A che punto è il Napoli di Carlo Ancelotti al netto di un mercato senza sussulti
L'ultima amichevole utile per sperimentare nuove alchimie tattiche per Carletto Ancelotti si è chiusa come peggio non poteva con un 3-1 che ha riaperto, alcuni giorni dopo Dublino, vecchie e quasi sopite preoccupazioni: ma alla luce di questo risultato, a che punto è questo Napoli? A giudicare dalla pre-season azzurra la risposta è presto data: i campani, al momento, si trovano in mezzo al guado fra dettami troppo ben interiorizzati, e quindi difficili da dimenticare, quelli sarriani, e nuovi concetti, non certo facili da apprendere, di non immediata applicazione, quali quelli di Carletto. Una situazione, con un mercato non proprio esaltante, che genera qualche incertezza e anche un po’ di caos sul rettangolo verde e che giustifica più di un dubbio sul prossimo futuro del Napoli. Dubbi che, in pochi giorni, quelli che separano il club dalla prima in campionato con la Lazio, l'esperto Ancelotti dovrà diradare per evitare di partire col piede sbagliato in questa sua nuova avventura italiana.
Novità in campo, si intravede la mano di Ancelotti
In queste sei amichevoli, da quella inaugurale col Gozzano all’ultima in Germania col Wolfsburg, il Napoli, malgrado un vestito sempre uguale, vale a dire il 4-3-3 di sarriana memoria, ha fatto intravedere i nuovi diktat tattici di Ancelotti intenzionato a variare il tema tattico per rendere più imprevedibile il collettivo del patron De Laurentiis. A centrocampo, prima novità assoluta, quella di Hamsik regista con lo slovacco, più di Jorginho negli ultimi due anni, chiamato a smistare palla molto più sul lungo rispetto al fraseggio corto, esasperante e funzionale al gioco dell’italo-brasiliano. Il capitano dei partenopei, ma anche Diawara, difatti, da iniettori principali delle trame d’attacco del Napoli si pongono come primo riferimento in costruzione dei propri difensori per poi allargare il campo e provare, subito, senza soluzione di continuità, il cambio di gioco.
Già il cambio di gioco. Un’arma a disposizione non solo del playmaker titolare ma anche degli esterni offensivi, Callejon o Verdi, Insigne o Mertens. Le ali, soprattutto quando sono più larghe del previsto, a piede invertito entrano dentro al campo per poi operare, col piede forte, numerosi traversoni per spiazzare la densità venutasi a creare nelle loro zone di campo e garantire ampio respiro alla manovra. Un manovra che, poi, si sviluppa molto più in verticale rispetto al recente passato con passaggi filtranti improvvisi ma anche con i laterali offensivi molto più vicini alla punta centrale, Milik o Inglese, e quindi ancor più nel vivo del gioco, nel vivo dell’azione rinverdendo, anni dopo, quello schema ad albero di Natale, 4-3-2-1, che rese grande proprio il Milan di Carletto.
Gli uomini migliori: Allan imprescindibile, Milik e Verdi già pronti, Mertens una garanzia
I friendly match, le gare amichevoli come le chiamano oltremanica, sono decisive, specie per un nuovo tecnico, per comprendere su chi poter contare, a chi concedere il lascia passare per una nuova avventura e a chi dedicare, invece, maggiore attenzione per recuperare profili in netta difficoltà. E anche Carletto non è sfuggito a questa liturgia sacra, a questa iniziazione ieratica. Pre-season, dunque, come modo per entrare nel vivo della nuova realtà e capirne pregi e difetti.
Pregi che, in sei gare, si notano nell’atteggiamento di Allan, pugnace, attento e bravo anche da fluidificante destro, prima di Malcuit; si osservano in Verdi, già integrato nei meccanismi d’attacco del pacchetto avanzato azzurro; in Milik, bomber ritrovato, chiedere a Borussia Dortmund e Wolfsburg e, infine, senza per questo essere troppo severi nell’esiguità dei nomi citati, in Mertens abile, con pochi allenamenti sulle spalle, a riprendersi la corsia sinistra, giocare al top in tandem col polacco e farsi trovare pronto nell’ultima prova generale del nuovo Napoli.
Insomma, da questi elementi, alcuni titolari, altri no, Ancelotti non può, almeno in avvio, prescindere con questi talenti che si sono messi in luce più e meglio degli ‘imprescindibili' campani o di quelli, da Insigne a Raul Albiol, da Hysaj a Koulibaly, che hanno tirato la carretta negli ultimi anni. Menzione speciale, a tratti superflua, ma doverosa, per Hamsik che, da probabile partente a uomo chiave della mediana del Napoli, s’è mostrato subito a suo agio nel nuovo ruolo, dimostrando versatilità, intelligenza e grande professionalità.
I dubbi in difesa, male in fase di recupero. Anche le diagonali necessitano una spolveratina
Ora, in maniera un po’ dantesca, ‘incomincian le dolenti note a farmisi sentire'. E sì perché le sconfitte con Liverpool e Wolfsburg, soprattutto per come sono venute e da dove hanno sfondato le linee nemiche, hanno mostrato i limiti azzurri in fase di non possesso.
Pressing disordinato
Come ammesso dallo stesso tecnico emiliano, infatti, il Napoli non riesce ancora, dopo un mese abbondante di allenamenti col nuovo allenatore, a portare un pressing alto, attento e organizzato in maniera duratura e costante. Saltata la prima linea di difesa, difatti, i campani cominciano ad andare in netta difficoltà con i Reds ed i lupi sassoni ad avere vita facile nel trovare varchi fra le maglie della difesa partenopea. Una difesa, poi, costretta a rincorrere l’avversario e ad indietreggiare per evitare grossi guai dalle parti del proprio portiere. Una linea alta, un baricentro ‘pronunciato’ che non paga dividendi, almeno ad oggi, e che, in vista della Lazio, potrebbe essere sacrificato sull’altare della compattezza e del risultato.
Recupero palla difficile
Il recupero palla, specie come nell’ultimo match col Wolfsburg, quello con la mediana tutta qualità composta da Fabian Ruiz, Hamsik e Zielinski, è stato davvero difficile con i palloni persi dagli esterni offensivi, Insigne o Callejon, raramente ripresi, come in passato, nel giro di poche azioni. Una autentica emorragia di palloni in impostazione che ha spesso spaccato in due tronconi la squadra chiamata, poi, a miracolosi ripiegamenti o, in extremis, alla bravura di difensori e portiere.
Diagonali da rivedere
Infine, le diagonali dei terzini, non sono sempre state eccellenti con Malcuit, ad esempio, a generare i due gol che hanno permesso al Wolfsburg di segnare i punti del due e del tre a uno con Mehmedi topo nel formaggio di una retroguardia per nulla in grado di sincronizzare i propri movimenti e proporre l’arma, sempre a doppio taglio, del fuorigioco.