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Destini Mondiali: Triste, solitario y Zidane

Dalla gloria al pentimento passando per la vergogna: Zizou è uno dei simboli della storia del calcio francese e la sua parabola con i Bleus è stata davvero imprevedibile passando da uomo della provvidenza al ragazzino che si fa provocare come accade nei campetti di periferia. Triste, solitario y Zidane.
A cura di Vito Lamorte
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Ci sono storie mondiali che sembrano costruite a tavolino da sceneggiatori su uno yatch mentre altre, vedi Maradona, sono figlie della burrasca. Quella di Zinedine Zidane appartiene sicuramente alla prima tipologia. Figlio della Francia ma originario dell’Algeria, Zizou è uno dei simboli della storia del calcio francese e la sua parabola con i Bleus è stata davvero imprevedibile: trionfo al primo colpo e chiusura a dir poco traumatica. Ma andiamo per gradi. Il 1998 è l’anno dei Mondiali in Francia e la rappresentativa di Aime Jacquet è chiamata fin da subito all’impresa ma il suo calciatore piange talentuoso sembra non essere disposto a dargli una mano: il numero 10 si fece espellere per un fallo di reazione contro l’Arabia Saudita e tornò soltanto per i quarti di finale contro la Francia. Zizou capì la lezione e risultò decisivo nella finale di Saint-Denis contro il Brasile di Ronaldo segnando due reti e scrivendo a caratteri cubitali il suo nome su quella coppa.

Il viaggio di Zizou con la nazionale non fu semplicissimo dopo la vittoria dell’Europeo del 2000 perché il bruttissimo Mondiale del 2002, seguito dal torneo continentale giocato in Portogallo nel 2004, il 10 disse basta con la Francia ma questa tregua durò all’incirca 12 mesi: da agosto 2004 a quello 2005. La selezione transalpina ha una rosa molto forte ai nastri di partenza del Mondiale del 2006 ma nessuno la prende troppo sul serio: a quel punto fu Zidane a prendersi la scena. Il trequartista si mise la squadra sulle spalle e giocò come mai aveva fatto con la maglia della nazionale: chiunque ricordi una partita di quelle giocate in Germania da Zizou dirà la stessa cosa. Passava tutto dai suoi piedi, la Francia aveva un vero e proprio cervello che, però, a differenza di altri calciatori, ammaliava gli avversari e i compagni con giocate e movimenti da vero Saperas.

La finale sembra gestirla lui: cucchiaio a Buffon, palla sempre gestita sapientemente e il colpo di testa pericolosissimo nei supplementari ma negli ultimi minuti succede ciò che nessuno si aspettava. Una storia talmente vista e rivista che sembra inutile raccontarla ancora ma la testata a Materazzi e la conseguente espulsione furono gli ultimi atti da calciatore di Zizou. L’Italia vinse il Mondiale ai calci di rigore ma il giorno successivo, il 10 luglio 2006, Zidane venne premiato come miglior giocatore del torneo. Anche se Pirlo aveva preso un voto in più rispetto al francese, probabilmente è giusto così per ciò che il numero 10 nato a Marsiglia ci aveva mostrato in quelle 6 partite in Germania: un patrimonio del calcio mondiale. Dalla gloria al pentimento passando per la vergogna: Zidane si scusò pubblicamente per il suo atto violento e in 12 anni di manifestazioni con la Francia è riuscito ad essere l’uomo della provvidenza e il ragazzino che si fa provocare come nei campetti di periferia. Triste, solitario y Zidane.

[…] negli ultimi istanti della finale, Zidane, che stava giocando il suo addio al calcio, ha aggredito un avversario che lo aveva ripetutamente provocato con quel genere di insulti che gli esaltati sono soliti strillare dalle tribune degli stadi. L’insultatore si è ritrovato disteso a terra mentre Zidane, l’insultato, ha ricevuto dall’arbitro il cartellino rosso e dal pubblico, che era lì per tributargli un’ovazine, una bordata di fischi, ed è uscito di scena per sempre. Eppure resta il suo Mondiale. Zidane è apparso il miglior giocatore in campo, nonostante quell’ultimo gesto di follia, o di giustizia, secondo i punti di vista. Grazie alle sue splendide azioni, grazie alla malinconica eleganza, possiamo ancora credere che il calcio non sia irrimediabilmente condannato alla mediocrità […]
(Splendori e miserie del gioco del calcio, Eduardo Galeano)

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