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Fifa World Cup 2018, i Mondiali in Russia

Perù al Mondiale dopo 36 anni: dalla notte di Rosario a Cubillas

Quinta partecipazione ad una fase finale alla Coppa del Mondo per la rappresentativa peruviana che al suo passaggio nella massima competizione calcistica vanta splendidi uomini di calcio, come El Nene Cubillas, e serate buie come quella di Rosario nel 1978. Il miglior piazzamento è l’approdo ai quarti nel 1970.
A cura di Vito Lamorte
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Un cammino importante, di tutto rispetto, per la squadra di Ricardo El Tigre Gareca che ha centrato la sua quinta qualificazione alla Coppa del Mondo 2018 in Russia e ha sempre onorato la competizione in tutte e quattro le partecipazioni. Il Perù ha partecipato alla prima Coppa del mondo nella storia del calcio, in Uruguay nel 1930, come invitato dal paese ospitante e ha perso le sue due partite: contro la Celeste (0-1) e la Romania (1-3). Una partecipazione breve e fugace per la blanquirroja. La prima qualificazione arrivò in Messico, ne 1970: dopo aver lasciato la Coppa del Mondo senza l'Argentina grazie ai due goal di Cachito Ramírez alla Bombonera, il Perù è arrivato fino ai quarti di finale, dove si è scontrato con il Brasile ed è stato eliminato (4-2 per la Seleçao).  La terza apparizione al Mondiale per i peruviani arrivò ad Argentina’78: la squadra di Cubillas ha sconfitto la Scozia e l’Iran e pareggiato con l’Olanda conquistandosi un posto nella fase successiva dove si trovò di fronte a Brasile, Polonia e Argentina. Gruppo 2 di ferro per il Perù che rimediò tre sconfitte, rispettivamente per 3-0, 1-0 e 6-0. L’ultima volta che la maglia con La banda roja si era vista ad un Mondiale era in Spagna, nel 1982. Nel primo gruppo venne sorteggiato con l'Italia, il Camerun e la Polonia ma dopo aver pareggiato le prime due sfide, contro gli azzurri finì 1-1, il Perù perse in maniera rovinosa contro i polacchi per 5-1.

Quella notte di Rosario nel 1978

Tra tutte le gare giocate dal Perù al Mondiale c’è una in particolare che è rimasta nella storia e che continua a far discutere dopo quarant’anni. Un intreccio di politica, sport e terrore, vista la dittatura di Jorge Videla che teneva sotto scacco un paese intero, stavano trascinando alla fine un Mondiale che di calcistico, in alcune occasioni, aveva tenuto poco o nulla. Uno di questi momenti arriva sicuramente il 21 giugno 1978, quando il Piano Condor, suggerito dalle più alte istanze delle dittature di Argentina e Perù, venne attuato: questa operazione viveva sotto un piano, gestito dalla supervisione della CIA, che coordinava le diverse cupole dittatoriali  dell'America Latina negli anni '70 e '80 e, in questo caso, Videla in Argentina concordò con Francisco Morales Bermúdez, ai tempi padrino del Perù, la consegna di due navi piene di grano e la gestione di 13 deportati politici del suo paese Buenos Aires. L'Argentina doveva vincere l’ultima partita del gruppo B con una differenza di quattro goal ma ne fece sei. Ramon Quiroga, portiere argentino che ha difeso la porta del Perù ha ammesso che nella sua nativa Rosario c'era un clima molto particolare e che la selezione di Menotti aveva bisogno di quella vittoria per superare il Brasile in classifica per approdare in finale.

L'Argentina non poteva evitare di incrociarsi con brasiliani dopo il primo turno e il pareggio a reti inviolate nello scontro diretto portò la decisione del passaggio al 21 giugno: purtroppo le due partite non vennero giocate in contemporanea, con la squadra brasiliana di Claudio Coutinho che vinse 3-1 contro la Polonia a Mendoza due ore prima dello scontro tra argentini e peruviani. Kempes, Tarantini, Kempes e Luque: al 50’ l'Argentina aveva già portato a casa il necessario e il festival si concluse con le reti di Houseman e ancora di Luque.

Quattro giorni dopo, allo stadio Monumental di Buenos Aires, l'Argentina raggiunse la gloria battendo l'Olanda con due reti di Kempes nei tempi supplementari e una prestazione, non proprio brillante, di Sergio Gonella che non è stata mai perdonata dagli oranje, i quali hanno indicato l'arbitro italiano come uno dei grandi responsabili della loro, annunciata, sconfitta in finale.

Non vi lascio soli, c’è Teofilo Cubillas

“Tengo un sucesor, y su nombre es Teófilo Cubillas ”. (Pelé, Mondiale Méssico 1970)

Teofilo Cubillas è il vero simbolo calcistico del Perù e l’incoronazione di Pelé vale non poco. Direttore d'orchestra della selezione che ha vinto la Coppa America nel 1975, ha raggiunto i quarti di finale ai Campionati del Mondo in Messico nel ’70 e in Argentina nel ’78. Era il numero 10 per l'eccellenza: centrocampista offensivo con una squisita tecnica, che gli ha permesso di giocare sia sul breve che nel lungo con precisione, il suo talento e l’abilità nel dribbling era incredibile e riusciva ad essere potente o elegante a seconda della situazione. Oggi diremmo che si trattava di un "box to box", un centrocampista con capacità di creare e un’incredibile vena realizzativa, è molto bravo sui calci da fermo da media e lunga distanza. Cubillas è stato il simbolo di un calcio offensivo, di attacco, e sul campo le sue squadre si sono mosse in base a ciò che aveva in testa El Nene. La sua grande leadership, la sua personalità affabile lo hanno eletto come il simbolo della Golden Age del calcio peruviano.

Cubillas era un giocatore differente, in anticipo sui tempi. Nato in un ambiente umile, l'amore per i colori della sua Alianza Lima e La Banda Roja del Perù hanno contraddistinto tutta la sua carriera e può vantare di essere il centrocampista che ha firmato più gol nei quattro Mondiali in cui ha partecipato. El Nene è, senza dubbio, un'icona del calcio sudamericano nonostante sia poco conosciuto.

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