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Come giocherebbe la Roma con Paulo Fonseca: 4-2-3-1 e fraseggi (come Guardiola e Sarri)

Paulo Fonseca sembra il profilo giusto per il nuovo corso della Roma. E infatti nelle prossime ore il ds Petrachi dovrebbe poter strappare il sì del presidente dello Shakhtar Donetsk Rinat Akhmetov per riuscire ad avere il tecnico lusitano, al momento, ancora legato da un anno di contratto con gli arancioni d’Ucraina. E così, in attesa dei prossimi colpi di mercato, vediamo come nella prossima stagione potrebbero disporsi in campo (e giocare) i giallorossi col portoghese in panchina.
A cura di Salvatore Parente
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Salvo complicazioni o strani ostruzionismi da parte del presidente dello Shakhtar Donetsk Rinat Akhmetov, Paulo Fonseca dovrebbe essere l’allenatore della Roma del prossimo triennio. Un triennio fondamentale nella storia dei capitolini che, già dalla prossima annata, puntano a invertire la rotta e a costruire una formazione solida e competitiva. Per farlo, il direttore sportivo Petrachi (peraltro formalmente ancora sotto contratto col Torino) ha scelto proprio il tecnico lusitano che, col suo 4-2-3-1, il suo gioco e la sua cura dei dettagli, s’è fatto un nome: prima in patria col Pacos de Ferreira, col Braga e poi in Ucraina con lo Shakhtar Donetsk. Capace, con lui al timone, di conquistare tre double di fila, scudetto e coppa naziomale, oltre ad una Supercoppa nel 2017. E così, ad un passo dall’annuncio ufficiale, atteso nelle prossime ore, proviamo a immaginare come potrebbe giocare la Roma con Fonseca in panca.

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Fonseca nel segno della continuità: 4-2-3-1 per il tecnico lusitano

Prendere un tecnico straniero può spesso rappresentare una seria incognita specie in una piazza esigente e poco paziente come quella giallorossa. Fonseca, dunque, dovrà cercare di entrare subito all’interno della nuova realtà, e anche delle nuove difficoltà del campionato, per imprimere già in avvio un forte marchio/imprinting sulla prossima versione dei capitolini. Eppure, analizzando la sua carriera, la transizione fra le gestioni Di Francesco e Ranieri e quella con l’allenatore ex Pacos de Ferreira potrebbe essere meno traumatica di quanto ci si possa attendere. Il minimo comune denominatore fra questi tre manager, infatti, è il 4-2-3-1 che, lo scorso anno, nella disastrata stagione giallorossa s’è visto in ben 32 occasioni sulle 47 gare totali giocate. Un modulo che Fonseca ha scelto in 125 partite sulle 139 totali dalle parti della OSK Metalist Arena.

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In porta, ballottaggio, con questi uomini a disposizione e dunque senza l’effetto del mercato sul roster romano, fra Olsen e Mirante, difesa a quattro con Florenzi e Kolarov (anche se il serbo sembra in partenza) sulle corsie laterali e Fazio e Manolas, lui pure al centro di un vortice di trattative, in mezzo. A centrocampo, spazio nel tandem della mediana a Nzonzi e Cristante con, nel terzetto offensivo, Under a destra, Zaniolo o Pastore o ancora Pellegrini sulla trequarti in zona centrale e uno fra El Shaarawy, Perotti o il giovane Kluivert a sinistra. Davanti, come punta centrale, Dzeko (al passo d'addio) ma molto più probabilmente Schick o qualche puntero proveniente dal mercato (Icardi?).

Studioso di Guardiola e Sarri: bel gioco e gli occhi dall’alto

Stravagante, geniale, maniacale, esteta, in sostanza: (probabilmente) l’uomo giusto al momento giusto. Uno che, prima del risultato, pensa alla prestazione nella piena convinzione che chi gioca bene, e mantiene per maggior tempo – in pieno stile lusitano – la sfera, poi vince. O, almeno, riduce il rischio di uscire sconfitto dal terreno di gioco. Parole e musica di Paulo Fonseca bravo ad adattarsi anche al difficile contesto di uno Shakhtar costretto ad allenarsi a Kiev (e giocare a Charkiv) per la guerra del Donbass ma pure a calarsi nella nuova realtà seguendo sempre i suoi dettami. Ecumenici, universali e che dovrebbero venir buoni anche per la Capitale e per una Roma da ricostruire. Si parte dal gioco. Fonseca, che ha avuto il piacere di affrontarli, e poi di batterli, nel girone di Champions di ormai due anni fa (quello della maschera di zorro indossata in conferenza stampa dopo il passaggio del turno), è un estimatore di Sarri e un discepolo di Guardiola.

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In soldoni: ama il tiki-taka. E lo applica, senza soluzione di continuità e tema di smentita. Partendo, come da dettami, proprio dalla difesa con i suoi centrali, nel freddo dell’est Kocholava, Matviienko, Kryvtsov, Ordets e Bondarenko, primi palleggiatori dal basso. Aiutati, in fase di costruzione, dai mediani che, nello specifico, devono sapere fare tutto come il suo Fred, poi passato al Manchester United: inserirsi, coprire, schermare la difesa ma anche rilanciare l’azione con velocità di pensiero ed esecuzione. Premiando, le fasce, e poi, il trequartista, sempre tecnicissimo nella storia di Fonseca, vedi Josué (che ha giocato per lui con Pacos de Ferreira, Porto e Braga), Carlos Eduardo, Quintero, Hurtado, Dentinho, BernardoKovalenko, e le ali. In funzione della punta, agile, dinamica ma allo stesso tempo fisica e dall’ottimo fiuto del gol. Come Facundo Ferreryra (49 gol in 70 gare con lui in panca), Junior Moraes (26 reti in 39 sfide) o Jackson Martinez (21 segnature).

E poi, proprio come Sarri, l’aiuto nel lavoro di Fonseca viene dall’alto. Ma non dalla sua religiosità o dai droni, ma dal suo match analyst Tiago Leal che, in ogni singolo match, in tribuna, con software dedicati, è in costante contatto con gli assistenti di Fonseca per segnalargli dove e come poter migliorare i movimenti dei suoi. Insomma, fra la sua maniacale cura del dettaglio, l’amore per il football bailado, la passione per i trequartisti (Pastore potrebbe beneficiarne) e la capacità di saper gestire bene la rosa anche in contesti extra calcistici complicati, Fonseca sembra perfetto per la Roma.

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