Icardi-Inter, è guerra di nervi: ma non sarà un po’ troppo?
Non giochi più, te ne vai? Più chiara di così, l'Inter non avrebbe potuto essere. Ma la pressione su Mauro Icardi per convincerlo a lasciare Milano sta portando all'effetto opposto. Il bomber infatti insiste: sono qui e ci resto. Le due linee della fermezza, divise da un gelo che ostacola e forse cancella ogni ipotesi di convergenze parallele, non aiutano. Anzi, bloccano per ora il mercato nerazzurro.
Icardi rilancia: troppo tardi per cambiare città
Secondo la Gazzetta dello Sport, la guerra di logoramento tra la società e il suo ex capitano sarebbe entrata in un nuovo capitolo. Nel braccio di ferro, in questo duello a chi resiste di più, il bomber argentino, che comunque l'anno scorso ha segnato 17 gol prima che la situazione precipitasse con la decisione unilaterale di togliergli la fascia, avrebbe deciso di non prendere in considerazione a questo punto nessuna offerta.
Niente Roma, di cui comunque ha apprezzato l'interessamento, anche perché non avrebbe il palcoscenico della Champions League. Niente Napoli, almeno così pare, meno aperture anche verso la Juventus. Ormai è una questione personale, al massimo familiare. Non vorrebbe stravolgere la vita con un trasloco in un'altra città in tempi molto brevi, e c'è chi ipotizza, anche interpretando i messaggi sempre un po' obliqui della coppia via social, una nuova gravidanza della moglie Wanda Nara che potrebbe condizionare le scelte dell'argentino. Che finisca per accettare la proposta di Galliani e andare al Monza?
Mercato bloccato
Il risultato di questo stallo è un mercato al momento bloccato. Perché la cessione di Icardi avrebbe dovuto garantire gli introiti per coprire l'offerta al Manchester United per Lukaku, che peraltro negli ultimi cinque anni ha segnato meno di Icardi ma anche di Gonzalo Higuain e di Edin Dzeko. Anche il passaggio all'Inter del bosniaco fino a pochi giorni fa sembrava cosa fatta. Ma adesso c'è un finale tutto da riscrivere. L'attesa logora, Dzeko scalpita, la Roma frena: senza un sostituto non lo libera. E l'aggancio dei giallorossi a Higuain non è ancora compiuto. Il bosniaco, cui era stato garantita la soluzione dell'affare entro la fine di giugno, aspetta e ancora spera. Sua moglie continua a lanciare messaggi d'amore alla Roma, Dzeko cerca di stringere perché il passaggio a Milano si concluda presto. Conte, che ha definitivamente bocciato Perisic come esterno sinistro, ne sarebbe evidentemente contento.
Le linee della fermezza
Dunque, la fermezza per certi versi radicale dell'Inter non solo non facilita il raggiungimento di un punto di incontro ma finisce per esasperare, per allontanare le parti. La società in questi giorni si è spinta allo scontro totale. Anche se dovesse rimanere, questo il messaggio, Icardi non giocherà nemmeno un minuto nella prossima stagione.
La società tira la corda, ma così rischia di spezzarla. Se non l'ha già spezzata. Certo, è anche vero che vista l'esposizione degli ultimi mesi, almeno da febbraio, tornare indietro sulla vicenda diventerebbe una sconfitta per Marotta e la presidenza nerazzurra. Icardi è diventato il simbolo da sacrificare per segnare l'inizio di un nuovo corso, meno protettivo verso chiunque, indipendentemente dal suo peso nella rosa, non metta il bene della squadra davanti alle esigenze individuali. A livello simbolico e manageriale, una scelta forte che a questo punto quasi inevitabilmente comporta un indurimento della linea di fronte alla polarizzazione delle reciproche posizioni.
Se dovesse venire escluso dalle liste per il campionato e la Champions, Wanda Nara ha dichiarato di essere pronta a far causa al club per mobbing. Non sarebbe il primo procedimento nel calcio italiano di questo tipo, anche se la maggior parte delle condotte finite sotto accusa avevano obiettivi opposti, ovvero punire giocatori che si erano dimostrati fin troppo interessati al trasferimento a un'altra squadra o che non avevano voluto accettare le condizioni del rinnovo contrattuale.
I precedenti
Proprio da una situazione simile, da un trasferimento bloccato e da un'esclusione dalla rosa, è nato il procedimento che ha cambiato per sempre il calciomercato. Dopo la sentenza Bosman, infatti, niente sarebbe più stato come prima.
Più di recente, in Italia si ricordano i casi di Rodrigo Taddei, che, nel 2004 è stato messo fuori rosa e mai convocato durante la stagione al Siena per problemi di rinnovo contrattuale, di Pandev e Ledesma alla Lazio nel 2009, del portiere Marchetti al Cagliari nel 2010. Più raro, però, trovare precedenti di pressioni o peggio finalizzate a convincere un giocatore a lasciare la squadra. Il caso più eclatante di questo tipo si è verificato nel 2003 a danno di Diego Zanin, allora calciatore del Montichiari. Dopo la retrocessione dalla C1 alla C2, Zanin ha rifiutato di rinnovare il contratto che prevedeva condizioni peggiori e un ingaggio ridotto rispetto a quanto pattuito pochi mesi prima.
Dopo il rifiuto, ha raccontato di essere stato emarginato dagli allenamenti, escluso dagli spogliatoi, minacciato e addirittura fisicamente aggredito. La Commissione Disciplinare della Lega Professionisti Serie C nel 2004 ha condannato a una multa la società e il team manager della squadra. Secondo la giurisprudenza, infatti, impedire a un calciatore di prendere parte agli allenamenti o al ritiro pre-campionato potrebbe costituire una forma di mobbing se reiterata per un periodo lungo e senza giustificazione tecnica.
Che disgrazia le questioni di stile
La società, infatti, è tenuta a rispettare quanto previsto dall’articolo 2094 del Codice civile e dalla della legge n. 91 del 1981 (sul professionismo sportivo), e dunque a a mettere a disposizione di ogni atleta le attrezzature idonee alla preparazione, in un ambiente adeguato alla sua dignità professionale. Più complessa la valutazione su decisione come l'esclusione dalla rosa o dalla lista per le coppe europee, sempre presentata come legittima scelta tecnica.
Nel caso di Icardi sembrerebbe chiaro l'obiettivo di isolare il calciatore per convincerlo ad andarsene. Ma, come ha scritto per “Il Posticipo” Francesco Paolo Traisci, titolare della cattedra di di diritto dello sport all'Università del Molise, “la giurisprudenza ha spesso chiesto di più come ad esempio forme di aggressione fisica da parte di dirigenti ma anche di compagni di squadra o di tifosi, sempre che siano riconducibili alla società”.
In ogni caso, al di là degli eventuali strascichi legali, l'Inter rischia di perdere uno dei centravanti più prolifici in Serie A negli ultimi anni per una questione di stile, per un'affermazione di principio. Su questo, Marotta e la società si giocano il futuro del club. Ma il rischio di aver già tirato troppo la corda rimane forte.