C'è una frase ne "Il giovane Holden" di J.D. Salinger, capolavoro del 1951 che ha segnato intere generazioni di lettori, che spiega meglio di tanti articoli di giornali e servizi televisivi l'amore che i tifosi napoletani provano verso Kalidou Koulibaly, il top player del Napoli:
Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira.
La sensazione che Holden Caulfield prova leggendo un libro è esattamente la stessa che provano i tifosi del Napoli (e non solo quelli) quando vedono giocare il loro "Kou", motivo per cui potremmo "tradurre" la frase di Salinger in: "Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i calciatori che quando finisce la partita e tutto quel che segue vorresti che fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira".
In cinque stagioni fin qui Koulibaly ha ottenuto proprio quest'effetto sui tifosi partenopei. Basta farsi un giro per Napoli, frequentare una gradinata del San Paolo, per rendersi conto dell'affetto che la città prova verso il campione senegalese, che considerano una sorta di amico per la pelle. Sono tante le ragioni di questo legame. Ben più profondo e viscerale di quello che – non ce ne vogliano i protagonisti – ha legato l'ex capitano Marek Hamsik o l'attuale, Lorenzo Insigne, al popolo napoletano. Motivo per cui da più parti si sta alzando la voce che vorrebbe proprio Koulibaly prossimo capitano del Napoli, se e quando il buon Lorenzo da Frattamaggiore dovesse decidere di cambiare aria (cosa che non ci auguriamo) e se, come dicono i più informati, "Kou" dovesse rinnovare il contratto che lo blinderebbe al progetto futuro della SSC Napoli targato Carlo Ancelotti.
Dicevamo le ragioni di un legame profondo, a tratti indissolubile. Innanzitutto, la forza del calciatore. Veder giocare Koulibaly è un'esperienza che testimonia la sua supremazia, forza e tenacia di atleta. Esperienza che a Napoli mancava dai tempi di Edinson Cavani e, prima ancora, di tempi di Diego Armando Maradona. Il punto è proprio questo: Kalidou è forte, fortissimo. Così come è nero, nerissimo. E quindi, di questi tempi, come non poteva finire nel mirino della stupidità curvaiola, come è accaduto in occasione di Inter-Napoli, quando fu espulso per aver reagito agli insulti e ai cori razzisti che gli piovvero sul capo con un gesto di nervosismo, altrimenti insolito nella sua condotta. E infatti l'altro punto è questo e travalica il rettangolo di gioco: il nostro forte, fortissimo campione, ha come tutti le sue fragilità. Odia il razzismo, non sopporta le discriminazioni e quindi ha bisogno della sua gente per essere protetto, coccolato, difeso. Come tutte le storie d'amore importanti, come tutte le amicizie vere e profonde ("per la pelle" diceva Holden), il rapporto tra Napoli e Koulibaly è un rapporto bidirezionale: abbiamo l'uno bisogno dell'altro.