Neymar e l’insostenibile leggerezza di (non) essere un campione
Neymar junior ha segnato il suo primo gol al Mondiale russo, permettendo al Brasile di arrotondare il risultato sulla Costarica. I verdeoro si impongono 2-0 vedendo il traguardo degli ottavi di finale dopo aver impattato al debutto contro la Svizzera e aver sollevato più di qualche perplessità sulla condizione della Seleçao. Che, al di là del risultato, non ha di certo fatto cambiare opinione, vista la prova assolutamente insufficiente, dove la stella di Neymar è rimasta spenta per 90 minuti e oltre. Fino al gol del 2-0 segnato al 95′.
La rete che ha arrotondato il successo verdeoro poteva rappresentare la grandissima occasione per Neymar nel dimostrarsi un campione vero, un fenomeno al di là di una gara giocata in maniera anonima e invece si è trasformata lo specchio di ciò che ancora il 25enne brasiliano è: un acerbo talento che si compiace di se stesso e manca di rispetto all'avversario di turno. Perché il doppio colpo di tacco a risultato acquisito per irridere la Costarica e il pianto dirotto al fischio finale non sono altro che evidenti indizi di immaturità.
Un fatto aggravato dalle innate qualità che tutti gli riconoscono perché Neymar, attenzione, è un campione, ha nel suo dna i colpi che pochi possono permettersi e che dispensano alle folle grazie al dono concesso al dio del pallone. Proprio per questo, O'Ney dovrebbe evitare certi atteggiamenti che offuscano il suo talento lasciando trapelare supponenza e presunzione. Per 90 minuti contro la modesta Costarica non si è quasi mai visto in campo, non ha fatto nulla di decisivo, tanto meno di fenomenale.
A sbloccare il risultato ci ha pensato – ancora una volta – Philippe Coutinho, l'ex Inter che oggi veste i panni del dopo Beynar al Barcellona e che il fenomeno in campo lo sta facendo con i fatti e i gol determinanti (come nel pareggio contro la Svizzera). Neymar si è limitato a segnare il 2-0 a tempo oramai scaduto, quando le resistenze avversarie erano oramai finite. Trovando gloria personale più di quanto non meritasse.
Proprio per questo, per rispetto di un avversario che comunque ha tenuto testa al più blasonato Brasile, senza difendersi ad oltranza ma giocando anche a viso aperto, il campione – se tale vuole essere chiamato – avrebbe dovuto evitare lo sberleffo del gioco di tacco, buono solamente per le folle, così come il pianto a fine gara, umanamente comprensibile ma non in un lacrimare a dirotto, quasi avesse determinato il successo mondiale.
Ci si aspettava dal campione maggior sobrietà nel finale, qualche tocco in più decisivo quando occorreva, per confermarsi tale e soprattutto il campione – anche dopo un pianto liberatorio – non avrebbe dimenticato di congratularsi con gli avversari, magari consolandoli per l'ottima prestazione risultata inutile ma dignitosa.
Una scena che è mancata e che è stata sostituita dall'assolo in pianto. Condito dalle parole su Twitter che rimarcano il concetto: dopotutto i ‘pappagalli' ripetono ciò che vedono e sentono. E per il momento Neymar sarà anche campione ma non si sa comportare come tale.