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Apocalisse Italia, Azzurri fuori dal Mondiale 2018

Italia riparti da te stessa: se non impariamo la lezione il futuro non sarà mai nostro

Un campionato in cui il 60% di giocatori arriva dall’estero; una Federazione che non investe nulla sui vivai; una scuola di pensiero per cui sei pronto solo a 30 anni. Queste sono le radici dell’eliminazione Mondiale. Ieri sera non siamo stati sconfitti dalla Svezia, ma dalla nostra storia.
A cura di Alessio Pediglieri
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L'umiliazione di non essere ai prossimi mondiali, 60 anni dopo Svezia '58, deve servire a qualcosa. E' inevitabile, altrimenti la scoppola rimediata tra Solna e Milano sarà semplicemente ricordata come una mera Caporetto di passaggio, durata l'arco dell'indignazione collettiva di una settimana e nulla più. La mancanza di gioco, di idee, di schemi, l'assenza di certezze ed equilibri, nonché l'assoluta inesistenza di proporre un filo logico ad una squadra che scende in campo (dalla Spagna ad oggi solo 3 gol segnati in 7 incontri) devono trovare una responsabilità.

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Che non è (solamente) del triste Ventura, ct dalle colpe evidenti, e nemmeno dei protagonisti scesi in campo o per la forza (!) degli avversari incontrati. Il problema è alla radice e, visto che la mela non cade mai lontano dall'albero, la discussione d'obbligo deve rivolgersi alle istituzioni, politiche e calcistiche, che hanno spolpato l'Italia (sia come Nazionale che come Nazione), limitandone le risorse autoctone, non investendo mai sul proprio futuro ma appoggiandosi su semplici espedienti.

L'Italia agli italiani

L'Italia agli italiani è uno slogan che piace poco, sa di politica ed è facilmente strumentale per scopi biechi e personali. Ma il concetto è giusto, sacrosanto, davanti ai 70 mila accorsi a San Siro per sostenere gli Azzurri nell'ultimo atto insieme ai milioni di spettatori davanti alla tv si doveva fare di più. L'Italia del calcio deve tornare agli italiani perché non è possibile credere (o solo il pensare di farlo) che senza dar spazio, fiducia e investimenti alle risorse interne si possa costruire qualcosa di concreto nel nostro futuro.

Le radici della disfatta

2006, 2010, 2014: storia di un declino

L'addio al Mondiale in Russia ha radici ben profonde. Non nasce dalla sconfitta di Madrid a settembre, semmai, in quell'occasione il tronco incomincia a marcire, ma la linfa non arrivava già da tempo. Dopo l'estemporaneo trionfo del 2006, l’Italia è uscita nella fase a gironi sia in Sudafrica (2010) che in Brasile (2014). Avrebbe dovuto significare qualcosa, avrebbe.

La nostra storia ci condanna

L'Italia, lentamente ma in modo inesorabile è sprofondata nel ranking FIFA e stavolta non si è neppure qualificata ad un Mondiale e – a conti fatti – forse è tristemente meglio così. E' la nostra storia che ci condanna, non la Svezia. modesta realtà di un calcio scandinavo che non ha certo brillato per classe e qualità.

Tre generazioni, un'unica verità

La Nazionale di Ventura si radicava su tre generazioni che hanno creato il cortocircuito: quella dei logori luogotenenti di Berlino, la generazione successiva priva di reale qualità e un manipolo di giovani dalle prospettive rosee ma che necessitano di occasioni reali per crescere e maturare. E se per i primi due casi poco o nulla si può fare è proprio sulle leve future che si sarebbe dovuto lavorare. Perché di qualità ce n'è, tra Insigne, Verratti, Gagliardini, Florenzi, El Sharaawy, Donnarumma. E guardando all'Uder21 ce ne sarà (Scuffet, Cragno, Locatelli, Chiesa, Cutrone). Tutto sta nel pretendere di coltivarli con costanza e determinazione.

Il futuro è altrove

Spagna: 10% investito sulla ‘cantera'

Un campionato in cui le società di calcio si rivolgono per il 56% a giocatori stranieri di certo concede poco, troppo poco. Altrove nei vivai si investono parametri certi. Prendiamo in considerazione la Spagna, una realtà che tra club e Nazionale è al vertice del calcio internazionale da anni: per obblighi federalile società devono investire il 10% delle loro risorse nei vivai e nelle ‘cantere'.

Germania, campione del Mondo a 20 anni

O prendiamo ad esempio la Germania Mondiale: hanno avuto il coraggio e la lungimiranza di far scendere in campo giovani di 20/22 anni, responsabilizzandoli senza fretta e oggi si ritrovano con una Nazionale dall'enorme esperienza, vincente e soprattutto giovane.

Inghilterra: Under17 e Under20 vincenti

E sta arrivando anche l'ondata inglese, quel calcio che manca sul panorama europeo da troppi anni. In Inghilterra il tunnel è finito. Lo dicono i risultati di Coppa delle squadre di club, lo dicono soprattutto i risultati delle Selezioni giovanili: campioni del Mondo Under 17, campioni del Mondo Under20. Il futuro è loro, non nostro.

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