Dove può arrivare Zaniolo: guarda a De Rossi e sogna Kakà (e l’Inter non può riprenderlo)
Nasce trequartista, si evolve da mezzala. Nicolò Zaniolo, rivelazione della Roma di quest'anno, è l'interprete più energico che tecnico di un ruolo in costante evoluzione. Con le spalle larghe, il fisico strutturato e il carattere di chi sa quanto vale ma fa parlare il campo, Zaniolo ha iniziato a fare la differenza non solo con i pari età. Stefano Vecchi, l'ex allenatore dell’Inter Primavera con cui ha vinto scudetto, Supercoppa e Torneo di Viareggio, che l'ha impostato nel ruolo attuale, al Romanista l'ha ritratto come “una mezzala moderna. Un giocatore alla Lampard, alla Gerrard. Da trequartista può sfuttare la sua grande fisicità e la sua bravura negli inserimenti offensivi, un po’ come faceva proprio Nainggolan”. Ma ancora gli manca la visione per essere centrale in termini di passaggi chiave che si richiede in quella posizione. Può inserirsi molto meglio in un 4-3-3 in cui convivere, da interno, con Pellegrini, Cristante o Pastore davanti a De Rossi.
Figlio d'arte, cresciuto di 25 centimetri in 2 anni
Nicolò, ha raccontato al Romanista il padre Igor, che ha un passato anche di successo in Serie B, ha guadagnato venticinque centimetri negli ultimi due anni e sta ancora crescendo. Ha gambe robuste ma, sottolinea, “deve solo mettere un po' di muscoli sul busto, per tenere botta". Nato a Massa, cresciuto a La Spezia, sette anni nelle giovanili della Fiorentina prima di essere allontanato dai viola nel 2016, negli Allievi giocava con il numero 10. Diventato leader della Primavera dell'Entella, che gli concede sette presenze in Serie B, si sente un giocatore più fisico che tecnico, ha ammesso in un'intervista a Emanuele Atturo per l'Ultimo Uomo. “Nel calcio di oggi essere strutturati fisicamente è fondamentale. In Champions League non ci sono squadre con giocatori piccoli, e i giocatori piccoli che ci sono sono dei fenomeni. La fisicità è la cosa principale” spiega, sottolineando l'importanza di garantire un contributo continuo nelle due fasi.
Una stagione da centrocampista eclettico
Zaniolo ha giocato da mezzala sinistra nel 4-3-3 al Bernabeu, nel giorno dell'esordio a testa altissima in cui si è preso anche il gusto di puntare e saltare Bale, ha occupato più la zona centrale nei 23′ contro il Frosinone. Ha agito da mezzo destro nei 16′ in cui è rimasto in campo contro il Viktoria Plzen, da trequartista atipico nel 4-2-3-1 contro la Fiorentina, al debutto da titolare contro la squadra che l'aveva scaricato dopo sette anni nelle giovanili, e perfino da terzino negli ultimi 12′ contro la Sampdoria.
Il suo raggio d'azione è più arretrato a Udine, più avanzato e dedicato all'occupazione degli spazi di mezzo all'Olimpico contro Real Madrid e Inter. Il marchio di un centrocampista effettivamente completo, che offre il più rilevante apporto negli inserimenti con la palla. Ma non sempre ha il passo, la rapidità di pensiero, l'intuizione per essere decisivo negli ultimi venti metri, come servirebbe per giocare da trequartista, anche nell'interpretazione più dinamica ed esplosiva, meno raffinata e cerebrale, che spesso il ruolo richiede nel calcio moderno: quella, per restare ai recenti esempi della storia della Roma, che Spalletti ha cucito addosso a Nainggolan per reinventarlo nella sua nuova posizione.
I numeri in campionato
Al suo esordio da titolare, ha scritto Giancarlo Dotto sul Corriere dello Sport, si è imposto con “personalità, corsa, inserimenti, tecnica. (Decisivo) è l’atteggiamento, quello che hai nella testa. Fin qui Eusebio si è dannato da turafalle di un mercato che fa acqua da tutte le parti. Da Firenze in poi può immaginare di fare finalmente il mestiere che gli piace. Costruire una realtà”.
Nelle cinque presenze in campionato, Zaniolo ha dato consistenza a questa realtà con 38 minuti di presenza in campo a partita, la media di un contrasto e di 1,4 dribbling, di 3.4 contrasti vinti e appena più di una palla persa a partita. Ha distribuito 67 passaggi, l'87% di quelli tentati. Gli appoggi, come rivelano i dati Opta che arricchiscono il suo profilo sul sito ufficiale della Roma, risultano all'indietro solo nel 16,42% dei casi e in avanti nel 20,9% delle occasioni.
Zaniolo accompagna le sue prestazioni in campionato finora con 0,47 passaggi chiave, quelli che mandano un compagno di squadra al tiro, e con nove tiri: sette di sinistro e due di destro, tre dall'interno dell'area e nove da fuori. Non ha certo timore di andare all'uno contro uno, che tenta 15,7 volte ogni novanta minuti. In un'occasione ogni due, finisce per saltare l'avversario.
Più adatto al 4-3-3 che al 4-2-3-1
In campo, Zaniolo ha dimostrato di non aver paura di sbagliare, nemmeno all'esordio al Bernabeu. Bravo a proteggere il pallone, è meno a suo agio nella fase di copertura, soprattutto quando si tratta di difendere all'indietro. Il suo punto di riferimento, ha spiegato nella prima intervista a Sky, “è De Rossi, mi dà sempre i consigli giusti”. Il suo idolo, però, rimane Kakà. “Era un giocatore fantastico, sarebbe il mio sogno essere come lui” ha aggiunto.
Consapevole della strada da percorrere, della necessità di migliorare col piede debole, il destro, e di pensare meno prima di giocare il pallone, è destinato a occupare uno spazio a metà fra il raggio d'azione attuale di De Rossi, schermo davanti alla difesa, e l'area di influenza negli ultimi venti metri del suo idolo nei migliori anni al Milan. Ad essere, dunque, quella mezzala di corsa capace di accompagnare la manovra, saltare l'uomo e creare superiorità numerica negli spazi di mezzo, oltre a offrire una linea di passaggio al regista basso nell'uscita del pallone dalla difesa. Le prossime partite potrebbero, dovrebbero chiarire anche il futuro tattico della Roma di quest'anno, finora sospesa fra il 4-3-3 e il 4-2-3-1.
E' ipotizzabile che Zaniolo, per indole e caratteristiche, preferisca che Di Francesco torni al suo schema di riferimento. Più difficilmente potrà mantenere un posto stabile in un 4-2-3-1: non si esalterebbe da trequartista e sarebbe troppo sacrificato se schierato fra i due mediani, accentuando le spaccature di una squadra che vede di frequente la difesa abbassarsi in copertura scoprendo troppo campo alle spalle dei centrocampisti. Con il rientro di De Rossi e Pellegrini, il 4-3-3 lo metterebbe certamente più avanti nelle gerarchie, anche se finirebbe per penalizzare l'investimento su Pastore. In questo dilemma tattico si muove il futuro suo e della Roma. L'Inter? Ha conservato solo un diritto sulla futura rivendita, nessuna recompra.