Possiamo dire che Mauro Icardi ha stufato? Basta, gioca o va lavorare (per davvero)
Mauro Icardi ha stufato. Nell'ultimo incontro con la dirigenza avrebbe enunciato le condizioni per tornare ad allenarsi col resto del gruppo e (ri)mettersi a disposizione del tecnico. Vuole una riabilitazione pubblica. Dice di non dovere spiegazioni né chiarimenti allo spogliatoio che ritiene in maggioranza dalla sua parte tranne i croati (Perisic, Brozovic) e Handanovic. Come a dire: ecco chi sono i cattivi, loro sono la causa di questa situazione, loro hanno alimentato tensioni. Sostiene che Spalletti gli debba della scuse… Chi, il tecnico che ha mandato a quel paese Francesco Totti quand'era nella Capitale? Chi, il tecnico che non ha avuto paura di lasciare l'ottavo Re di Roma in panchina? Chi, l'uomo che s'è messo contro la Città Eterna e se n'è fregato se nel Colosseo chiedevano panem et circenses? Chi, il mister che s'è beccato salve di fischi come cannonate quando all'Olimpico inquadrarono la sua figura nel giorno dell'addio del capitano? Che ridere.
Davvero Maurito pensa di essere così importante, al di sopra di tutti e della storia di un club che nasce da lontano e non può morire con lui né certo mischiarsi con sceneggiate da soap opera? Davvero crede si possa stare appresso a comportamenti del genere? Apra il dizionario e faccia una ripassata su quale differenza c'è tra i concetti di autorità e autorevolezza, tra sentirsi forte ed esserlo. Lo è? Vada in campo e lo dimostri. Giochi e faccia gol. Passi una mano per la coscienza e sputi pure l'anima, con lo spirito e l'onore del gladiatore (il generale finito nella polvere per un reale complotto di corte) non certo dell'istrione. Si rialzi e renda palese che alla maglia ci tiene sul serio e non è solo folklore da camerino. Perché se è vero che l'Inter ha bisogno di lui e delle sue reti è altrettanto vero che senza l'Inter lui non va lontano. E meriterebbe di essere lasciato un anno in tribuna a schiarirsi le idee.
E basta, davvero. Basta con tutti questi capricci da bambino al quale hanno tolto il pallone (la fascia di capitano) perché l'ha combinata grossa e dopo (per bocca della consorte dal salotto di Tiki Taka) dice che se non segna la colpa è dei compagni che non gli passano bene la palla. E basta, davvero. Prendi 5 milioni di euro a stagione e tutta questa manfrina è inaccettabile. Niente giustifica un atteggiamento del genere. Per molto (ma molto) meno ci sono persone che si spezzano le reni ogni giorno, senza certezze e in molti casi senza futuro, ingoiando bocconi amari. Gioca oppure va a lavorare (per davvero).
Ha deciso di andar via? Ci sta. Vuole più soldi? Ci sta. Nel calcio di oggi funziona così e poco importa che a chiederli sia Wanda Nara. Mino Raiola avrebbe fatto, ha fatto (con Gigio Donnarumma al Milan), farebbe la stessa cosa se si trovasse al suo posto. L'atteggiamento della sua consorte, però, c'entra fino a un certo punto ed è sbagliato prendersela solo con lei. La differenza tra un uomo e un capitano da gagliardetto, tra chi conosce il valore della vergogna e chi no, è tutta qui.