Messi torna a casa da solo. E’ il simbolo di un’Argentina mai stata squadra
Triste, solitario y final. Mai titolo fu più adatto a Lionel Messi. Il Mondiale di Russia 2018 ha emesso un verdetto inesorabile: lui non è non sarà mai come Maradona, un fuoriclasse e un leader assoluto capace di vincere anche da solo e partite; puoi essere forte quanto vuoi ma, alla fine, il calcio è sempre un gioco di squadra e se il gruppo non c'è allora non bastano cinque Palloni d'Oro per fare di te un vincente in nazionale.
La situazione burrascosa dell'Argentina, poi, non lo ha aiutato. Altro che mano de dios… per mettere d'accordo quella babele di clan e frondisti nemmeno il carisma di uno come l'ex Pibe sarebbe bastato. Quanto al ct, Jorge Sampaoli, ci ha messo molto di suo per ingarbugliare ulteriormente la matassa.
Morale della favola, il re è rimasto solo. La corte gli ha voltato le spalle e quelli che erano i suoi alfieri (a cominciare da Mascherano) sono stati spazzati via dalla forza, dalla gioventù e dalla tecnica di una generazione (Mbappé) che premeva alle porte e ha aperto la breccia decretando la caduta degli dei. La Pulce e CR7 a casa
Il rientro di Messi è stato particolare per nulla inosservato. Dopo la sconfitta per 4-3 contro la Francia, il ‘dieci' del Barcellona aveva fatto rientro nel quartier generale della Seleccion assieme al resto del gruppo. Quella comunanza, però, è durata poco: ognuno ha pensato a sé stesso. Messi ha preferito andarsene da solo lasciando la Russia alle spalle un giorno prima rispetto alla partenza del volo programmata dalla delegazione argentina tra lunedì e martedì.
Stessa cosa hanno fatto altri membri dell'Albiceleste da Caballero ad Aguero, come confermato dal capo della staff comunicazione che ha motivato una scelta del genere parlando di viaggi e distanze da coprire dai singoli calciatori al rientro verso le rispettive destinazioni. In realtà un episodio del genere ha chiarito, semmai ce ne fosse stato ancora bisogno, che una squadra spaccata non va da nessuna parte. Se non a casa.