65 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito
Fifa World Cup 2018, i Mondiali in Russia

Il Mondiale in Russia riscopre il regista: Modric, la stella che fa sognare la Croazia

Con Modric e Iniesta, la Croazia e la Spagna riscoprono il fascino del numero 10. Il Cavaliere Pallido si alterna con Izco nel 4-2-3-1 di Hierro, leggera evoluzione rispetto alla gestione Lopetegui. Nel Brasile, Coutinho ha esordito da mezzala. Inghilterra, Germania, Francia fanno a meno del fantasista.
65 CONDIVISIONI

Sei anni fa, prima dell'Europeo 2012, a Luka Modric arriva l'investitura che ogni croato delle ultime due generazioni cresciuto con un pallone fra i piedi sogna. “Modric è per la Croazia quel che è Pirlo è per l'Italia”. Parole e musica di Zvone Boban, il centro artistico della nazionale terza al Mondiale vent'anni fa. Il “dieci” di allora ha tracciato la linea evolutiva verso l'uomo partita che ha costretto Messi a confrontarsi con le ombre e un'intera nazione a chiedersi se non sia stato sbagliato tutto, se le colpe dei fallimenti della Pulga non vadano anche condivisi con chi ne ha fatto un salvatore ad ogni costo e ad ogni incontro. Nella sfida da scelta di campo fra il Modric madridista e il Messi icona del Barcellona non c'è stata storia.

Modric trequartista moderno

Da Bilic, il ct Zlatko Dalic ha ereditato una squadra con il meglio dello spirito di gruppo che ha fatto grande la Croazia di vent'anni fa, la nazionale di pallanuoto campione del mondo. Ha tratteggiato una geometria variabile, con e senza palla, che si articola intorno al ruolo atipico di Modric.

Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

È un nove e mezzo, più che un dieci, nella visione calcistica di Dalic. Contro l'Argentina gioca da trequartista nel 4-2-3-1 di partenza, con Ante Rebic da ala destra e Perisic a sinistra. Si muove fra le linee, apre spazi, vede il gioco prima. Il possesso croato negli ultimi trenta metri si fa più stabile, fluido, le linee e le opportunità di liberare il compagno aumentano con un riferimento fisico ma non statico come Mandzukic davanti.

Senza palla, poi, la Croazia si ridisegna secondo un 4-4-2 più classico. Modric resta alto, a volte anche più alto di Mandzukic quando l'Argentina salta la prima linea di pressing. I croati non aggrediscono il portatore di palla, ma costringono gli avversari a far uscire il pallone verso le fasce. Contro l'Argentina senza protezione sugli esterni, la superiorità numerica è un jolly, è l'inizio di una feroce lezione di calcio.

Lezione che parte dall'intelligenza di uno dei migliori centrocampisti d'Europa e del mondo di questa generazione. È un esempio di efficienza, Modric, che raramente spreca palloni e corse. Non si affanna in pressing senza una ragionevole sicurezza che possa essere utile alla causa del recupero del possesso. Ma contro nazionali che presentano un centrocampo a tre, con un creativo in posizione più avanzata, Modric rientra con più frequenza e la Croazia si assesta in un 4-1-4-1 senza palla per tornare in uscita nel suo modulo di partenza. Anche in questi casi, la distribuzione nel passaggio dalla difesa all'attacco, gravita intorno a lui. E a chi altri?

La presenza a tutto campo di Modric contro l'Argentina
La presenza a tutto campo di Modric contro l'Argentina

Spagna, Iniesta torna alle origini

Se il calcio moderno sembra aver un po' dimenticato il ruolo del terquartista, sedotto da versioni mutevoli del 4-3-3, Hierro tenta un'operazione affascinante. Rispetto a Lopetegui avanza Iniesta nel 4-2-3-1. Il Jinete Palido, evoluto in mezzala di possesso sotto Guardiola a Barcellona, torna nel suo ruolo iniziale. Contro il Portogallo, a dispetto della posizione annunciata di ala sinistra, un altro dei suoi primi ruoli in cui esaltava scatto nel breve e tagli fra le linee, gioca da trequartista. L'intesa con Izco, con cui si scambia continuamente la posizione, è perfetta: si scambiano la palla 27 volte contro il Portogallo.

Iniesta interpreta il ruolo diversamente da Modric, è chiaro che la Spagna ha anche un'organizzazione e uno stile di gioco diversi. Conquista spazio col fraseggio stretto, e Iniesta diventa il primo motore mobile della squadra. È l'anello di congiunzione che appoggia 17 volte verso Sergio Ramos nel 3-3 dell'esordio e 24 passaggi riceve dal centrale del Real a cui Hierro affida la circolazione bassa del pallone. Iniesta è nel cuore del gioco. È davvero il cuore del gioco.

Contro l'Iran tocca 83 palloni e completa 71 passaggi. Di fronte, la Roja ha una difesa che nel primo tempo riporta il tempo indietro agli anni del verrou e del catenaccio. Così, l'occupazione delle posizioni davanti si fa più libera. Izco è ovunque (i 98 passaggi riusciti su 109 ne danno una misura solo indicativa) Iniesta stavolta è più concentrato nello spazio di mezzo, nel corridoio di sinistra. È su quella fascia che riceve e direziona la maggior parte dei passaggi. Riduce leggermente rispetto all'esordio i passaggi chiave negli ultimi trenta metri, ma la sensazione rimane: che sia Izco o Iniesta, la Spagna riscopre il fascino del trequartista.

Immagine

Le big e la regia diffusa

Il trequartista, il regista avanzato, è un ruolo senza vera fisionomia, è il posto della fantasia e del pensiero anti-dogmatico.  Forse è per questo che nel calcio dalle istruzioni sempre più rigide e precise le nazionali sembrano disposte a farne a meno, o a mascherare il regista dentro altre posizioni. La filosofia che fu di Bearzot, quella scuola di pensiero per cui i campioni van fatti giocare insieme perché poi un modo di convivere lo trovano, sembra sempre più fuori moda.

La Germania un regista così lo avrebbe, e forse due, Kroos e Ozil, ma il primo nelle scriteriate tattiche dell'esordio ha finito per giocare come Busquets a Barcellona e il secondo a occupare senza apprezzabili risultati il corridoio di destra.

Immagine

L'Inghilterra parte con un 3-5-2 in cui lo spazio fra centrocampo e attacco è occupato da Alli o al massimo da Sterling, dieci formale ma non sostanziale, quando ripiega dalla sua posizione di seconda punta.

Immagine

Tite contro la Svizzera ha spalmato i suoi nel 4-3-3, e schierato il più vicino all'idea di trequartista anche in declinazione moderna, Coutinho, teoricamente da mezzala, ma con licenza e libertà di muoversi praticamente ovunque. Il passaggio al 4-2-3-1 per le prossime partite non è comunque opzione da scartare.

Nel Portogallo fa tutto Cristiano Ronaldo, e anche chi gli gioca alle spalle, Guedes, occupa una posizione più arretrata con e senza palla. Nella Francia vista contro il Peru, passata dal 4-3-3 dell'esordio al 4-2-3-1 di partenza, formalmente il ruolo è di Griezmann, che però diventa seconda punta molto più vicina a Giroud in quello che in sostanza è un 4-4-2.

Argentina senza "diez"

L'Argentina, che mai dal 1974 aveva chiuso senza vittorie le prime due partite in un Mondiale, al suo “diez”, Messi, chiede forse troppo. Lo avvolge di una luce e di un peso che Messi nemmeno vuole, e che insieme finisce per deresponsabilizzare il resto della squadra. E un campione senza squadra è un campione solo. Dal 6-1 contro la Cecoslovacchia del 1958 l'Argentina non subiva una sconfitta così pesante al Mondiale. Allora finivano le illusioni di grandezza cullata nell'isolamento dell'albiceleste, specchio dell'Argentina peronista, e iniziava una rivoluzione concettuale che ha abbandonato il calcio tutto dribbling stretti e ritmi suadenti, il calcio che fa del campo una verde milonga, per uno stile tutto garra in nome della vittoria.

Se il ct inglese campione del mondo nel '66 Alf Ramsey chiede ai suoi di non scambiare le maglie con gli argentini perché sono degli “animali”, se l'Estudiantes di Veron padre, per dirla con Federico Buffa e Carlo Pizzigoni, sfogliava il codice penale prima di ogni partita, le ragioni vanno ricercate in quel crepuscolo svedese degli idoli. Uno dei pochi in quell'Estudiantes che provi a giocare anche a calcio è Carlos Bilardo. Diventerà l'allenatore pragmatico e superstizioso che costruisce l'Argentina intorno al suo esatto opposto, all'istinto e alla furberia da sopravvivenza che diventano arte. Il dieci, dal giorno del gol del secolo e poi dal trionfo mondiale di poco successivo, sarà di nuovo e di più il numero del calcio. Un numero che inquadra un modo d essere e di stare in campo. E questi, il calcio di oggi, pare averli dimenticati.

65 CONDIVISIONI
793 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views