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Il Calcio fa bene alle ossa

Varese-Juventus 5-0: il miracolo di Masnago

Torna “Il calcio fa bene alle ossa”. Il 4 febbraio 1968 il Varese umilia la Juve. Segnano, oltre a Vastola, i futuri bianconeri Leonardi e Anastasi, autore di una tripletta. La squadra di Brighi chiuderà al settimo posto, senza mai perdere in casa.
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Cinque ciliegine sulla torta di una piccola grande rivoluzione. Fu un sogno, quello del Varese nella gloriosa stagione 1967-68. Fu un sogno e non durò poco. Quella squadra voluta dal presidente Giovanni Borghi, costruita da Alfredo Casati e allenata da Bruno Arcari, resta imbattuta per tutto l'anno in casa. Chiude seconda il girone d'andata, a due punti dal Milan, che cade a Masnago 2-1. è il grande Varese di Armando Picchi, di Sogliano e Maroso, di Cresci, Mereghetti e Tamburini. È il Varese di Pietro Anastasi, Giovanni Vastola, Lamberto Leonardi, che il 4 febbraio 1968 umiliano la Juventus.

Apre Anastasi – Arcari affida al terzino Sogliano il compito di marcare Del Sol a centrocampo, e in più gli chiede di spingersi in avanti appena può. La difesa della Juve va in crisi. Al 19′ Sarti perde palla. Leonardi, ala pura tra le ultime in circolazione, si spinge indisturbato e crossa in mezzo. È sicuro di trovare a centro area “Pietruzzu” Anastasi, che infatti è lì e si concede anche il lusso del gol di tacco a Anzolin. Un'intesa perfetta, che poi farà esaltare proprio i tifosi della Juventus: perché entrambi, nel giro di due anni, passeranno in bianconero. È una stagione speciale, per il “picciotto”, l'ex raccattapalle del Cibali venuto a cercare fortuna al nord, anche grazie a una sconosciuta donna incinta. Per farle posto sull'aereo, infatti, il general manager del Varese, Casati, le cede il suo biglietto, rimanda la partenza di 24 ore e va a vedere una partita di ragazzini. Uno di quei 22 è Anastasi, che in poche ore diventa un giocatore biancorosso. Di lui dicevano che era un paradosso come calciatore. Avevano ragione. Incerto nel palleggio, nel controllo, riusciva comunque ad arrivare sulla palla grazie a una velocità fuori dal comune.

Leonardi – Una velocità che manda in confusione la Juve di Heriberto Herrera, il Ginnasiarca che Sivori tanto odiava. Al 28′ Burlando lancia Tamborini, sul suo cross arriva di testa Leonardi, che pure ha nel tiro dalla distanza il suo colpo migliore. Anche lui, come Pietruzzu, finirà alla Juventus, e due anni dopo quella domenica di sofferenza al Franco Ossola, l'8 febbraio 1970, giocherà la sua miglior partita in bianconero, un derby impeccabile che chiude con uno slalom irresistibile e un pallonetto beffardo sull'uscita del portiere: è il 2-0, la pennellata che esalta il Comunale. Un mese dopo replica con un destro al volo fulminante che stende il Milan: sarà il suo ultimo gol con la maglia della Juve.

Borghi – Il Varese continua a dilagare, ma Anastasi, Vastola e Leonardi mancano diverse chance. All'intervallo è ancora 2-0. In tribuna, il presidente Borghi gongola. È il re degli elettrodomestici, il “cummenda”, il fondatore della Ignis che ha associato alla Pallacanestro Varese nel periodo migliore della sua storia, gli anni del debutto in serie A di Dino Meneghin e della prima storica Coppa delle Coppe, vinta nel 1966, con la guida di Vittorio Tracuzzi, che si dimette pochi giorni prima di quella domenica di gloria per il Varese Football Club. C'è un episodio che meglio di altri racconta quest'uomo doppio, come lo descrive Vladimiro Caminiti, “ma soltanto nel fisico, mento doppio, sopraccigli doppi, pancia se vogliamo tripla; però, una persona lastricata di buone intenzioni” Nel 1965 deve accompagnare la squadra a Mosca per una trasferta europea ma il volo che parte da Linate arriva a Praga e non prosegue per l'Urss. All'aeroporto apre la sua valigetta piena di dollari e chiede: “Quanto costa?”. I piloti si convincono a prolungare il tragitto fino a Mosca. Ma Borghi non voleva corromperli, voleva comprare l'aereo.

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Apoteosi – Il secondo tempo è un trionfo, è l'apoteosi. Nove minuti e il Franco Ossola esulta per il tris firmato Giovanni Vastola, che dopo quella stagione da sogno andrà per due anni all'Inter e ha mantenuto la stessa tempra da allenatore nelle serie inferiori, con le promozioni festeggiate a Cesenatico (in C2) e a Corigliano, il paese natale di Gattuso. “Eccome se mi ricordo quel giorno. Feci gol con pallonetto ad Anzolin ed entrai in porta con il pallone” ha ricordato. Poi, il palcoscenico è di nuovo tutto per Anastasi. Al 18′ si produce in un pezzo di bravura dei suoi, resiste a una carica e fredda Anzolin. A tre minuti dalla fine, poi, tiene vivo un pallone difficile, riesce a tirare ma colpisce il palo. Non si accontenta, raccoglie ancora e completa la tripletta. È un tripudio, il pubblico dagli spalti urla “Basta! Basta!”. È una delle sconfitte più pesanti per la Juve dal dopoguerra, insieme allo 0-6 a San Siro contro l'Inter del 4 aprile 1954 e all'1-7 in casa del Milan del 5 febbraio 1950. Nella vicinanza delle date, uno stesso destino, che Herrera accoglie con un commento tanto sintetico quanto efficace. “Oggi loro tutto bene, noi tutto male”.

Fu un sogno – E' anche la tripletta alla Juve che vale ad Anastasi la convocazione in nazionale per gli europei dell'estate 1968. E come in quella domenica di gloria, è lui a segnare l'ultima rete nella ripetizione della finale contro la Jugoslavia, dopo la mezza rovesciata di Riva. Un anno da sogno, che lo proietta verso l'Inter. Gioca anche un'amichevole in nerazzurro, a Roma, e segna anche due gol. Ma durante la partita scopre che la destinazione è cambiata. Brighi si è accordato con la Juventus per la cifra allora record di 660 milioni: con Anastasi, firma anche un accordo con Agnelli per la fornitura di compressori alla Fiat. Quando arriva per la prima volta in Galleria San Federico, alla sede della Juve, è senza cravatta. Il presidente di allora, Vittore Catella, lo avverte: “D’ora in avanti, è bene che si vesta con regolare camicia e cravatta”. In bianconero Anastasi si fa elegante, si trasforma in un autentico leader, vince tre scudetti e segna l'ultimo gol nella storia della Coppa delle Fiere, che non eviterà la vittoria del Leeds. Manca però il Mondiale del 1970 per un banale incidente prima della partenza. Lo sostituisce Boninsegna, di cui prenderà posto all'Inter nel 1976. È un protagonista del calcio italiano degli anni '70, e chiude il decennio con una rete di forza simbolica rara. È il 30 dicembre 1979, Anastasi gioca nell'Ascoli, in trasferta al Comunale, nel suo stadio, contro la Juventus, Dopo otto minuti salta più in alto di tutti e beffa Zoff. È il suo centesimo gol in serie A. Ma quel giorno di gloria al Franco Ossola gli ha cambiato la carriera, e anche un po' la vita. Anastasi è tornato a vivere a Varese, a poche centinaia di metri dallo stadio, e quella tripletta se la ricorda ancora bene. “Quella vittoria fu memorabile, ma ci rendemmo conto dell’impresa compiuta solo negli spogliatoi, al termine della partita. Prima di giocare, pensare a un 5-0 contro la Juve era cosa inimmaginabile. E riguardando oggi quel Varese mi viene da dire che tutta l’annata fu irripetibile: imbattuti in casa, settimi alla fine. Tutto un sogno”.

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