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Napoli, 300 milioni di plusvalenze in 5 anni: ma serve un nuovo modello di business

La cessione di Hamsik permette al club di iscrivere tutti i 20 milioni tra i ricavi da calciomercato. Dal 2007-08 sono cresciuti fatturato e plusvalenze, ma la vendita dei biglietti è ai livelli di 10 anni fa e gli introiti commerciali sono cresciuti solo del 60%. Ed è qui che si decidono le vittorie nel calcio moderno in Europa.
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Il Napoli ha una barca da scrivere e un treno da prendere. La partenza di Hamsik consente al club di iscrivere tutti i 20 milioni offerti dai cinesi del Dalian, tra le plusvalenze che così, insieme ai 59.7 milioni registrati nel mercato estivo, arrivano a sfiorare gli ottanta milioni. Una soglia che potrebbe crescere ancora per effetto dell'obbligo di riscatto sul prestito di Tonelli alla Sampdoria. Dal 2007-08, il totale dei ricavi da calciomercato raggiungono così i 370 milioni, di cui oltre 300 solo dal 2014.

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Quanto pesa l'Europa League

Le plusvalenze potrebbero bilanciare, almeno in parte, il danno economico che deriva al Napoli dalla mancata qualificazione agli ottavi in Champions League. Arrivare agli ottavi avrebbe di per sé garantito agli azzurri 9.5 milioni: per ottenere lo stesso premio in Europa League, servirà arrivare in finale. Finora, tra premio di partecipazione (14.5 milioni), premi partita (8.1 milioni), market pool, ranking storico e introiti da botteghino, le sei partite del girone di Champions hanno fruttato agli azzurri 45.5 milioni finora.

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La qualificazione ai sedicesimi vale 500 mila euro, il passaggio agli ottavi altri 1.1 milioni. La progressione aumenta più si avanza nel torneo: 1.5 milioni per l'accesso ai quarti, 2.4 milioni se si arriva in semifinale, altri 4.5 milioni di euro per la finale, altri quattro in caso di conquista del titolo. Vincere la sfida decisiva a Baku vorrebbe dire incassare quasi 18 milioni di euro, compreso il tesoretto di altri 3.5 per la partecipazione alla prossima Supercoppa Europea.

Il Napoli, che ha ottenuto anche 1,78 milioni di dollari come indennizzo dalla FIFA per la partecipazione dei suoi calciatori al Mondiale di Russia della scorsa estate (terza cifra più elevata in Italia dietro Juventus e Inter), al 30 giugno 2018 ha visto scendere il fatturato rispetto al 2017 da 335,9 a 240,8 milioni. Dai 69 milioni di utili del 2017, il club ha chiuso in perdita per cinque milioni. Così è calato anche il bilancio della FilmAuro i cui ricavi consolidati dipendono per l'87% dal Napoli, in lieve calo rispetto al 91% del 2017. La holding del presidente ha chiuso l'ultimo bilancio con ricavi per 22,5 milioni, anche se i proventi dell'attività cinematografica e teatrale risultano ridotti rispetto a un anno prima. Ma la società si è allargata al settore alimentare, con l'acquisto del 51% della GreenRoof, e ha acquisito il controllo del Bari.

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Il Napoli in un limbo

La classifica dell'ultima stagione, e la situazione del campionato attuale, rispecchia il limbo in cui si trova il Napoli anche dal punto di vista finanziario. Una situazione che, Juve a parte, vive tutto il calcio italiano, debole come appeal commerciale e troppo dipendente da tv e plusvalenze, nel confronto con le big d'Europa. Le prime dieci squadre nella Money League dell'agenzia Deloitte hanno incrementato il fatturato aggregato, tra 2017 e 2018, di quasi il 6%, i club dall'undicesima alla ventesima posizione solo dello 0,06%.

Football Money League: lo schema dei ricavi delle 20 squadre più ricche d'Europa
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Nei dieci anni tra il 2007-08 e il 2017-18, il Napoli è passato da un fatturato di 87,2 milioni, plusvalenze escluse, a uno di 182,8 milioni. In questo periodo sono triplicati i proventi da diritti tv (da 43,1 a 118,7 milioni), mentre sono meno che raddoppiati i ricavi commerciali (da 18,5 a 30,6 milioni). Pesa, però, l'immobilità nei ricavi da stadio che sono cresciuti solo da 14,9 a 19,0 milioni.

L'ultimo report calcio della FIGC, pubblicato a maggio del 2018, sottolinea come i ricavi da plusvalenze in Italia incidono per il 7% in più rispetto al 2016. E fa notare come, nei cinque principali campionati europei, tra 2011 e 2016 il fair play finanziario ha fatto crescere complessivamente i ricavi del 40% e il costo degli ingaggi del 34%. Si è pero ridotto il rapporto tra costo del lavoro e ricavi al 62%.

Benchmark internazionale: come cambiano costi e ricavi nelle 5 leghe principali d'Europa (Fonte: Report Calcio)
Benchmark internazionale: come cambiano costi e ricavi nelle 5 leghe principali d'Europa (Fonte: Report Calcio)

Un'evoluzione a cui non è estraneo il Napoli, che ha chiuso otto bilanci in positivo con un utile complessivo di 114 milioni ma tra costi e ammortamenti nella stagione 2017-18 ha speso 156,6 milioni, tre volte di più dei 52,5 milioni del 2007-08. Ma cosa manca al Napoli per vincere?

Qualche risposta arriva dal rapporto “European Champions Report 2019” di KPMG, che analizza i conti delle squadre che hanno vinto l'ultimo campionato in otto delle principali nazioni europee: Francia (Paris Saint-Germain), Germania (Bayern Monaco), Inghilterra (Manchester City), Italia (Juventus), Olanda (PSV Eindhoven), Portogallo (Porto), Spagna (Barcellona), Turchia (Galatasaray). Sei di queste otto squadre hanno ricavi in crescita rispetto all'anno precedente. L'aumento complessivo degli introiti, si legge nel rapporto:

può essere in gran parte attribuito all'aumento dei ricavi commerciali, che sono cresciuti per tutti gli otto club e per sei di questi rappresentano la principale fonte di ricavi con le uniche eccezioni della Juventus e del Porto, che però fanno segnare gli aumenti più cospicui in questa categoria rispetto al 2017.

Partnership commerciali, sponsorizzazioni, appeal internazionale: è su questi campi che si gioca il successo di un club nel calcio europeo di oggi. Il Napoli, ancora troppo legato al turnover nella rosa come modello di business, rischia di rimanere indietro e perdere il treno per la gloria.

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