Mertens, 5 cose da sapere sul ‘vero 9’ che sta infiammando la Serie A
Centosessantanove centimetri di talento, classe ed eleganza. La stessa statura, forse non solo fisica, di Lionel Messi col quale condivide pure l'anno di nascita con 48 giorni di differenza fra i due e la tendenza a mettere a segno gol da urlo. Certo, il belga non ha lo stesso palmares né la stessa reputazione dell'argentino, ma da quando ha cambiato posizione in campo la sua carriera, come la storia del Napoli, sembra aver preso una direzione ben precisa: quella che porta all'Olimpo del calcio.
E allora, dalla famiglia di Mertens, ai difficili inizi in patria fino all'approdo a Napoli, ecco 5 cose da sapere su Dries, per tutti "Ciro", lo scugnizzo che sta facendo impazzire il San Paolo.
Gli inizi e la sua famiglia, la storia dei Mertens
Dries nasce in una famiglia, senza giri di parole, di numeri uno. Nei rispettivi campi, infatti, mamma, papà e fratello sono ai vertici. E sì perché babbo Herman ha vinto da atleta cinque titoli di campione di Belgio per la ginnastica a corpo libero; mamma Marijke è docente universitaria di pedagogia ed il fratello Jeroen lavora nella TV belga come autore e conduttore. Insomma, i Mertens hanno un certo feeling con la vita. Eppure, Dries prima di affermarsi nel calcio incontra mille difficoltà. Del resto il pallone, proiezione della vita, si regge ancora su mille pregiudizi: il ragazzino è troppo basso, proprio come Messi. Il giovane belga però non ne vuole sapere di ripercorrere le tappe sportive di papà né le orme accademiche di mamma, lui vuole diventare un calciatore. E nella cittadina di Lovanio dove cresce, gioca per strada, nei campetti improvvisati e nei boschi fangosi, dove rafforza le sue fibre muscolari, del capoluogo delle Fiandre per sorprendere tutti e spedire al mittente i soliti cliché.
L'arrivo in Olanda e l'approdo in Italia
La strada però è in salita. Inizia sì nelle giovanili dell'Anderlecht (1998-2003), fucina di grandissimi talenti, specie in principio di millennio, ma non trova molto spazio e continuità di rendimento. Così, si trasferisce nella "cantera" del Gent (2003-2005) ma anche qui Dries non esplode. L'occasione giusta è quella del prestito, Mertens viene girato a titolo temporaneo nella terza serie belga nell'Endraacht Alst dove realizza 4 reti in 14 gare e ottiene il suo primo riconoscimento: miglior talento della Deerde klasse (la Serie C belga). Il premio però, non basta e l'anno successivo, quello del 2006/07, arriva solo la Serie B olandese nell'AGOOV di Apeldoorn. La stessa compagine nel quale è esploso Huntelaar (26 gol in 35 match), al quale è stata dedicata poi anche una tribuna dello stadio di casa, e poi Chadli.
Trenta reti in 108 partite complessive gli garantiscono, dopo il premio di miglior talento della Eerste Divisie, l'approdo in Eredivisie. Ma non nel NEC Nimega dove lo scout Henk Grim lo definisce "nano da giardino" ma per 600mila euro nell'Utrecht di Vorm (ora allo Swansea) e van Wolfswinkel (ora al Basilea). Qui, incanta tutti ed in due stagioni, oltre ad ottenere nel 2010 la seconda posizione nel premio di calciatore dell'anno in Olanda (alle spalle di Luis Suarez) e l'esordio in nazionale contro la Finlandia, sigla 17 reti in 69 sfide totali con i biancorossi. Il grande salto è ormai ad un passo, la scalata, almeno in Olanda sta per completarsi. E così, il "folletto", quello bassino, risale la china e firma nell'estate del 2011 per i blasonati campioni del PSV. Il sogno è ormai compiuto.
Eppure, come solo i grandi sanno fare, Dries non si accontenta, non si adagia sugli allori ma anzi ci tiene a dimostrare che gli 8.5 milioni spesi per lui sono giusti, se non poca cosa rispetto al suo potenziale. La prima stagione è da record: 27 reti. La seconda una conferma: 16. Il momento di lasciare l'Olanda è giunto, il Napoli di Benitez lo attende e non se lo lascia scappare, un assegno da 9.5 milioni di euro e l'affare va in porto. Mertens approda all'ombra del Vesuvio col marchio di esterno offensivo forte, abile nel dribbling e capace di dare una svolta, partendo dalla panchina, alle partite. Le etichette però non gli piacciono e dopo le prime 3 stagioni trascorse ad entrare a gara in corso e dare una scossa ai suoi, arriva la scoperta che non ti aspetti: in quei 169 cm si nasconde un bomber feroce, implacabile.
Da punta la svolta: in attacco medie da bomber vero
Anno domini 2016, il Napoli, dopo l'addio di Higuain acquista, sempre dall'Olanda, mercato sicuro, Arkadiusz Milik. Al polacco ci si affida per costruire un nuovo assetto offensivo e per far dimenticare quel "Pipita" divenuto ‘Core ngrato'. Eppure, la sfortuna, come avvenuto pure quest'anno, si abbatte sul Napoli, il ginocchio della punta fa crack, Gabbiadini sembra in crisi di identità e gli azzurri si trovano, d'un tratto, senza un alfiere davanti. Sarri medita, Giuntoli valuta il mercato degli svincolati. La soluzione al rebus sembra difficile, anzi, impossibile. E invece, arriva, come una celestiale illuminazione, l'intuizione vincente. Eureka: Mertens prima punta. Dal 19 ottobre contro il Besiktas, infatti, lo scugnizzo del gol cambia ruolo e, da prima punta, inizia a segnare caterve di reti. Da quel momento, non solo il Napoli, ma anche l'intero continente scopre il talento nascosto di quel piccoletto che duella con i titani della difesa e li fa ammattire come Ulisse con Polifemo.
Da lì in poi arrivano 40 reti in 47 gare da attaccante centrale con perle di rara bellezza, una media di 0.84 gol a partita ed uno score di 2.32 punti a partita con lui in attacco. Insomma un'arma letale, un calciatore come pochi, un talento che, arrivato da lontano, si accomoda nel Pantheon dei più forti in compagnia dei Cavani, dei Lewandowski, dei Falcao e, per tornare alle origini, dei Messi.
Prima nemici poi teneri amanti, Dries prima di Napoli
L'azzurro, quel colore che veste con tanto amore e che è diventato quasi una seconda pelle, Dries lo aveva già visto. E sì perché in tempi quasi remoti, quando il Napoli iniziava a farsi notare in Europa, due volte con l'Utrecht (0-0 e 3-3) ed in una occasione col Psv, col quale mise a segno anche la rete del momentaneo 2-0 alla Philips Arena, il belga ha incrociato i guantoni col Napoli.
Tre gare nobilitate da un gol e 3 assist vincenti e che non lo hanno mai visto perdente col suo prossimo futuro. Un incontro dal sapore della sliding door con i partenopei che si innamorano del ragazzo e lo portano, per la gioia dei tifosi azzurri, nel tempio del San Paolo. Come per dire, non lo battiamo mai, meglio averlo dalla nostra parte.
Un legame straordinario, Dries nuovo "Masaniello"
Accolto in città con la solita allegria ed il solito affetto made in Naples, Dries ha saputo ripagare la proverbiale cordialità dei napoletani. Gol a raffica, prestazioni da incorniciare ma anche una voglia ed un senso di appartenenza che lo fanno diventare un idolo, un leader, un emblema del calcio partenopeo. Il suo, infatti, è sempre l'atteggiamento di chi vuole lottare fino all'ultimo secondo, di chi sa, per indole e storia pregressa, un po' come il popolo che rappresenta, che sarà costretto a dimostrare il doppio degli altri per ottenere ciò che vuole. E così, l'unione è perfetta, inscindibile, Dries diventa "Ciro", anzi, il "Masaniello" chiamato a restituire col vate Sarri uno scudetto che ormai manca dal lontano 1990.
Valore di mercato ma così in alto: la maturità arriva a 30 anni
Dai 350mila euro di AGOOV ai 28 milioni di euro, a 30 anni suonati, di tempo ne è passato. Una carriera sempre in salita, sempre a lottare contro gli stereotipi ma che lo ha reso sempre più forte, sempre più voglioso e affamato. Una grinta ed una determinazione unica che lo hanno condotto nell'élite del calcio internazionale con riconoscimenti importanti anche dal punto di vista economico. Mai, infatti, il suo cartellino ha avuto tanto valore. Mai, ancora, aveva avuto tanta attenzione su di sé. Un'ascesa a suon di gol, da "falso nueve" con un obiettivo ben preciso: vincere col Napoli e, magari chissà, pure il mondiale da protagonista in Russia col suo Belgio. Del resto, ad inizio carriera, nessuno aveva creduto in lui, e quindi la lezione è la seguente: i sogni sono sempre possibili.
I numeri del belga e la M connection
Fa gol alla Messi, che a sua volta segna come Maradona. Abita a Posillipo ad un tiro di schioppo dove D10S alloggiò nella sua avventura campana e gioca in quel Napoli che, ora, sembra poter ripercorrere le gesta di quel “Ciuccio” che negli anni '80 le diede di santa ragione agli squadroni del nord.
È bassino, ma non sul rettangolo verde, come i due argentini e condivide con loro la passione per i gol d'autore e quella M iniziale del cognome che ispira e che fa immaginare, nella terra di San Gennaro, il miracolo.
Un miracolo, che scioglie il sangue nelle vene, come cantava Lucio Dalla, e che si chiama scudetto, quello della nuova era, quello della M-connection.
Per quanto riguarda i numeri in carriera, col Napoli Mertens ha siglato 79 gol (39 solo nell’ultimo anno) in 201 gare con 52 assist vincenti complessivi.
In Nazionale, invece, il fatturato è di minore rilevanza con 13 segnature in 63 partite ed anche un gol nell’ultimo mondiale, quello brasiliano, nel 2014. In totale, lo score recita: 187 marcature in 515 sfide globali. Numeri impressionanti per chi, solo da un anno, veste i panni della punta, dell’attaccante centrale. E quindi chapeau "nano da giardino", ormai sei diventato grande, anzi, immenso.