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Lorenzo poco magnifico, che succede al soldato Insigne (e perché il Napoli segna di meno)

Dalle scarse percentuali di realizzazione nelle ultime partite alle contromisure adottate dagli avversari per arginarlo da seconda punta passando per le sirene di mercato che vorrebbero Liverpool, Barça e Chelsea su di lui, ecco tutte le ragioni alla base del calo di rendimento del #24 azzurro.
A cura di Salvatore Parente
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Il Napoli non riesce ad espugnare il ‘Franchi’ contro la Fiorentina. La Juventus, invece, sul campo del Sassuolo, è brava a ristabilire le distanze rimettendo 11 punti di gap fra lei e gli azzurri. È la sintesi d’una giornata, la quarta di ritorno, poco propizia per i vice-campioni d’Italia. I campani però, ai punti, sabato sera, avrebbero meritato la vittoria. Si contano almeno sette occasioni in cui gli ospiti avrebbero potuto realizzare il vantaggio con Mertens, Callejon, Zielinski, Milik e, pure Insigne, sfortunati e poco cattivi sotto porta.

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Insomma, la crisi del gol è evidente e la prestazione balistica di Firenze è solo una delle tante che palesano questa siccità lì davanti. Dall’eliminazione Champions di inizio dicembre, infatti, il pacchetto avanzato di Ancelotti, complice una inversione a u nel rendimento del #24 partenopeo, ha subito una pesante involuzione: prima di ‘Anfield’, 1.8 gol per match, dopo, solo 1.2. Con, peraltro, un picco massimo di 3 reti toccate due volte nell’ultimo periodo, contro Bologna e Sampdoria, di cui una, senza Insigne in attacco. Numeri eloquenti che certificano il crollo verticale delle performance dello scugnizzo napoletano, ora, sempre meno ‘Magnifico’ con, sullo sfondo, scarse motivazioni in campionato e squillanti sirene di mercato.

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Da novembre ad oggi, è crollo verticale

Il 6 novembre è, forse, la data spartiacque. La data che ha troncato l'ottimo avvio di Insigne vanificando, forse, il miracolo di Ancelotti che, dopo un primo periodo di adattamento, lo aveva avvicinato alla porta posizionandolo a ridosso della prima punta. Lì, il talento di Frattamaggiore gioca più palloni, si inserisce fra le linee, legge bene il gioco, smista assist e, cosa ben più importante di tutte, fa gol. Ben 10, Champions League compresa, fino, appunto, al sigillo su rigore contro il Paris Saint Germain. Da lì una discesa negli inferi lenta ma costante.

La buona vena realizzativa scompare e Lorenzo brilla sempre meno cedendo il proscenio a Milik, divenuto autentico trascinatore in area di rigore. Le difese avversarie prendono le giuste contromisure, gli piantano addosso un mastino che ne sorveglia ogni movimento e Insigne, gara dopo gara, perde quelle certezze, con un pizzico di sfortuna (4 legni colpiti), che nei momenti no si fa sempre sentire, che lo avevano eretto a nuovo simbolo del gol scugnizzo.

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Da lì, dal 6 novembre, solo 2 reti, 3 assist, un rosso a ‘San Siro’, un po’ di nervosismo e qualche critica di troppo nonostante la ‘palma’ di secondo tiratore del campionato, a 69 conclusioni totali, di cui 29 verso la porta avversaria.

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Le sirene di mercato, tre big su di lui

Il rendimento iniziale di Lorenzo diventa un’arma a doppio taglio. Il suo valore di mercato, infatti, in pochi mesi, aumenta considerevolmente e Insigne si laurea talento italiano più costoso con una quotazione Transfermarkt da 75 sonanti milioni di euro. Tutti si interessano a lui e il manager Raiola non smette di intessere relazioni esterne nell’ipotesi, sempre remota, di addio del suo assistito. L’ingaggio, da 5 milioni a stagione, è da top player, da calciatore che sposta gli equilibri e che, pure, potrebbe migrare in altri contesti. E così, le lusinghe del tecnico del Liverpool Klopp, gli interessamenti di Barcellona e Chelsea, al netto dell’enorme professionalità del ragazzo, si instaurano per forza di cose nella mente dell'attaccante che, per carità, ha coronato il sogno di vestire la maglia della sua città ma, per talento e potenzialità, potrebbe mirare ad un upgrade definitivo. Approdare in un top club europeo e, poi, mica male, guadagnare ancora di più nella logica di un mercato globale che estingue le bandiere e massimizza i profitti.

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Assenza di stimoli, la Juve sembra troppo lontana

Il calo di prestazioni però, potrebbe essere spiegato anche da un punto di vista motivazionale con Insigne, specie dopo il sogno, poi infrantosi nelle ultime battute dello scorso campionato, poco concentrato negli ultimi mesi in Serie A. La Juventus di Cristiano Ronaldo è irraggiungibile, forse più delle precedenti annate e la distanza, non solo tecnica, con la ‘Vecchia Signora’, pare incolmabile. Undici punti ed il tassametro corre con gli alfieri napoletani, stante la grinta di mister Ancelotti, quasi rassegnati all’idea di un secondo posto in classifica, il quarto negli ultimi 7 anni. E pure l’eliminazione in Champions League potrebbe aver inciso, anche inconsciamente, nella testa e nelle gambe del ragazzo con il Ko di Liverpool, che ha spento la possibilità di misurarsi con le big d’Europa agli ottavi di finale, esiziale per la tenuta psicologica del ragazzo. Va da sé che con due obiettivi in meno, e la prospettiva di non poter lottare ad armi pari, e fino alla fine, contro i campioni d’Italia, Insigne possa pensare ad altro e, quindi, essere meno determinante per la sua squadra.

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