Messi, rigore da “capra”. L’Islanda blocca l’Argentina (e CR7 gode)
I tre gol all'Ecuador han salvato l'Argentina da una figuraccia mondiale nelle qualificazioni. A Messi, Sampaoli e tutta l'Argentina chiedevano la risposta alla cinquantunesima tripletta nella storia del Mondiale, firmata Cristiano Ronaldo. Ma il duello a distanza ha già un chiaro vincitore, e non è la Pulga. Si fa piccolo, troppo piccolo Messi, che rivive i fantasmi della Copa America, della lettera di addio alla nazionale, sfogo troppo umano di un eroe che ha fallito sempre, e non sempre meglio, in albiceleste. Tira come mai si dovrebbe dagli undici metri che mettono l'uomo e il campione di fronte ai pensieri pesanti e ai desideri rinchiusi in fondo al cuore, debole e a mezza altezza. Le mani di Halldorsson sono quelle di un'intera nazione. Sull'1-1, si incollano le mani saldissime di Haldorsson, portiere dell'Islanda che resiste senza concessioni all'estetica moderna della difesa. Ma intanto firma il secondo risultato positivo per una nazionale europea all'esordio assoluto in un Mondiale dal 1998.
Sampaoli costruisce l'Argentina intorno a Messi
Sampaoli propone Salvio, ala al Benfica e all'Atletico in un passato non troppo lontano, da terzino. Il tentativo è chiaro, aiutare la coppia di pivote Mascherano-Biglia e aumentare le soluzioni nell'elaborato fraseggio offensivo. Messi, a dodici anni esatti dal suo esordio e dal suo primo gol in un Mondiale, è il lucifero, il portatore di luce diabolico solo per gli avversari. Gli altri possono spostarsi, allargarsi e cercare di non fargli ombra. Le prime due occasioni scattano su due sue punizioni. Sulla prima Otamendi tocca ma senza troppo volerlo, sulla seconda salta Tagliafico che alla vigilia sintetizzava da profeta facile la chiave della partita. "L'Islanda poggia molto su palle lunghe e calci piazzati" ha detto al sito FIFA, "per noi è importante tener palla, muoverla da un lato all'altro per trovare spazi fra le linee, sfruttare le fasce e Leo".
Che dare palla a Messi, non particolarmente generoso in copertura, lo sanno benissimo anche gli islandesi, che raddoppiano e a volte triplicano. E' la generazione d'oro dell'Islanda, quella nata fra il 1988 e il 1990. Sette dei giocatori che portarono la nazionale al primo Europeo under 21, nel 2011, hanno avuto un ruolo decisivo nel percorso di qualificazione qui a Euro 2016. Otto di quella rosa sono anche nei 23 in Russia, e non è un caso.
La sblocca Aguero
L'Islanda prende coraggio. Finnbogason, nonostante un angolo stretto di tiro, squlla da fuori. Caballero, sul rinvio, si confonde e Rojo fa il resto: Bjarnason si ferma a pochi centimetri da un incredibile vantaggio. Così, la sfida più "vecchia" nella storia del Mondiale (età media combinata di 30 anni e 213 giorni, 117 più del precedente record. Germania-Belgio del 1994) la sblocca la sblocca chi non ti aspetteresti, il Kun Aguero. Non segnava un gol decisivo dal 2011 in partite ufficiali, riceve spalle alla porta e si gira con un'eleganza da tanghero in una verde milonga, in quella verde frontiera fra il giocare e l'amare, e interrompe il più lungo digiuno dell'albiceleste in Coppa del Mondo: l'Argentina non segnava da 340 minuti. Aguero è il primo argentino con la maglia numero 19 a segnare in un Mondiale dal 2006, e allora quello era il numero di un debuttante di lusso, Leo Messi.
Finnbogason: un gol per la storia
Ma questo è il giorno delle prime volte. Il giorno che ripropone il problema portiere per Sampaoli, che inizia a rimpiangere l'infortunato Romero. L'uscita su cross da destra è più che rivedibile, Magnusson la appoggia dietro, Caballero respinge ma non allontana, Salvio dimostra di essere un'ala naturale e Finnbogason ha solo il tocco più facile per il primo gol nella storia dell'Islanda in un Mondiale. Una nazione che ha conosciuto le eruzioni dei vulcani, che conosce il buio e sessanta parole per definire la neve non sembra aver paura dell'Argentina.
Ma dopo il gol si mettono ad aspettare con quanto di più simile al verrou di Rappan, precursore di quel che chiamiamo catenaccio, salvo sbucar fuori d'improvviso all'ultimo minuto di un primo tempo dallo sviluppo prevedibile ma dall'esito inatteso: l'azione Finnbogason-Gylfi Sigurdsson è un taglio di luce, il suo destro piazzato consente il riscatto di Cavallero.
Entra Banega, l'Argentina non sfonda
Si chiudono negli ultimi 30 metri, i debuttanti che al gran ballo lascian ballare gli altri purché lontani dalla porta. Finnbogason e Sigurdsson appoggiano la fase difensiva ma non possono più costituire anche il primo riferimento per il ribaltamento dell'azione. Si difendono e aspettano che l'ondata passi, che l'intervallo arrivi presto. L'Argentina si estenua, e non troppo si diverte. Sposta il fronte del gioco a destra, sull'asse Maza-Salvio che scatta e crossa basso dal fondo al minuto 40. Sigurdsson tocca con una mano, poggiata a terra in scivolata. Per Martcinak, che aveva già "perdonato" un minuto prima un suo intervento in area su Biglia, non è rigore. L'Argentina protesta, la scelta però non è così discutibile e comunque confortata dal silent check al VAR.
L'albiceleste non cambia. Passaggi corti, continui, una danza suadente ma sterile. Mascherano tocca 85 palloni in un'ora, poco meno della metà di quelli visti da tutta l'Islanda nello stesso periodo. Ma la velocità, il cambio di passo, quello ancora non c'è, e la prima sostituzione, Banega per Biglia, non sposta di troppo i termini della questione. Ragnar Sigurdsson, fondamentale nelle chiusure, si frappone proprio sul tiro dalla distanza del Tanguito.
Messi, come in Copa America: un incubo lungo 11 metri
L'Islanda resta qualche minuto in dieci, quando si fa male Gudmundsson, primo giocatore del Burnley in una fase finale dei Mondiali dal 1982, quando il nordirlandese Billy Hamilton segnò una doppietta all'Austria: era in campo anche nel 4-1 della Francia al Vicente Calderon. Nell'attesa del cambio con Gislason, matura la grande occasione e la più amara delusione. Magnusson travolge Meza e Messi, come in finale di Copa America, sbaglia il rigore.
Si perde Messi, che tenta invano di replicare il gol a giro alla Bosnia di quattro anni fa ma i centimetri dal palo, per quanto pochi, son comunque troppi per la redenzione dell'idolo caduto. Il record di sei gol da capitano di Maradona si allontana ancora un po'. Annega Di Maria in un ciclo sempre più elaborato di dribbling ricamati ma effimeri. Sampaoli lo toglie per Pavon, mentre Hallgrimsson ridisegna l'Islanda secondo un 4-5-1 che non ha più niente di propositivo, nemmeno la spinta del terzino sinistro Hordur Magnusson. Entra anche Skulason per uno stanchissimo Gunnarsson. L'ultima, strepitosa, parata di Haldorsson fa precipitare anche Maradona in una nuvola di dubbi e fumo di sigaro.