Cos’è Doyen, il Fondo di investimento che controlla i calciatori del mondo
Doyen Sports sbarca in Italia. Il fondo di investimenti con sede a Malta, divisione sportiva della holding Doyen Group che ha interessi anche nel settore delle commodities, della finanza e dell’edilizia, ha raggiunto un accordo con il broker indonesiano Bee Taechaubol. “Una volta conclusa l’acquisizione delle quote da parte di Bee Taechaubol – scrive il CEO Nelio Lucas – Doyen Sports fornirà la sua conoscenza approfondita del mondo del calcio e del mercato per dare una mano nella costruzione di una squadra vincente”.
TPO o TPI? – Il gruppo agisce come un fondo di private equity, per questo secondo Lucas le operazioni della Doyen Sports non rientrano nell’ambito delle TPO, le third party ownerships bloccate dalla FIFA. “Il nostro modello operativo” spiega, “è noto come Third Party Investments (TPI). Forniamo prestiti ai club perché possano competere con le squadre più ricche del mondo”. Il fondo, infatti, non detiene la proprietà né totale né parziale del cartellino dei giocatori che rappresenta, ma finanzia la società perché possa acquistare un calciatore in cambio di una percentuale sul suo trasferimento futuro.
Le stelline Doyen – Già coinvolta in Italia nel passaggio di Felipe Anderson alla Lazio, Doyen Sports gestisce i diritti di immagine di Neymar, Alvaro Morata e Alvaro Negredo, e ha opzioni su una serie di giovani promesse del calcio, soprattutto brasiliano e portoghese, i Paesi in cui è più attivo, insieme alla Spagna. Diversi gioiellini militano ora nel Santos, che ha debiti per oltre 30 milioni di euro, come il centrocampista difensivo Daniel Guedes da Silva (classe 1994), Gabriel Barbosa Almeida, “Gabigol”, mancino che deve ancora compiere 20 anni di cui già si raccontano meraviglie, e l’ala sinistra Geuvanio Santos Silva (1992). In Portogallo, la “scuderia” Doyen conta soprattutto l’esterno sinistro del Benfica Ola John e il trequartista algerino Yacine Brahimi che il Porto ha blindato con una clausola rescissoria da 45 milioni. L’estate scorsa, poi, il gruppo ha firmato un accordo con il Twente, dove il gruppo ha pescato il 21enne Kyle Ebecilio, un nuovo De Jong tra i protagonisti dell’ultima Eredivisie, e l’ex Inter Luc Castaignos (10 gol in 27 presenze quest’anno). La prima, possibile, operazione targata Doyen è però sfumata per il Milan. Nell’orbita del gruppo, infatti, c’è anche l’allenatore Unai Emery, considerato molto vicino alla panchina rossonera, poi anche a quella del Napoli, ma bloccato dal presidente del Siviglia con cui ha vinto le ultime due edizioni dell’Europa League.
Inizia tutto in Spagna – Doyen Sports Investments, si legge sul loro sito, “ha scelto la Spagna come mercato di ingresso per la visibilità e la qualità del calcio spagnolo”. Ma c’è anche un terzo, e più determinante, fattore. Le prime operazioni del gruppo nella Liga risalgono al 2011, inizio di una stagione in cui il calcio spagnolo accumulerà oltre 800 milioni di debiti con il fisco. Si tratta di operazioni minori, piccole sponsorizzazioni sul retro delle maglie o sui pantaloncini di Sporting Gijon, Getafe e Atletico Madrid, accordi da 100, 150 mila euro. I colchoneros, che ancora nel 2014 risulta la squadra più indebitata di Spagna con le casse dello stato, diventano la principale testa di ponte per la conquista dell’Europa. È il contesto perfetto per il fondo, una società con grandi ambizioni e risorse insufficienti per sostenerle, anche per l’iniquo sistema di commercializzazione dei diritti televisivi.
L’Atletico Madrid e Falcao – Nell’estate 2011 l’Atletico, in rosso per oltre mezzo miliardo, completa per 40 milioni l’acquisto di Radamel Falcao dal Porto, che genera notevoli plusvalenze legate alle TPO grazie alle cessioni di Moutinho e Jorge Mendes, gestiti dalla Gestifute di Jorge Mendes, il procuratore di Mourinho e , al Monaco. Falcao segna i due gol decisivi in finale di Europa League, l’Atletico conquista anche la Supercoppa Europea e, dopo il blocco temporaneo per il fair play finanziario, può mettere a bilancio 23 milioni di premi Uefa. Il trasferimento, si scoprirà, è frutto dell’intervento della Doyen Sports. In base alle clausole dell’accordo, l’Atletico deve versare al Porto solo 18 milioni su 40, in due rate identiche (9 milioni l’una). Ma nell’estate 2012 ha pagato solo 6,5 milioni e i portoghesi vorrebbero fare ricorso alla FIFA per chiedere quanto dovuto.
Il presidente dei colchoneros si difende: sta aspettando, dice, soldi dal Benfica per un altro trasferimento. E ad aprile 2012 annuncia un nuovo contratto di sponsorizzazione con i Rixos Hotels, una catena di alberghi di lusso presente prevalentemente in Turchia, partner commerciale anche del Chelsea, di proprietà di Fettah Tamince, imprenditore molto legato al presidente Erdogan, e soprattutto indicato da un articolo di Bloomberg del 2013 come uno dei due finanziatori del fondo Doyen Sports. All’epoca Tamince è anche proprietario dello Stars Media Group che ad aprile 2013 viene ceduta per metà alla SOCAR, la compagnia petrolifera statale dell’Azebaijan. Sarà un caso, ma tre mesi prima il Ministro del Turismo dell’Azerbaijan ha iniziato la sponsorizzazione, tuttora attiva, con l’Atletico Madrid. E in quella stessa estate, Falcao passa per 60 milioni al Monaco del magnate russo Rybolovyev.
Il caso Rojo arriva al TAS – “Il calcio non è più un business per tutti” ha spiegato Lucas. “Squadre storiche, che hanno vinto la Coppa Campioni come l’Ajax, il PSV Eindhoven o il Benfica, restano indietro. I campionati meno prestigiosi restano strangolati, non c’è giustizia, non c’è una competizione paritaria”. Colpa, secondo Lucas, delle troppe risorse generate dalla vendita dei diritti tv in Premier League. “Così” dice, “si rischia che il campionato inglese diventi come l’NBA e gli altri non valgano più nulla”. Tuttavia, questo non gli ha impedito di fare affari anche in Inghilterra, che dopo i lati oscuri del trasferimento al West Ham di Tevez, il cui cartellino era gestito allora dall’indiano Kia Joorabchian, proprietario del Corinthians ed ex patron della scuderia Jordan, ha bannato le TPO.
Il caso più controverso riguarda il trasferimento di Marcos Rojo dallo Sporting Lisbona al Manchester United per 20 milioni più il prestito di Nani per una stagione. L’argentino, costato 5,4 milioni, è arrivato allo Sporting dallo Spartak Mosca che, in base alle clausole del contratto, ha diritto al 25% della plusvalenza generata dalla sua futura cessione. Il 75% dei diritti economici sui suoi trasferimenti spetta alla Doyen Sports, che ha diritto anche a un milione per ogni stagione passata dall’argentino in biancoverde. Nell’estate post-Mondiale 2014, il nuovo presidente dello Sporting, De Carvalho, fissa a 20 milioni il prezzo del trasferimento, così gliene possono rientrare 5. Rifiuta l’offerta del Southampton, 15 milioni, e inizialmente anche i 16 milioni di sterline messi sul piatto dal Manchester United. Ma Rojo protesta e rifiuta di allenarsi. De Carvalho è costretto a venderlo ma non paga il fondo Doyen perché, sostiene, le clausole del contratto violano il regolamento FIFA che impedisce a terzi di influenzare i trasferimenti delle squadre. Sulla vicenda si attende nelle prossime settimane il giudizio del TAS di Losanna.
Quale futuro? – Non sono mancate le polemiche nemmeno per il passaggio di Mangala (che coinvolge anche un altro degli agenti più potenti del pianeta calcio soprattutto degli anni ’90, Lucien D’Onofrio) dal Porto al Manchester City: dei 40 milioni versati dai Citizens, infatti, 18 vanno al fondo Doyen. Con buona pace del fair play finanziario, che ha in Lucas uno dei principali oppositori. “Dizionario alla mano, Fair in inglese vuole dire giusto. Allora, è giusto far vincere sempre le stesse squadre? Prendiamo tre esempi di squadre che hanno firmato contratti con Doyen. Il Siviglia ha vinto due Europa League. L’Atletico Madrid pure, ed è andato vicinissimo a conquistare la Champions. Il Benfica ha giocato due finali di Europa League ed è arrivato ai quarti di Champions”. Tre indizi che fanno una prova. L’epoca dell’autonomia politica e finanziaria delle società di calcio è finita.