Allan a centrocampo e Insigne in attacco. Tre punti fermi anche dell’azzurro sarriano e che, in questa stagione, stanno proseguendo sul crinale già tracciato nelle ultime stagioni. Il senegalese però, rappresenta il prototipo principale dell'intoccabile con il numero #26 sempre presente nelle tredici uscite stagionali campane. Come lui, nessuno, o meglio, solo Allan.
Il brasiliano, infatti, è l'unico altro partenopeo, sopra quota mille (1.025’) minuti di impiego, a fronte dei 1.170 del centrale difensivo, ad aver toccato il terreno di gioco in ogni singola uscita del suo Napoli. Poi, più nulla. Nessun altro ha giocato quanto loro anche se, sopra i 900’ di gioco, ci sono Raul Albiol, che però ha riposato per due intere partite, e Insigne, 8 gol e 1 assist per lui, a quota 903’ di gioco. Loro, in pratica, sono le pedine senza le quali è complicato per questo club dirsi forte, sicuro e pronto ad ogni battaglia.
Titolari aggiunti, il festival dei talenti fra i 500 e gli 800 minuti di gioco
E poi? E poi ci sono le rotazioni folli ma anche necessarie, per un Napoli sempre pronto, attento, combattivo e capace di mantenere alto il proprio ritmo di gioco, in sede di pressing e di costruzione della manovra. Ben nove interpreti del roster del patron De Laurentiis, infatti, veleggiano fra i 500’, ovvero quasi sei partite intere, e i quasi 900’ di gioco, vale a dire circa 10 gare da 90 primi. Nove elementi che racchiudono alla perfezione il nuovo modus operandi del neo-tecnico azzurro e che si presentano alla vigilia di ogni singolo match come titolari aggiunti, come possibili risorse da affiancare agli stakanovisti di squadra.
Come Mertens (664’) e Zielinski (821’), loro pure sempre impiegati in questa stagione ma con minutaggi piuttosto esigui rispetto agli Allan o ai KK, ma anche Callejon in grado di assumere una parabola tutta sua: automa lo scorso anno, sacrificabile, e spesso sacrificato in avvio, e poi nuovamente imprescindibile, per 884’ di gioco, dalla svolta del 4-4-2 ad oggi. E poi ci sono i Milik, 3 reti in 711’, e gli Hamsik, 10 gare ma con soli 660’ di gioco, e le sorprese come quelle rappresentate da Fabian Ruiz che, dopo un avvio in sordina, con quattro panchine nelle prime quattro si sono imposti con forza in Europa e in Italia.
Personaggi in cerca d’autore, e di una chance: tutti coinvolti
Sin qui abbiamo tracciato il chiaro profilo di 13 calciatori ma questo Napoli, come abbondantemente dimostrato dai numeri, conosce una panchina molto, ma molto profonda.
Ben otto, per un totale di 21 elementi della rosa sui 28 a referto, di cui quattro non ancora utilizzati per problemi fisici, sono i calciatori che hanno assaggiato il campo anche solo per un minuto palesando la qualità ma anche la nuova strategia messa insieme da Ancelotti. Tutti avranno spazio, e lo hanno già avuto, e tutti sono parte di un discorso, di un progetto più ampio finalizzato non tanto (e non solo) alla conquista di un trofeo o di obiettivi di classifica quanto ad una crescita corale e collettiva dell’intera compagine. Manifesto ideologico di una più ampia condivisione del rettangolo verde con, fin dai portieri, Karnezis dimostra a quota quattro partite e 360’ di gioco, tutti coinvolti.
I nuovi, con Verdi (255’), Malcuit (319’) o Luperto (91’) e pure i Rog (189’), gli Ounas (135’ di gioco ed un gol col Sassuolo), i Maksimovic (376’) o i Diawara (225’) lasciati spesso a marcire in panchina negli anni scorsi.
La musica è cambiata e ora tutti, davvero tutti, possono ambire non solo ai famosi 15 minuti di gloria ma anche ad una titolarità, prima, autentica chimera.