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Serie A: chi fermerà la Juventus? Il Napoli frena, la Roma si ritrova, irrompe l’Inter

La Juve fa 7 vittorie su 7 partite in Serie A nel segno di CR7 e Mandzukic. Come il Bayern Monaco negli ultimi anni in Bundesliga o il PSG in Ligue 1, i bianconeri giocano un campionato a parte. Il confronto con la feroce efficienza della Juve ridimensiona il Napoli. Roma, un derby non fa primavera.
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L'Italia ritrova Inter e Roma, e perde un po' di spirito competitivo. Il pubblico paga, e ha diritto allo spettacolo diceva il grande tennista Jimmy Connors. Ma questo spettacolo spezzettato rischia di somigliare sempre di più alla Bundesliga degli ultimi anni o alla Ligue 1, regni in cui sul dominio di una squadra sembra non dover mai calare il sole. La settima giornata lascia una sola domanda, non procrastinabile ma ancora senza una convincente risposta: chi fermerà la Juve? L'aria, nell'attesa, allo Stadium bianconero diventa elettrica.

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Juventus, otto volante

La più recente Juventus della famiglia Agnelli riallaccia con l'inizio del quinquennio d'oro, con l'alba del rapporto fra la Fiat e la società destinato a cambiare la storia e il volto del calcio in Italia. Era dal 1930-31, infatti, dall'era di Carcano, che la Juventus non vinceva le prime otto partite stagionali, in tutte le competizioni. La Juventus è capace di andare in posti che le rivali dimostrano di non conoscere.

Per la prima volta in Serie A Mario Mandzukic ha segnato tre gol nelle prime sette giornate. Sette su sette, se si guarda al solo campionato, nel giorno di CR7. Campione, e certo non lo scopriamo oggi, che dipinge la sua miglior partita in Italia nel primo big match della stagione. A Valencia, nell'assenza per un'espulsione ingiusta, ha scatenato il carattere di una squadra che solo due anni fa si sarebbe persa e stavolta si è ritrovata. Poliedrica, la Juve di Allegri sa cambiare volto senza cambiare pelle: merito anche di un Matuidi che fa da precipuo equilibratore e di un Mandzukic talismano (quando segna la Juve vince sempre, unica eccezione la finale di Champions contro il Real) ancora capace di reinventarsi per il bene collettivo. Varia moduli e visioni ma difende un'identità efficiente. Nessuna risorsa va sprecata, l'attenzione all'obiettivo è maniacale. Dopo il gol subito contro il Napoli, i bianconeri estraggono il tigre del motore con una ferocia e una consapevolezza che abbattono frontiere e consapevolezze. Come Lewis Hamilton nel decisivo giro lanciato delle qualifiche di Singapore, quando serve la Juve dimostra di saper e di poter andare in posti che le avversarie non conoscono.

Certo, è curioso che proprio nel momento di massima maturità arrivi la notizia dell'addio di Marotta come amministratore delegato e della possibile promozione di Paratici. Le ipotesi si moltiplicano: la presidenza della Lega o della federazione, che ha smentito a Sky, un incarico internazionale, un redde rationem interno che a qualcuno ha fatto tornare in mente la sua assenza nella foto della presentazione con Cristiano Ronaldo e certe voci rimbalzate in estate dalla Spagna secondo cui sarebbe stato contrario all'arrivo di CR7. "Cosa significa? Quali cambiamenti di linea annuncia?" si chiede Mario Sconcerti sul Corriere della Sera. "È uno strano momento per una rivoluzione, come se qualcuno stesse sopravvalutando se stesso, o Marotta o la presidenza. Ma si rompe la Juve dei sette scudetti. Non è chiaro per ora a chi servirà".

Il Napoli battuto e ridimensionato

Al di là di certi cori beceri che avrebbero richiesto una mano più ferma dell'arbitro e non essere al solito derubricati a goliardia da stadio, il Napoli si scopre inferiore alla Juventus forse più di quel che avrebbe creduto. L'espulsione di Mario Rui rimane un fattore, ma lo è ancor di più il mis-match Hysaj-Ronaldo o l'assenza di un giocatore che sappia fare la differenza, che riesca a salire di tono quando i bianconeri accelerano, stimolati dall'inizio spumeggiante degli azzurri.

Una grande illusione, il primo quarto d'ora della squadra di Ancelotti che, senza campioni, si sgonfia alla prova dei fatti.  Ridimensionato rispetto ai bianconeri, vede ridotta anche la sua ambizione di agire da argine alla squadra di Allegri nella corsa scudetto. Riemergono vecchi difetti di personalità, quelli che distinguono i campioni (e le grandi squadre) dai buoni giocatori (e dalle squadre con qualche limite). Quando il gioco si è fatto duro, Hamsik e Zielinski sono spariti o quasi dal campo e l'autorevolezza iniziale si è rivelata miraggio fragile di una forza sbriciolatasi sotto il peso della verità. Emre Can, Matuidi e Pjanic hanno vinto quasi tutti i contrasti, il gol subito al primo vero affondo fa il resto. Certo, il cammino è lungo e le decisioni arbitrali, soprattutto sull'espulsione di Mario Rui, possono essere anche state poco condivisibili. Ma di certo, come ha ammesso Ancelotti, il Napoli deve imparare ad avere più coraggio e a gestire i momenti importanti.

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Roma, un derby non fa primavera

Coraggio che, in una partita atipica come il derby da cui dunque può essere azzardato trarre verdetti assoluti, ha estratto dal cilindro di un inizio di stagione cupo la Roma. I sette gol nelle ultime due partite a Frosinone e Lazio, una certa sfacciataggine che si estrinseca nelle due reti di tacco, sono più di una coincidenza ma molto meno di una prova. La Roma, gialla come il sole e rossa come il cuore per citare l'inno di Antonello Venditti che accompagna l'inizio di ogni gara interna, è preda di passionalità che riducono all'oggi l'orizzonte temporale. Nessuno può davvero escludere, in una squadra preda di passioni forti, esasperate, il ritorno di fasi di incertezza diffusa come le prime settimane di campionato.

Sta a Di Francesco, che intanto si gode Pellegrini e Kolarov, secondo giocatore dopo Raggio di Luna Selmosson a segnare con entrambe le maglie nella storia del derby romano, costruire e capitalizzare sulla compattezza recuperata. I dieci marcatori diversi già mandati in gol quest'anno, record in A per questa stagione finora, possono trasformarsi nei comandamenti di una coralità efficace o restare l'indicatore di una squadra senza riferimenti fissi. Evitare il rischio di questa seconda prospettiva è la scommessa di Di Francesco almeno fino a Natale. O forse fino a domani, che intanto è un altro giorno e si vedrà.

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Lazio, si può dare di più

Milinkovic-Savic avrebbe di sicuro immaginato uno scenario diverso per la sua centesima presenza con la maglia della Lazio. La squadra di Inzaghi costruisce poco, è spesso in sofferenza in difesa. Strakosha sbaglia posizionamento sulla punizione di Kolarov, Acerbi soffre Dzeko e va in difficoltà come forse mai dal suo arrivo a Roma, Caceres, al di là della sufficienza nel rinvio che porta al gol di Pellegrini, offre una prestazione troppo superficiale per quella che avrebbe dovuto essere la sua grande occasione. Leiva copre per tutti, Immobile corre per due ma non può bastare a Inzaghi che chiede con insistenza a Milinkovic di entrare di più nel vivo del gioco e non galleggiare in mezzo ma perde la sfida tattica con Di Francesco in tutte le zone del campo. Passati i primi 20-25 minuti, la partita prende un indirizzo chiaro, la Roma sembra poter  far male ad ogni attacco. La Lazio aspetta che passi la nottata, ma senza cattiveria inseguire il quarto posto sarà un po' più difficile.

L'Inter si ritrova: poker servito

La cattiveria ce l'ha, eccome, Lautaro Martinez. Egoista quanto basta per dimostrare di non essere per caso nell'attacco dell'Inter, ha segnato al primo tiro in Serie A: si sono visti inizi peggiori. La quarta vittoria di fila tra campionato e Champions poggia sulle giocate del numero 10. E' la rivincita soprattutto di Dalbert, alla miglior partita in nerazzurro, che Spalletti ha sempre difeso e gli ha servito il pallone del vantaggio. "Lautaro ha nel Dna la possibilità di essere il terminale offensivo dell'Inter" diceva ieri a proposito del Toro. L'obiettivo quarto posto è ancora di là da venire, ma a breve, dopo la Spal, c'è all'orizzonte il derby che spariglia destini e fortune. L'Inter potrebbe arrivarci con la convinzione sicura del top team. Gli uomini della Champions, garra o no, sono avvisati.

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