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Napoli Champions League 2018-2019

Lampo di Insigne, vittoria di squadra: il 4-4-2 del Napoli è mille colori

Il modulo di partenza si articola in un 3-4-1-2 in fase di possesso. Determinante Allan, ancor di più dopo l’infortunio di Keita e l’ingresso del più scolastico Henderson. Mario Rui vince il duello con Alexander-Arnold e dialoga con Felipe Ruiz. Hamsik efficace in regia. Nel finale, in campo aperto, l’ingresso di Verdi e Mertens fa la differenza.
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Preferisce la coppa, Carlo Ancelotti. In serate come questa, l'esperienza fa la differenza. Ancelotti studia un 4-4-2 che cambia pelle a seconda delle situazioni, che diventa 3-4-1-2 in fase di possesso e si articola sulle corse di Allan, sulla regia di Hamsik, sui tagli di Insigne, che illumina il finale col gol della vittoria. Il Liverpool, che non tira mai in porta, gioca sotto ritmo, paga le incertezze del trio di centrocampo, mai in grado di anticipare gli avversari e togliere tempo al fraseggio degli azzurri. Così il Napoli spezza il piano difensivo di Klopp e domina le fasce, con un Mario Rui che sovrasta Alexander-Arnold e diventa il vero valore aggiunto negli ultimi trenta metri.

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Si fa male Keita, si complica la partita del Liverpool

La partita di Klopp si complica dopo un quarto d'ora e poco più. Keita, decisamente più brillante palla al piede, incaricato di scoprire spazi fra le linee, esce per quello che sembra un semplice infortunio: viene però ricoverato all'ospedale Cardarelli per possibili problemi al cuore. Dentro un finora scolastico Jordan Henderson, che ha toccato più palloni di tutti i compagni da inizio stagione, ma non ha servito né assist né passaggi chiave nonostante le 14 verticalizzazioni su 25 appoggi nel primo tempo. Ancelotti, che il Liverpool in Champions League l'ha battuto quattro volte su cinque, studia un Napoli che contiene moltitudini.

Hamsik regista efficace: funziona il Napoli flessibile

In fase difensiva il Napoli si schiera secondo un 4-4-2, ma in fase offensiva sperimenta quasi un 3-4-1-2 con Mario Rui libero di spingere, per questo ha scelto Maksimovic che può stringere nella fase di possesso, e Fabian Ruiz a dividersi in quella zona di campo lo spazio alle spalle di Milik con Insigne. Il suo è un ruolo duale, di collante con il centrocampo e insieme di attaccante, quello che ama di più, a dettare la profondità e aprire la difesa avversaria giocando più vicino alla porta. In questo contesto cangiante, Milik può offrire più opzioni nel portare palla in  area, può impegnare maggiormente la difesa e diventare un jolly sui calci piazzati rispetto a Mertens che si esalta nel fraseggio palla a terra, veloce e verticale.

Il classico 4-4-2 del Napoli in fase di non possesso
Il classico 4-4-2 del Napoli in fase di non possesso

Si scontrano due filosofie e due geometrie. Il Liverpool, come si è visto anche contro il PSG, tende a far densità al centro, a ingarbugliare il possesso avversario in mezzo per poi liberare il contropiede alle spalle della prima e seconda linea di pressing. Il Napoli, proprio grazie alle spinte di Mario Rui, mantiene due uomini molto larghi, con Callejon a destra, pronti anche a ricevere il lancio di Albiol cui si demanda il compito di far uscire il pallone dalla difesa. L'altra opzione è affidarsi a Hamsik, che chiude con 96 passaggi, più di chiunque altro (di cui un filtrante e un passaggio chiave).

Mario Rui e Fabian Ruiz i jolly di Ancelotti

In fase di costruzione, i Reds mantengono cinque uomini a copertura della palla per amministrare le transizioni e schermare i tentativi di ribaltamento rapido dell'azione, e altri cinque ad occupare i semi-spazi e facilitare la distensione negli ultimi trenta metri con i terzini che sovrappongono per creare un 2 contro uno sulle corsie. Tuttavia, l'assetto del Napoli costringe i terzini del Liverpool a uscire e così aumenta la responsabilità dei centrocampisti dei Reds. La palla persa da Keita scatena l'intuizione di Callejon nello spazio di mezzo per Insigne e produce il primo pericolo di una partita iniziata a ritmo altissimo.

Con l'ingresso di Henderson, e il passaggio a una configurazione più prudente a centrocampo, Wijnaldum si sposta da mezzala, nella posizione in cui ha sfidato Di Maria nella prima giornata cercando di spezzare le combinazioni con Neymar, e il neo-capitano, più fisico, si sistema davanti alla difesa. Contro un Liverpool che rallenta, che fatica di più a far girar palla a difesa schierata, diventano ancor più determinanti l'energia, la presenza anche fisica di Allan (3 contrasti nel primo tempo, primato di squadra). Il Napoli contiene la flessibilità di un genio, Gerrard dixit, come Firmino che viene a giocare quasi da trequartista, ma Salah e Mané trovano il muro Koulibaly. Gli azzurri, più brillanti nelle letture preventive e nelle transizioni, fanno la partita. Precisi i movimenti di Milik, che viene incontro e garantisce la profondità, costante la spinta di Mario Rui dal lato di un incerto Alexander-Arnold: 12 i suoi passaggi nella trequarti offensiva, come Fabian Ruiz che ha bisogno di più tempo per trovare la giusta posizione (solo Firmino ne ha completati altrettanti fino all'intervallo).

Il Napoli fa la partita anche nella ripresa

Insigne apporta un taglio di luce da fuori per tentare di far cantare sotto la pioggia il San Paolo, che pure dimostra di non aver bisogno di motivazioni etero-dirette per scaldarsi a suon di cori. La partita scende un po' di ritmo, ma non muta ordito e trama. Il Napoli continua a disegnare un fraseggio consapevole, non forzato, una trama paziente che si fa brillante all'aumentare dell'intesa fra Fabian Ruiz, che praticamente agisce da ala e solo occasionalmente apre una linea di passaggio in posizione intermedia, e Mario Rui.

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Il trio più statico di centrocampisti inglesi rallentano gli automatismi difensivi. L'indecisione delle mezzeali Wijnaldum e Milner, sospesi tra l'alzarsi per ridurre i gradi di libertà di Hamsik o aspettare per occludergli le linee di passaggio, lasciano al Napoli possibilità di trovare spazio alle spalle del centrocampo. E fanno saltare anche le possibili combinazioni con i tre davanti, nonostante le corse generose di Mané a sinistra.

Ancelotti cambia, più gioco palla a terra

Proprio la possibilità di guadagnare vantaggio competitivo fra le linee alle spalle di Henderson costituisce la presumibile ratio del doppio cambio di Ancelotti per gli ultimi venti minuti. Entrano Verdi per Felipe Ruiz, fuori una mezzala e dentro un trequartista che in quella zona di campo può verticalizzare di più e aprire la difesa, e Mertens per Milik. Segno che Ancelotti vuole elevare il ritmo e intensificare il possesso palla a terra.

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Lampo di Insigne, vittoria di squadra

Gli effetti si vedono subito. Con Verdi più vicino a Mario Rui, il Liverpool deve ripiegare con più densità sul proprio lato destro difensivo, la linea difensiva si stringe e in un paio di occasioni in rapida successione sul cambio di gioco Callejon si scopre libero in area: sulla prima è in leggero fuorigioco, sulla seconda crea una grande occasione. Gli azzurri, che concedono solo un inserimento fin troppo facile su un filtrante scontato a Firmino, vanno a centimetri dalla vittoria: l'azione è sempre la solita, apertura per Mario Rui, cross teso, stavolta la spaccata di Mertens sulla traversa sembra un segno del destino. Ma basta cambiare lato, sviluppare l'azione da destra, e tracciare un passaggio rasoterra, per scoprire Insigne che ha seguito l'azione sul palo lungo. Non sarà la sua magia più spettacolare, è un gol facile da centravanti d'area, ma è il lampo che il Napoli cercava. Il colpo di un singolo per una vittoria di squadra.

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