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Napoli, la transizione è finita. Non servono rivoluzioni ma che ne sarà di Insigne?

Il primo anno di Ancelotti ha portato la conferma del secondo posto, con un gap netto rispetto alla Juve e alle inseguitrici. Ha aumentato il respiro internazionale degli azzurri. Ha avviato un diverso percorso tattico: per renderlo di successo, il progetto non va stravolto ma arricchito. Non solo con i giovani ma con calciatore che abbiano personalità ed esperienza.
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Il secondo posto già sicuro in un campionato però finito troppo presto. Una grande illusione in Champions League, la Coppa Italia sfuggita contro il Milan nel primo giorno di gloria rossonera di “Pum Pum” Piatek. Il Napoli di Ancelotti ha consolidato il ruolo di seconda forza della Serie A. Si è allargato, rispetto all'anno scorso, il divario con la Juventus, ma allo stesso tempo è aumentato il vantaggio sulle altre. Nel galleggiare in questa transizione il Napoli ha sperimentato una sicurezza maggiore e insieme una possibile fonte di appagamento, di auto-assoluzione.

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Il valore dell'identità

Con Sarri, tutta Napoli si è sentita compartecipe di un progetto, di una visione, di un'identità che si trasmetteva attraverso una costruzione tattica e stilistica. Ancelotti ha spostato l'attenzione sulla moltiplicazione delle opzioni, su un calcio fluido, meno marcatamente identificabile, su un equilibrio differente tra l'ampiezza e la verticalità. I tifosi riconoscono il carisma e il valore della carriera del tecnico anche se non sempre hanno accolto con indulgenza le contro-prestazioni nella seconda parte della stagione. Più delle sconfitte, almeno per una parte della tifoseria pesa il non sentirsi più al centro di una storia più grande. Ancelotti ha dato al Napoli una dimensione e un respiro internazionali, Sarri aveva dato a Napoli uno specchio nel quale guardarsi con occhi speciali, una ragione alla passione.

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Il consolidamento di una credibilità anche europea, che le prestazioni contro Liverpool e PSG nel girone di Champions League ha rinforzato al di là del terzo posto, porta a una prima considerazione: al Napoli non serve, e nemmeno converrebbe, ribaltare completamente il progetto tecnico. È altrettanto chiaro, però, che la scelta inusuale della scorsa estate, puntare sul mantenimento della rosa cambiando solo l'allenatore, non può diventare una politica gestionale di lungo periodo.

Fabian Ruiz, bella scoperta. Il dilemma resta Insigne

Gli effetti della cessione di Hamsik si sono fatti sentire, il passaggio al 4-4-2 ibrido ha comportato il non semplice adattamento al ruolo di regista di Fabian Ruiz, più a suo agio a sinistra da ala libera di tagliar dentro, e ha aperto il dilemma Insigne. Il suo futuro, in caso di offerta di quelle che non si possono rifiutare, può essere anche lontano da Napoli. Ma il capitano ha detto di voler rinnovare. Il presidente De Laurentiis, che ha festeggiato 70 anni e promesso lavori di ammodernamento del San Paolo, non è nella posizione di chi deve necessariamente vendere per generare le plusvalenze che salvano i conti di buona parte delle società di Serie A.

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Il Napoli che verrà, l'evoluzione tattica

“Non possiamo rimproverarci nulla” ha detto il presidente alla squadra nella cena di fine stagione, “abbiamo cambiato gioco, dopo aver fatto benissimo con Sarri, che è un grande allenatore. E bisogna dare meriti ad Ancelotti, che è intervenuto, ha sfruttato nuovi calciatori e chi aveva trovato meno spazio”. La stagione è servita anche al tecnico per mettere le basi di quello che nelle sue intenzioni sarà un progetto di lungo periodo, nel segno della varietà di interpretazioni. Gli è servito per capire cosa gli manca, cosa non ha. Per capire che il Napoli non fa del tutto rifondato, va migliorato, innanzitutto per disegnare un sistema di gioco che permetta ai giocatori che il sistema lo fanno funzionare (Fabian Ruiz, Callejon, Allan) di esprimersi al meglio e insieme di non perdere nulla del potenziale offensivo di Mertens e Milik Insieme valgono probabilmente più della somma delle parti ma possono anche interpretare, con i necessari adattamenti del resto della squadra, il ruolo di referente unico in area.

Come successo a Ferrara, in una partita che è sembrata il primo esperimento del Napoli che verrà. Ancelotti ha provato un 4-3-3 più vicino al 4-2-3-1 con Zielinski più avanti rispetto a Ruiz e Allan in fase di pressing, capace poi di evolvere in 3-4-3 con Allan arretrato in mezzo ai due difensori centrali per liberare la spinta sulle corsie di Younes e Callejon.

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Calciomercato: Ancelotti cerca giocatori d'esperienza

L'accordo, considerato ormai quasi fatto, con Ilicic e l'interesse per Castagne già rappresentano prime indicazioni della volontà di muoversi diversamente sul mercato rispetto agli ultimi anni. La trattativa con l'Atalanta, interessata a Verdi e Inglese, sembra suggerire che il Napoli non si accontenterà di giovani di talento, ma cercherà di arricchire la rosa con giocatori esperti e pronti per la Serie A. La società, su indicazione di Ancelotti che ha sottolineato anche l'esigenza di incrementare il capitale di esperienza della squadra, farebbe un'eccezione anche per riportare a Napoli Fabio Quagliarella, capocannoniere del campionato, che potrebbe chiudere la carriera nella sua squadra del cuore e chiudere così quel discorso sospeso e interrotto per una storia di stalking confessata solo molti anni dopo.

I nomi che si alternano nelle indiscrezioni di mercato consentono quantomeno di intuire i profili che il tecnico ricerca. L'ultimo che si è aggiunto alla lista dei più gettonati è Trippier, il terzino del Tottenham. Secondo la Gazzetta dello Sport Ancelotti avrebbe fatto anche il nome di Theo Hernandez, di proprietà del Real Madrid, quest'anno alla Real Sociedad.

I più gettonati rimangono Pablo Fornals del Villarreal opzionato dal club, e Hirving Lozano del PSV: Ancelotti spinge perché la trattativa si completi, ballano però una cinquantina di milioni. Questi primi nomi diventano un'antologia e insieme una piccola guida. Ci sono un esterno di fascia che garantisce spinta e copertura, un centrocampista polivalente e creativo, un jolly d'attacco che sa giocare da esterno e da seconda punta. Un tipo di attaccante che ad Ancelotti di sicuro può far comodo. “Cerchiamo un giocatore che migliori la qualità offensiva, non con caratteristiche particolari” diceva a maggio. “Non mi interessa tanto la struttura fisica, quanto la capacità di muoversi e attaccare la profondità”.

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Passione da ritrovare, il rapporto coi tifosi da ricucire

Un'alternativa a Mertens, dunque, da affiancare a Milik che ha segnato 20 volte in 46 partite anche se gli errori sotto porta contro Torino e soprattutto Liverpool hanno avuto un impatto sulla stagione. Il belga, che ha superato Attila Sallustro al terzo posto tra i marcatori all time del Napoli, ha costruito un peculiare rapporto simbiotico con la città e con la squadra. Segna, fa segnare, gira per i vicoli di Napoli, chiama casa Palazzo Donn'Anna dove vive con la moglie Katrin e la cagnolina Juliette. E quel soprannome, “Ciro”, diventa un'etichetta e insieme un'ammissione: Napoli ha trovato in Mertens un giocatore che le somiglia.

Quello che però è mancato al Napoli, solo 26mo nella classifica di Brand Finance, è il tifo. Al secondo posto in classifica, infatti, si combina solo un settimo posto in termini di presenze medie allo stadio in Serie A. Riportare il pubblico al San Paolo potrebbe rappresentare il più importante acquisto del prossimo calciomercato.

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