Juve Matuidi-dipendente, ecco perché il francese è indispensabile
I 20 milioni di euro investiti nella scorsa estate dalla Juventus per Blaise Matuidi, calciatore in apparenza ruvido e tutta sostanza, ad un passo, peraltro, dalla scadenza di contratto, erano sembrati davvero troppi. E invece, Marotta e tutto il suo staff tecnico, ci avevano visto giusto perché oggi, il transalpino, pare essere diventato l’ago della bilancia, l’uomo equilibrio di una squadra forte, potenzialmente da finale Champions ma che, senza il suo baluardo in mezzo al campo, evidenzia più di una qualche lacuna.
E infatti, la sua assenza, proprio in campo continentale col Tottenham, ha pesato molto sulla tenuta, specie difensiva, dei bianconeri incapaci di congelare il match sul 2-0 e conservare un certo margine di vantaggio sugli Spurs. E così, a pochi giorni dal decisivo ritorno con gli inglesi, all’indomani della qualificazione per la finale di Coppa Italia della sua Juventus (coincisa col suo ritorno in campo dopo l’infortunio) e nel periodo più decisivo dell’anno, ecco l’importanza del mediano nell’economia globale del football proposto dai bianconeri.
Uomo equilibrio, mai senza Matuidi
Il francese prelevato con lo specifico compito di fare legna in mezzo al campo e dare manforte al regista basso Pjanic in fase di non possesso è finito per andare oltre ogni più rosea aspettativa. E sì perché il suo apporto non si è focalizzato solo su questo fondamentale tattico ma anche su altri concedendosi il lusso di siglare anche due reti e di rivelarsi prezioso pure in fase di costruzione. Ora, però, limitiamoci alle sue doti difensive.
Il numero #14 è diventato indiscusso titolare, al netto di qualche infortunio muscolare, per la sua forza fisica, il dinamismo, la velocità nel lungo e la sua capacità di sradicare la palla dai piedi degli avversari.
Una caratteristica, questa, perfetta, di più, complementare con le qualità dei suoi compagni di reparto: l’incursore Khedira e la mente, il playmaker Pjanic. Insomma, una fusione ineccepibile. E i dati statistici dei tre spesso impiegati da Allegri nel 4-3-3 bianconero, dimostrano questo particolare affiatamento.
Dei tre, difatti, l’ex PSG è quello con più palloni respinti (0,2), contrasti tentati (1,5), duelli aerei vinti (0,9) e falli fatti a partita (1,6) con gli altri due bravi a occuparsi di altre situazioni di gioco: gol, 10, e assist, 8.
Una quadratura del cerchio ideale che, come dicevamo, è mancata parecchio contro il Tottenham con l’assenza in partita delle celebri chiusure del ragazzo, peraltro diga del centrocampo della nazionale francese (9 gol in 62 presenze totali), ma anche dei suoi ormai proverbiali inserimenti senza palla.
Incursore senza palla, è un Matuidi a due fasi
Come dicevamo però, il 30enne di Tolosa ha sorpreso un po’ tutti gli addetti ai lavori anche per la bravura in una porzione del gioco in cui non lo si riteneva del tutto adatto, ovvero: nella fase di proposizione. E infatti i due gol in campionato ma anche i 12 dribbling e i 21 tiri totali mostrano una certa propensione ad accompagnare la manovra.
E, da mezzala mancina, Matuidi non solo si rivela imprescindibile in copertura ma anche in appoggio creando spazio per il terzino Alex Sandro (o Asamoah), dialogando con l’esterno alto, spesso Manduzkic, e buttandosi, e speculando, negli spazi che le difese lasciano. L’assunto, da parte dei club rivali, è semplice e pure logico: attacchiamo i big e concediamo qualcosa agli altri. E questi altri hanno il volto dei Khedira ma anche dei Matuidi perfettamente in grado di finalizzare e ribadire in rete.
4-2-3-1 o 4-3-3, il risultato non cambia
Ancora, l’importanza del classe ’87 deriva da quella sua estrema versatilità, da quella polivalenza vitale in club che non si affidano a schemi e ad un gruppo di uomini consolidati. La flessibilità nel football 2.0 è esiziale.
E anche in questo specifico campo, Matuidi non delude ma anzi si adatta e si trova a suo agio in diversi sistemi di gioco. Interno nel 4-4-2, mezzala nel 4-3-3, dove è in grado anche di sfruttare le sue progressioni palla al piede e i suoi inserimenti oltre che le doti di interditore, centrale nel 4-2-3-1 e, pure, all’occorrenza, sul centro-sinistra in un 3-5-2. Insomma, ormai la Juve, per le sue qualità, per le sue caratteristiche e le stimmate di centrocampista moderno, non può più prescindere dal francese di origini angolane.