Napoli, l’addio di Hamsik chiude un’epoca: l’utile non passa più per il bello
Dalla fantasia al potere al potere che sacrifica l'immaginazione. Il potere dei milioni che non hanno odore e lasciano interrotte le passioni. L'addio di Hamsik, l'incompiutezza che lascia nel finale di una lunga storia d'amore per tempistica e modi di uscita, sancisce una presa di coscienza e una cesura evolutiva. Il Napoli scienza e creatività non c'è più. Alla presentazione del rinnovo dell'accordo con il Trentino per il ritiro a Dimaro diventa l'occasione, De Laurentiis finisce per raccontarlo, questo passaggio di tempo. Hamsik parte per l'Oriente, nasce un nuovo Napoli.
Che vuol dire rappresentare Napoli
“Hamsik è stato con noi undici anni, è stato impeccabile. Mi disse della Cina ma la mia richiesta fu alta, ma sempre perché stimolati dal suo agente e da lui stesso. Dopo il cambio di allenatore non volevo sottrarre un pezzo prima di sperimentare Fabian e le nuove soluzioni”, ha detto De Laurentiis. Hamsik, ricorda, ha comprato casa a Castel Volturno, è il capitano della notte magica all'Olimpico di Torino, un leader che ha cambiato ruoli e posizioni, carismatico sì ma con zone d'ombra che hanno sempre oscurato le innegabili illuminazioni. È il simbolo di un certo modo di essere Napoli. È il simbolo di una tifoseria che in lui si è vista rappresentata.
Però, ha detto De Laurentiis nel ricordare i suoi primi discorsi sulla virtualizzazione degli stadi, “l'imprenditore combina produzione e mercato, non posso fare il tifoso, altrimenti sbaglio sempre. Mi dispiace che i tifosi pensino solo allo scudetto, non ad essere forti e rappresentare la città”. Hamsik è l'epifania del distacco. Distacco tra società e tifoseria. Distacco dal sogno tricolore, dall'irraggiungibile Juventus, l'altro lato della luna. Distacco dal desiderio romantico di inseguire i bianconeri sul loro stesso terreno con un'altra cifra stilistica. Però, invertendo i termini di una vecchia canzone (in fondo, siamo in periodo sanremese), bisogna saper vincere.
Dall'estetica al valore della struttura
E il Napoli, nel passaggio da Benitez a Sarri ad Ancelotti, ha scelto che strada prendere. Per andare dove vuole andare, ovvero verso vittorie meno effimere e auto-consolatorie degli scudetti del bel gioco, deve andare verso un'altra rappresentazione. La rinuncia ad Hamsik, la ricerca di calciatori anche morfologicamente portatori di un altro calcio, è l'ultimo passaggio di una decostruzione, gradualmente differita nel tempo, l'uscita da un'idea funzionalista, organicista, i calciatori interconnessi come le parti di un corpo, a una valorizzazione che privilegi la struttura. Il calcio moderno, nelle sue evoluzioni con i difensori che diventano registi per reazioni agli effetti del pressing alto, più dei compiti specifici assegnati alle caratteristiche del ruolo, premia l'equilibrio di composizione collettiva, di occupazione degli spazi e dei semi-spazi, l'intercambiabilità degli interpreti.
L'evoluzione negli ultimi cinque anni
La partenza di Hamsik è la fine dell'inizio, l'avvio di un nuovo giro di giostra. Come ogni cambio di paradigma, però, esemplifica e sintetizza un percorso graduale. Senza andare troppo indietro, i primi segni si avevano già nell'estate del 2013. La prima campagna acquisti di Benitez è segnata dall'addio di Cavani e dall'arrivo di Higuain, centravanti meno anarchico già avanti rispetto al percorso di cambiamento identitario di squadra. Arrivano Ghoulam, Mertens, preso come esterno poi con Sarri diventato centravanti di movimento, e soprattutto Callejon. Lo spagnolo arriva in un Napoli che insegue la bellezza attraverso il ricamo suadente, non cambia stile, visione, pensiero nel passaggio da Benitez a Sarri: Callejon rimane Callejon, coerente con se stesso, in anticipo sui tempi. Tempi allora non ancora maturi per afferrare la portata del cambiamento, nel frattempo esplode Insigne, arrivano in due anni Albiol e Koulibaly.
Tra 2014 e 2015 escono Behrami e Pandev, Paolo Cannavaro e Inler. Nel 2016 il Napoli cede Higuain, Gabbiadini e Valdifiori (arrivati un anno prima), e aggiunge tre tasselli in un processo via via più chiaro di trasformazione: Milik, Zielinski e Diawara. Meno pensiero laterale, molta corsa, molta applicazione. Così l'addio prima a Jorginho poi al capitano, che avrebbe dovuto ereditarne il ruolo, rendono manifesto quel che le ultime stagioni han costruito. La promozione in un centrocampo flessibile di una mezzala di corsa e possesso come Fabian Ruiz, l'uomo che tiene insieme le puntate della storia, è la pre-condizione dell'ultimo colpo di scena. Ora il Napoli cosa sarà?
Come potrebbe essere il Napoli del futuro
I nomi più di frequente associati al Napoli che verrà rimangono Fornals del Villarreal, Barella del Cagliari, Lozano del PSV. Il sogno resta James Rodriguez che Ancelotti ha già allenato a Madrid nel 2014-15 e ha fatto evolvere da seconda punta creativa a mezzala in una squadra di galacticos.
Barella è più propriamente centrocampista degli altri due. In 20 partite di Serie A quest'anno, iniziate sempre da titolare, mantiene oltre il 70% di efficienza nei contrasti e distribuisce 51.3 passaggi di media ogni 90 minuti (il 30% in avanti). Non è un gran tiratore, 1 gol e 3 tiri nello specchio su 18 conclusioni, ma ha offerto 20 passaggi chiave e intercettato 27 palloni.
Fornals, al di là dei moduli che il Villarreal ha variato negli ultimi mesi, è un centrocampista offensivo che galleggia nella trequarti con preferenza per il corridoio mancino. Ha giocato da trequartista nel 4-3-1-2 e nel 4-2-3-1 (ruolo in cui ha offerto una delle migliori prestazioni stagionali nel 2-2 contro il Real Madrid, in qualche caso anche da ala sinistra in 4-4-2 molto ancelottiano contro il Huesca a metà dicembre. Ha offerto 661 passaggi, 42.9 ogni 90 minuti, e due assist. Completa 1.5 dribbling a partita, partecipa poco alla fase difensiva, ma ha creato otto grandi occasioni nel corso della stagione.
Ancora più offensive le caratteristiche di Lozano, che al PSV completa 17,5 passaggi e 2.6 tiri a partita, con 13 gol e 9 grandi occasioni in 19 presenze in Eredivisie.
4-4-2 con Fornals ala
Una prima ipotesi di costruzione futura prevederebbe Fabian Ruiz più al centro del gioco, come già si è iniziato a vedere contro la Lazio, affiancato da Allan o eventualmente Barella, con Zielinski e Diawara prime alternative ai due. Mantenendo la flessibilità del modulo attuale, un giocatore come Fornals avrebbe più possibilità di partire da esterno a sinistra con facoltà di tagliare verso il centro, i compiti che hanno esaltato Fabian Ruiz nella prima parte di stagione.
Il recupero dell'albero di Natale
C'è però anche un'alternativa, il recupero dell'albero di Natale di ancelottiana memoria con Fornals mezzala. Una strada praticabile, in ottica futura, anche con Allan mediano di rottura davanti alla difesa un po' come Gattuso ai tempi del Milan di Ancelotti con due mezzali più di corsa e qualità. Se questa fosse la strada, più facile inserire Fornals e Barella che Lozano, il quale andrebbe a giocarsi il posto con Insigne.
Che succederebbe con James Rodriguez
E se arrivasse James Rodriguez? Il colombiano nasce seconda punta, e in un 4-4-2 simile a quello attuale potrebbe giocare in appoggio a Milik e Mertens con Insigne ala sinistra e Callejon a destra. In una squadra con questo undici di partenza, servirebbero uomini di equilibrio come Barella, complementare a Fabian Ruiz in mezzo. Meno probabile che, se questi dovessero essere i colpi della prossima estate, che arrivi anche Lozano o Fornals che eventualmente andrebbero ad aumentare le possibili opzioni nel ruolo di ala sinistra o di seconda punta.
Ancelotti, comunque, sperimenta soluzioni ma cerca sempre di mettere gli interpreti giusti al posto giusto perché rendano al meglio e facciano così rendere anche la squadra nel suo complesso. Se dovesse davvero arrivare James, il passaggio all'albero di Natale sarebbe, in teoria, ancora più probabile. Il colombiano resterebbe in una posizione che ha già occupato con Ancelotti e al Bayern, gli attuali centrocampisti possono alternarsi nel ruolo di mezzala destra e vertice basso, davanti il tridente sarebbe già oliato. Eventuali altri innesti tra Barella, Fornals e Lozano, andrebbero potenzialmente ad occupare le posizioni a loro più congeniali.