È una Juve a fine ciclo e incompiuta, perché le colpe non sono solo di Allegri
La Juventus ha dei problemi. Ne ha molti, li ha da parecchio tempo, ma sono sempre stati nascosti sotto al tappeto della retorica tutta italiana del risultato ad ogni costo. Per chi ha il brutto vizio di seguire il calcio guardando le partite e non i risultati sul televideo, i limiti dei bianconeri appaiono evidenti: manovra di gioco ingessata e poco (o per nulla) organizzata, scarsa condizione fisica, momento di decadenza di alcuni giocatori, e tanti, tantissimi equivoci tattici. Il primo a finire sul banco degli imputati è – come sempre accade ed è giusto che sia – l'allenatore, Max Allegri.
Le colpe di Allegri sul (non) gioco della Juve
Che la Juve non offra prestazioni entusiasmanti è evidente. Che la colpa principale sia di chi allena la squadra ne è la logica deduzione. L'atteggiamento della squadra è sembrato timoroso, difensivista e speculativo: una strategia che in Italia può funzionare (non sempre), ma che in Europa paghi a caro prezzo. Oltre al modo di stare in campo, Allegri ha colpe anche sulla scarsa motivazione dei giocatori: una squadra che ha bisogno di andare sotto nel risultato, di trovarsi spalle al muro per tirare fuori gli artigli, è una squadra molle e non motivata, che ha smarrito la sua identità, se mai ne ha avuta una.
- Non si può però ridurre tutto a un "dagli all'untore" nei confronti di Allegri. Il tecnico livornese ha dovuto fare i conti con diversi limiti che non sono dipesi direttamente da lui.
La condizione fisica che non decolla e il record di infortuni
Il turnover di Ferrara non è bastato. Se la squadra è stanca, spompata, il problema non lo risolvi con una giornata di riposo. Gli uomini di Allegri sono sembrati incapaci di reggere i 90′, crollando clamorosamente sotto il piano fisico nel secondo tempo. Vanno però riconosciuti i meriti dell'Ajax, che ha scelto di far correre il pallone più delle gambe, costringendo i calciatori bianconeri a una gara di rincorsa e di giri a vuoto.
Oltre a una preparazione atletica scadente, la Juventus in questa stagione ha dovuto fare i conti con un'infermeria sempre piena. Ben 37 infortuni spalmati su tutta la rosa, per un totale impressionante di 144 gare saltate dagli uomini di Allegri. Semplice sfortuna, o c'è qualcosa che non va nella preparazione?
Da Pjanić a Mandzukic, troppi giocatori sul viale del tramonto
Se poi a tradirti sono quelli su cui avevi sempre fatto affidamento, il dramma è servito. Alcuni calciatori che in questi anni hanno brillato, contribuendo attivamente alla conquista di Scudetti e cammini europei comunque convincenti, sembrano ormai a fine ciclo. A centrocampo il nervosismo di Miralem Pjanić è sintomo di una sicurezza che non c'è più. Troppo spesso il bosniaco è venuto meno nei momenti che contavano, dimostrando che forse non ha nulla in più da dare alla Signora di quanto (tanto) abbia già dato finora. Come lui Khedira, che a prestazioni deludenti ha abbinato una striscia di infortuni da horror: 4 stop in stagione finora, per un totale di 22 gare saltate.
Stagione nettamente sotto le aspettative anche per altri due perni della squadra di questi anni: Alex Sandro, che sembra ormai un altro giocatore rispetto a quello appena arrivato dal Porto due stagioni fa, e Mario Mandžukić, pupillo di Allegri. Il croato è apparso spesso spaesato e impalpabile, peggiore in campo anche nelle migliori prestazioni di squadra. Probabilmente paga un uso eccessivo da parte del tecnico livornese, forse avrebbe meritato qualche turno di riposo per ricaricare le batterie.
Non è un centrocampo al Max (come Conte con Vidal, Pirlo e Pogba)
Oltre a parlare di chi c'è (e non ha inciso), sarebbe opportuno spendere una parola anche per chi non c'è (ma dovrebbe esserci). Il centrocampo della Juventus di quest'anno è stato senza dubbio il punto debole: mal assemblato, tecnicamente in calo, corto nei numeri. Dalla mediana Vidal-Pirlo-Pogba (con Marchisio jolly in panchina) a quella di quest'anno, il salto è enorme. Matuidi si inserisce e lascia a Pjanić (non proprio un mostro in quanto a fisicità) il compito di coprire, con Emre Can che cerca un equilibrio tra i due. E qui l'allenatore può incidere poco: sta alla società programmare un rinnovo della rosa, e l'acquisto di Aaron Ramsey dall'Arsenal sembra andare proprio in questo senso.
CR7, fenomeno che predica nel deserto (per ora)
Lo abbiamo visto arrabbiarsi, agitare le braccia per spronare i compagni e il pubblico, discutere con Allegri e disperarsi quando le cose non andavano bene. Cristiano Ronaldo è abituato a ritmi più alti, e soffre più dei compagni la poca brillantezza del gioco della Juve. Campione in grado di risolvere una partita da solo (per informazioni chiedere a Madrid, sponda Atletico), ma non può essere sempre trascinatore se i compagni non aiutano.
D'altronde, l'ha ammesso lui stesso: "Non faccio miracoli", ha confidato in uno sfogo con sua madre, la sera stessa dell'eliminazione. La dolcezza e la solitudine di un fenomeno che deve trovare la forza di rilanciarsi e caricarsi sulle spalle le sorti della Vecchia Signora. E no, non stiamo parlando di mamma Dolores.