Champions League 2012, la favola dell’APOEL Nicosia
A Mosfiloti, Philippos Stavrou ha raccolto 10 mila fotografie e 700 poster per creare la Casa di Platini. Metà museo e metà ristorante, l'iniziativa dell'eccentrico cipriota si illumina di una luce diversa dal 2009 quando Le Roi, da presidente dell'Uefa, cambia il format dei turni preliminari per consentire a più squadre di campionati minori di entrare sul palcoscenico più ambito. Così, nel 2009 l'APOEL Nicosia si qualifica per la fase a gironi. Riesce a pareggiare in casa del Chelsea e dell'Atletico Madrid, ma chiude ultima nel suo gruppo. Con i soldi garantiti dall'Uefa, però, il tecnico Jovanovic rinforza la squadra. Tre anni dopo, sarà tutta un'altra storia.
Jovanovic, il grande condottiero – Ivan Jovanovic è molto più di un allenatore all'APOEL. Il presidente Fivos Erotokritou, infatti, non ha mai nascosto di capire pochissimo di calcio e delle sue sfumature tattiche, perciò lascia al tecnico il pieno controllo delle scelte di mercato. Preferisce dedicarsi all'innovazione fuori dal campo: ha aperto uno shop online del club, con richieste che arrivano perfino dal Ghana e dal Canada. Ex giocatore del Rad Belgrado, strappa un accordo con i genitori da ragazzo: se mantiene il massimo dei voti a scuola, può continuare col calcio. Nel 1988 viene squalificato per la rissa scoppiata alla fine del match di Intertoto in Germania Est, sul campo del Carl Zeiss Jena. Jovanovic non c'è nemmeno, è stato sostituito a dieci minuti dalla fine, ma in quanto capitano della squadra l'Uefa lo considera comunque responsabile e lo sospende per due anni dalle coppe europee. La squalifica fa saltare il suo trasferimento al Metz, e Jovanovic si ritrova in Grecia, all'Iraklis, che in quegli anni partecipa tre volte alla Coppa Uefa. Jovanovic non può giocare nelle prime due occasioni, ma alla terza, nel 1996-97, sì. L'Iraklis perderà al secondo turno di qualificazione. Contro chi? Contro l'APOEL, naturalmente. Ne diventa allenatore per la prima volta nel 2003 e vince il titolo alla prima stagione. Alla seconda, i tifosi gli si rivoltano contro e il 5 marzo viene esonerato dopo la prima sconfitta del campionato. Tornerà nel gennaio 2008 e trasforma l'APOEL nella seconda squadra di Cipro a raggiungere la fase a gironi di Champions League. “Non sentiamo la pressione” dice, “sentiamo la motivazione. Abbiamo un grande cuore e giocatori che lavorano duro con un forte desiderio di ottenere qualcosa di importante”.
La squadra – L'Athletikos Podosferikos Omilos Ellinon Lefkosias nasce nel 1926 come espressione della comunità greca di Cipro. Non a caso, sceglie come colori sociali il blu, che simboleggia la Grecia, e il giallo bizantino (anche se la principale tifoseria organizzata, il PAN.SY.FI. ha adottato l'arancione come colore simbolo dal 1992. Ha simpatie di destra, e nel 1948 la dirigenza contravviene allo statuto e spedisce un telegramma alla Hellenic Amateur Athletic Association (SEGAS), in occasione dell'annuale Panhellenic Track and Field Competition, con un evidente contenuto politico di appoggio alla destra greca. Una parte degli associati si oppone, lascia il club e fonda l'Omonia. Vanta 16 presenze in Coppa Uefa/Europa League, 10 in Coppa delle Coppe e 14 tra Coppa dei Campioni e Champions League. Tante le sconfitte, clamoroso il 16-1 subito dallo Sporting Lisbona nella Coppa delle Coppe 1963. Ma la gioia per la favola del 2012 riscatta tutto.
La fase a gironi – Come ogni favola, inizia con un ostacolo da superare. L'APOEL perde 1-0 l'andata del playoff a Cracovia, contro il Wisla. Ma al ritorno ribalta il risultato e vince 3-1 con doppietta di Ailton, uno dei sei brasiliani in squadra. “Quella vittoria ha dimostrato che siamo una squadra di giocatori con personalità forti, disciplinati e con grande fiducia” commenta il capitano Charalambides, entrato all'APOEL quando aveva otto anni, record-man di presenze in Europa per la sua squadra del cuore (80 partite giocate). È un'altra rimonta a dare il tono di quel che sarà. Dallo 0-1, l'APOEL completa uno storico 2-1 sullo Zenit di San Pietroburgo con i gol, ancora tutti brasiliani, di Manduca e Ailton: è la prima vittoria di sempre dei ciprioti nella fase a gironi di Champions. I pareggi in trasferta contro Porto e Shakhtar (con gol decisivo a Donetsk del centrocampista macedone Ivan Trickovski, fondamentale negli schemi offensivi di Jovanovic) proiettano l'APOEL in testa alla vigilia della sfida interna contro i Dragões. Ailton apre le marcature su rigore, e sempre dal dischetto Hulk pareggia all'89'. Il sogno sembra destinato a infrangersi, ma Charalambides ha idee diverse. Il suo cross di prima, all'ultimo minuto, trova Gustavo pronto a sfruttare la grande occasione. “E' stato il mio gol più importante” ha spiegato, “perché ci ha fatto capire che avremmo potuto raggiungere addirittura gli ottavi”. Un obiettivo centrato col più dolce dei pareggi per 0-0, al GSP Stadium contro lo Zenit. “Penso che l'APOEL si sia conquistato il rispetto dei grandi club” commenta Manduca. “A questo punto, tutto può succedere”.
Gli ottavi – La sfida di andata degli ottavi avrebbe fatto cambiare idea e convinzioni a molte squadre. L'Olympique Lione tira 15 volte in porta in 90′, ma segna solo con Lacazette al 58′. "Nel primo tempo ho avuto una buona occasione e ho cercato di piazzare il tiro” commenta. “Il gol è arrivato al mio secondo o terzo tentativo. Ho scelto di tirare di potenza: per fortuna la palla è stata deviata e ha scavalcato il portiere”. I francesi, che hanno sempre subito reti in 10 delle ultime 11 partite giocate, lasciano ai ciprioti una sola conclusione, all'88', ma Lloris sfodera un grande intervento sul tentativo di Manduca. È proprio il brasiliano, al ritorno, a cancellare lo svantaggio dopo soli 9 minuti. Charalambides va via sulla destra, elude l'intervento di due difensori e crossa basso sul secondo palo: Manduca è pronto e il pubblico, che dietro la porta dell'OM espone lo striscione “Provate il terrore di Nicosia”, fa festa. Sempre a secco nelle precedenti gare contro avversari francesi, l'APOEL si carica. Manduca prima crossa per Solari, che non arriva, poi tira su Lloris, servito dall'assist di Sousa, che nella ripresa perfora due volte la difesa francese ma i suoi cross non trovano compagni. Nel finale, Chiotis si distende in tuffo sul colpo di testa di Lisandro e all'88' Aílton calcia troppo debolmente su Lloris invece di servire lo smarcato Nuno Morais. Si va ai supplementari. Le punizioni di Kallstrom diventano l'arma migliore del Lione ma l'APOEL, nonostante il doppio giallo a Manduca, resiste fino ai calci di rigore. L'allenatore dei portieri, Goran Gumic, ha studiato ogni penalty battuto dal Lione nei tre anni precedenti. Chiotis ha assorbito tutto: solo Kallstrom, al primo rigore, lo spiazza. Il portiere ipnotizza Lacazette e Bastos e spinge l'APOEL ai bordi dell'infinito, alla sfida contro il Real Madrid. Non ci può essere partita: il meno pagato nella rosa merengue guadagna di più del più “ricco” fra i ciprioti, e tutta la rosa dell'APOEL non vale il cartellino di Cristiano Ronaldo.
La lezione – Ma la lezione, l'esempio rimane. “Abbiamo dimostrato a tutti che siamo una squadra capace di attaccare e difendere con la stessa compattezza” spiega Jovanovic prima dei quarti. “In tutte le nostre partite, esclusa l'ultima del girone, abbiamo corso 6 km in più dei nostri avversari”. L'APOEL ha squadernato un'anima, uno spirito che rinforza il soprannome della squadra, Thrylos, leggenda. Ha dimostrato, commenta l'allora presidente della federazione cipriota Costas Koutsokoumnis, “che il successo può arrivare anche con un budget limitato. Non sempre, le vittorie dipendono da quanti soldi hai da spendere”.