Uruguay, l’orgoglio di Oscar Tabarez è più forte della malattia
Oscar Washington Tabarez, il Professore, ha dato una lezione a Cristiano Ronaldo e sarebbe anche stato pronto a ripeterla su Lionel Messi se non ci avesse pensato qualche ora prima la Francia di Mbappè. Il ct dell'Uruguay è riuscito a frenare il Pallone d'Oro in carica, "senza perdere il sonno" come aveva tranquillizzato tutti alla vigilia e come, puntualmente ha dimostrato in campo.

Dopotutto, le battaglie che Tabarez negli ultimi anni sta combattendo sono ben più dure e difficili di 90 minuti anche se in una sfida a eliminazione diretta in un Mondiale. Il Maestro si è ammalato, di una neuropatia di quelle bastarde che non ti lasciano più, ti marcano a uomo. I dottori le chiamano “periferiche”, in una terminologia ufficiale che significa semplicemente che poco a poco si prenderà la mobilità degli arti.
Eppure il Maestro in panchina non è voluto mancare. Anche nel momento della conferma della malattia, Tabarez non ha lasciato il suo posto in Nazionale, dove sta vivendo il sogno del quarto campionato del Mondo. Un sogno, ancor più forte e vivido, di un uomo che abbandona il proprio dolore per concentrarsi sull'obiettivo di un popolo intero.
Tabarez è soprattutto questo: un uomo, ancor prima che un commissario tecnico, in cui si sta identificando un intero Paese. Quella stampella, oramai obbligata compagna di viaggio, abbandonata al momento del raddoppio di Cavani, con i pugni al cielo e il passo incerto, è stato l'emblema di chi è e di chi è sempre stato il Professore: un professionista, serio, pacato, coerente con il proprio pensare. Che da questa sera ha più proseliti ancora.
Perché anche il mondo del calcio ha da sempre bisogno di storie e quella di Oscar Washington Tabarez è una delle più belle di questo mondiale, quella di un uomo e di un professionista che è diventato guida calcistica e spirituale di una squadra che sa riversare in campo le migliori qualità, la grinta, la lotta, per non mollare mai. Lanciando al cielo una stampella, anche se sa che un secondo dopo ne avrà ancora più bisogno di prima.