Talento ed equilibrio, perché il Brasile può vincere il Mondiale senza fare sceneggiate
“Il Brasile non ti batte più sul flusso, vince sui momenti”. Parola di Tim Vickery, punto di riferimento della BBC per il calcio sudamericano. E non è mai stato così vero come in questi Mondiali a giudicare da quanto emerso dalla prova del campo finora.
Un Brasile "europeo"
“Ci sono alcuni paesi e villaggi del Brasile che non hanno una chiesa, ma non ne esiste neanche uno senza un campo di calcio” scriveva Eduardo Galeano. Il calcio è collante e identità, e in una nazione-continente dai contrasti forti, la nazionale non può che tradurli e in qualche occasione sublimarli. Ormai dalla prima apparizione di Pelè, che assommando Talento, più tecnica, più coraggio, più espressività fisica di un corpo dai movimenti allegri, più la passione ha reso vincente un calcio bello e spumeggiante, il Brasile ha oscillato fra due anime. Da un lato il calcio come samba, spettacolo suadente degli anni '50 e '60, mai così scintillante come nella gestione di Telè Santana sotto la luce che non perdona del Messico. Dall'altro la consapevolezza del valore della sostanza oltre la forma. Così, “all'europea”, giocava il Brasile campione del mondo del '94, così si è riproposto con Dunga e Scolari.
Tite, però, non solo riesce a mettere insieme cinque giocatori puramente offensivi con Casemiro a far da equilibratore. Disegna una squadra moderna, che cancella l'immagine del Brasile come nazionale tatticamente non all'avanguardia, un marchio che la Selecao si porta dietro almeno dai tempi della “diagonal”, il tentativo di fusione fra Metodo e sistema strutturato secondo due diagonali immaginaruie a centrocampo: terzino destro, mediano destro e centromediano con compiti prettamente di contenimento;mezzala destra, mezzala sinistra e ala sinistra più offensivi.
Neymar, l'uomo dei record
In questa edizione dei Mondiali, riferisce Opta, Neymar ha tentato più tiri (23) e conclusioni in porta (12) di chiunque altro. Ha creato più occasioni (16) e subito più falli (23). In carriera, ha segnato sei gol in Coppa del Mondo. Per riuscirci, gli sono bastati 38 tiri: a Messi ne son serviti 67, a Cristiano Ronaldo 74, per arrivare alla stessa quota.
Contro il Messico, abbandonati gli orpelli biondi, Neymar sviluppa una partita di sostanza. Lascia la forma a una deprecabile simulazione, ma dentro i limiti del campo riceve 42 palloni e ne distribuisce 35. Riceve soprattutto da Casemiro, l'unico che gli offra almeno 10 passaggi, e scambia prevalentemente con Coutinho.
È il quadro di un Brasile che ha smesso di essere Neymar-centrico, che non cade nell'errore dell'Argentina di Sampaoli con Messi. È l'immagine di un campione al centro della scena senza troppo dominare. Si accontenta della libertà in un colpo di tacco per avviare l'azione del vantaggio, che poi va a chiudere con i più facile dei gol.
Gabriel Jesus e Coutinho, triangolo decisivo
La frequenza delle interazioni di o'Ney con Coutinho, schierato come mezzala con compiti da incursore libero da limitanti definizioni tattiche, racconta lo stile di una Seleçao che decentra la regia e sviluppa gioco attraverso i corridoi di sinistra.
La sua posizione, e una circolazione di palla che nell'ottavo di finale si concentra a cavallo della linea di centrocampo, riducono nel primo tempo le chances di creare spazi fra le linee. Il jolly del Liverpool si integra cercando una posizione più centrale, da trequartista più classico che si inserisca con e senza palla.
Tite chiede anche a Gabriel Jesus di aumentare la densità sul fronte sinistro, così da sbilanciare l'assetto difensivo del Tri. È la prima condizione per aprire spazio nei ribaltamenti. Anche perché da destra arriva O Foguetinho, “il Piccolo Razzo”, Willian. Apparizione simbolica a Samara, che ha avuto un ruolo centrale nel programma aerospaziale sovietico e nella costruzione del Vostok I che portò nello spazio Yuri Gagarin nel 1961. E quando Hugo Ayala reagisce al suo taglio in diagonale è già troppo tardi: il Brasile è già in vantaggio.
È il primo effetto della mossa di Tite che nel secondo tempo ha chiesto a Willian un doppio compito, restare largo senza palla e accentrarsi per dominare gli spazi di mezzo nelle transizioni.
Il valore delle transizioni
In un Mondiale senza partite scontate, anche le big che hanno superato la fase a gironi, hanno poggiato su transizioni efficaci. Vince chi copre meglio in campo quando ha il pallone, chi non concede possibilità di contropiede o spazi larghi per gli inserimenti una volta perso il possesso. E la presenza di un giocatore di disciplina e lettura come Casemiro aiuta e non poco la causa del Brasile.
Contro le molte difese compatte e schierate, con le linee ben schiacciate, la prevedibilità nella costruzione offensiva è diventata sempre più un fattore limitante. L'intuizione di Coutinho contro la Serbia o il tacco di Neymar per Willian, esempi di precisione di pensiero e velocità di esecuzione, rinforzano una Seleçao che si candida a favorita per il titolo.
La forza della difesa
Anche in un Mondiale che riscopre lampi di calcio offensivo, è l'equilibrio nella fase difensiva che divide i vincenti dai sognatori e dagli illusi, categoria cui si è aggiunto il Giappone in ottima compagnia con Germania e Argentina.
Da quando è stato scelto come ct, Tite ha insistito sul valore dell'equilibrio. Aumentare il numero di giocatori offensivi richiede una stabilità maggiore e una concentrazione ancora più alta a quello che succede dall'altra parte del campo. Nelle prime 25 partite con Tite ct, il Brasile ha subito sei gol.
Contro il Messico, la linea a quattro, dogma non facilmente superabile del calcio verdeoro, ha guadgnato in equilibrio. Dopo l'infortunio di Marcelo, Tite ha promosso titolare a sinistra Filipe Luis, che ha imparato con Simeone l'arte della marcatura e ha stretto molto la linea. E a destra con Fagner la scena si è riproposta in maniera praticamente identica.
Miranda, che ha iniziato a giocare in difesa in omaggio al maggiore degli undici fratelli, Vicente, morto in un incidente sul lavoro e difensore noto nei dilettanti del Paranavaí, e Thiago Silva hanno assommato una ventina di interventi difensivi contro il Messico. Casemiro ha aggiunto una protezione decisa ma non semplicemente distruttiva. Per Tite, infatti, un fallo a centrocampo è un'occasione persa per recuperare velocemente il pallone. Il suo è un Brasile che marca stretto, che pressa per poi rigiocare velocemente. Ha lasciato al Messico il 53% del possesso, ma ha vinto sui momenti. E così si vincono i Mondiali.