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Perché la regola del fallo di mano è un casino

E’ ancora polemica aperta per le decisioni di Valeri in Milan-Juventus, semifinale di andata di Coppa Italia, finita 1-1 e tra le discussioni. A tener banco il ‘mani’ di Calabria sul tiro di Ronaldo. L’arbitro ha fischiato rigore coadiuvato col VAR. Cosa dice il regolamento? Perché il problema oggi è ‘senza soluzione’? Proviamo a fare chiarezza.
A cura di Alessio Pediglieri
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Dopo Milan-Juventus, semifinale di andata di Coppa Italia, terminata 1-1 è ritornato sulla bocca di tutti il problema del ‘fallo di mano‘ in area di rigore. Regolamento alla mano c'è chi ha dato addosso a Valeri, arbitro della sfida per aver punito il tocco di Calabria sulla rovesciata di Cristiano Ronaldo, rimembrando – come precedente illustre e quasi uguale – quando Cerri toccò col braccio (in movenze simili) in Cagliari-Brescia con Abbattista che decretò il penalty. E c'è chi ha invece reso plausibile la decisione di Valeri e del VAR – sempre regolamento alla mano – considerando il ‘volume' del braccio del difensore atto a fermare la palla, sebbene col volto girato. E chi ha rilanciato la polemica inserendo nel discorso i complottismi legati alla sudditanza psicologica, all'impreparazione arbitrale, alla discrezionalità dei fischietti, di momento in momento.

Insomma, la regola del fallo di mano in area di rigore è un vero e proprio pasticcio regolamentare, anzi un casino. Perché oramai non manca partita in cui non si discuta sul posizionamento del braccio o della mano, della ‘congruenza' del movimento, delle immagini alla moviola, e via dicendo. Parafrasando una canzone degli ‘883', purtroppo, la regola del fallo di mano, non è come quella "dell'amico, che non sbaglia mai".
Anzi. Ma proviamo a fare chiarezza.

Il fallo di mano, perché genera confusione per sua natura

  • Partiamo dal regolamento del calcio, dove negli ultimi anni proprio la regolamentazione del fallo di mano in area di rigore è stata, di stagione in stagione, dibattuta e condivisa nelle riunioni tra AIA, capitani e allenatori. La regola del fallo di mano, così com'è scritta lascia spazio alla discrezionalità del momento.

L'incipit della norma è di per sè preciso: "È di solito un’infrazione se un calciatore tocca il pallone con le mani / braccia quando queste sono posizionate in modo innaturale aumentando lo spazio occupato dal corpo". Nell'articolo del regolamento (che presenta un "di solito" di troppo, che apre il fianco ad una manifesta libertà interpretativa arbitrale) non si fa (giustamente) riferimento alla posizione del giocatore rispetto all'avversario: il fatto che sia girato al momento del tocco – ad esempio – non inficia l'eventuale sanzione (altrimenti tutti i difensori si girerebbero dall'altra parte con braccia e mani alla ricerca del pallone). E' quando si dice "Quando le mani/braccia sono posizionate in modo innaturale e aumentano il volume occupato dal corpo" che si apre però, la discussione infinita con le diverse fazioni pronte a sventolare le proprie ragioni.

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  • La polemica sulla mancanza di uniformità di direttive da parte dei vertici arbitrali che portano a creare confusione non solo agli stessi fischietti, ma anche ai responsabili del VAR e  – di conseguenza – a dirigenti, calciatori, tecnici e tifosi

Sul fallo di mano, così come su ogni altra normativa, ci sono summit pre campionato e durante la stagione, in cui il designatore degli arbitri, Rizzoli, in coabitazione con l'AIA invita i fischietti, i collaboratori, dirigenti, capitani e allenatori nell'analizzare le regole e dare una chiara spiegazione sull'accaduto. Spesso vi è uniformità di giudizio (soprattutto a posteriori con ammissione da parte del designatore su alcune scelte e conseguenti ‘stop' impartiti ai fischietti sotto accusa).
Sul ‘caso Calabria‘ tutti hanno citato immediatamente il ‘caso Cerri evidenziando probabili indicazioni contrastanti date agli arbitri. Ma in questi due specifici casi c'è un ‘distinguo' chiaro: Cerri ha toccato in una azione confusa in area non sapendo bene cosa potesse accadere, Calabria ha fermato un preciso tiro in porta. Ed è qui che per Valeri (e il VAR) la scelta è finita sul dischetto.

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  • L'apporto della moviola è anch'esso sotto le critiche più feroci. Il VAR, proprio sul fallo di rigore in area, è a suo modo diventato una discriminante per evitare polemiche. Le immagini e la tecnologia sono perfette nel momento in cui si deve visualizzare con un fermo immagine elettronico se il fallo è commesso in area oppure no, se il contrasto ci sia oppure no. Ma va in tilt sul tocco di mano

La tecnologia è stata fondamentale a togliere gran parte di dubbi in modo ‘oggettivo': attraverso l'integrazione della tecnologia tridimensionale definita ‘Cross Air‘, è possibile stabilire se un contatto tra pallone e mani o braccia sia avvenuto o meno all'interno dell'area di rigore con margine d'errore pressoché minimo. Ma sul tocco di mani in area, la moviola si limita a mostrare se ci sia il fatto o no. Da lì in avanti è compito dei responsabili VAR e dell'arbitro valutare il tutto. Ovviamente in modo ‘soggettivo'.

Conclusione

Dunque, il ‘fallo di mani in area di rigore‘ di per sè è e resterà una regola interpretabile, per sua natura intrinseca. O si iniziano a proporre forzature regolamentari o si dovrà convivere con il problema. Una soluzione univoca non c'è perché ogni partita, ogni suo episodio resteranno unici nella loro evoluzione. L'importante, in questo momento storico del calcio non solo italiano, è accettare la situazione senza cercare ‘attitudini' particolari da parte dei protagonisti in campo.

Da evitare anche il tentativo di creare ‘collegamenti' su episodi tra loro simili perché (i casi Calabria e Cerri insegnano) c'è sempre un contesto in cui si cala il ‘regolamento'. E' il ‘momento' la discriminante, oltre all'"intenzione", al di là di qualsiasi regola che parli di ‘volume' o ‘opposizione'. Senza dimenticare il ‘di solito' inserito all'inizio della norma.

Perché la regola del fallo di mano in area si codifichi una volta per tutte, c'è solo una strada, provocatoria, da percorrere. Se la si vuole trasformare come "la regola dell'amico, che non sbaglia mai", l'unica soluzione è una forzatura: fischiare sempre e comunque rigore quando c'è un tocco in area. Come diceva il buon caro vecchio Vujadin Boskov: "Rigore c'è quando arbitro fischia". Ma siamo sicuri che anche così le polemiche non continuerebbero?

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