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“Non sarò mai un uomo normale”, disse Diego. Messi lo è. E l’Argentina non è il Barça

La sconfitta pesante e la prestazione contro la Croazia alimentano il dibattito su Messi: è un fuoriclasse o solo un ‘campione normale’? L’argentino non si è impegnato a cambiare quello che era il suo modo di giocare e di vivere il calcio, almeno per quello che vediamo in campo. Per adesso, tranne miracoli che possono anche accadere e cambiare qualcosa, si può serenamente dire che in Nazionale Messi è stato un calciatore che non ha voluto (o non è riuscito) diventare migliore.
A cura di Jvan Sica
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Se un giocatore normale avesse fatto la partita che ha fatto Messi contro la Croazia, il suo voto sarebbe dovuto oscillare fra il 3 e il 4. Siccome Messi è un giocatore speciale, la sua valutazione si abbassa ulteriormente e si avvicina allo 0. Per valutare Messi in questa partita e in questa fase della sua carriera purtroppo bisogna iniziare a mettere sul piatto della bilancia quello che non fa rispetto a quello che fa. Manca in tre cose che per ogni attaccante contemporaneo sono più che obbligatorie, diciamo standard.

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Messi non pressa, non si smarca e non taglia in verticale. Attende che la palla arrivi nella zona in cui si posiziona e si accende solo un attimo prima che riceva la palla, correndo e dribblando solo con la palla ai piedi. Gli avversari, che oltretutto lo conoscono benissimo affrontandolo spesso anche in campionato come alcuni giocatori della Croazia di stasera, non hanno difficoltà nel far collassare su di lui due o tre calciatori perché, non smarcandosi e non muovendosi senza palla, basta un’occhiata di intesa e subito si chiude una gabbia da cui Messi ormai fatica ad uscire.

Con il Barcellona la qualità dell’impostazione della manovra fa sì che anche senza muoversi Messi possa ricevere palla con maggiore libertà. Quando è Rakitic a cercarti in un corridoio invece di Acuna, viene facile il pensiero che sappia trovarti meglio, con un pallone più preciso, già direzionato per il tuo prossimo movimento.

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Dire che nella partita contro la Croazia Messi sia stato il peggiore in campo è ovvio, ma forse diventa ormai anche banale. Forse il Messi di questi ultimi tre anni non è più il calciatore che riusciva a sgusciare via fra tre avversari e soprattutto non è più il calciatore che in qualche modo, nel suo modo particolare, vuole partecipare alla manovra della squadra. Il Messi di oggi ha la faccia di chi vuole fare meno fatica possibile per essere lucido solo in quelle massimo dieci azioni in cui è coinvolto.

Contro la Roma nella partita di ritorno dei quarti di Champions League di quest’anno Di Francesco è stato l’allenatore che meglio ha sfruttato questo atteggiamento di Messi. Ha giocato con un uomo in più a centrocampo, inserendone cinque e questo ha portato ad un’inferiorità numerica che ha sconquassato l’intero Barca. Messi, quando prendeva palla, era contrastato da Juan Jesus e De Rossi e tutto finiva lì. Quando Di Francesco ha ripetuto lo stesso atteggiamento con un 10 però che si muoveva in verticale come Salah, si è trovato in uno contro uno fisso con Juan Jesus a contrastare l’egiziano e tutti sappiamo cosa è successo…

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Questa partita potrebbe mettere fine alla carriera di Messi in Nazionale. Dipende moltissimo dalla partita di domani e soprattutto dall’Islanda. Trarre un resoconto di quello che è stato Messi con la maglia numero 10 albiceleste adesso non ha senso, ma una cosa si può dire: non ha saputo migliorarsi per raggiungere chi aveva davanti. Cristiano Ronaldo era nettamente dietro Messi quattro anni fa, eppure ha cercato in tutti i modi di raggiungerlo e la mossa della capretta vuole dire proprio questo: il GOAT adesso sono io.

Messi nonostante avesse Maradona davanti a lui non è riuscito a raggiungerlo. Non si è impegnato a cambiare quello che era il suo modo di giocare e di vivere il calcio, almeno per quello che vediamo in campo. Per adesso, tranne miracoli che possono anche accadere e cambiare qualcosa, si può serenamente dire che in Nazionale Messi è stato un calciatore che non ha voluto diventare migliore.

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