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Il Calcio fa bene alle ossa

Massimo Palanca, le magie di O’Rey di Catanzaro

“E’ uno dei sinistri più forti d’Europa” diceva Sandro Ciotti. Ha segnato 13 gol da calcio d’angolo, uno all’Olimpico contro la Roma il 4 marzo 1979, giorno della sua unica tripletta in serie A. “Il calcio fa bene alle ossa” racconta la storia di Massimo Palanca.
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“Catanzaro chiama Roma… 3 1, 3 1”. Chi l'ha visto, e anche chi non c'era, se lo ricorda quel 4 marzo 1979. è il giorno di gloria di Piedino di Fata. Il giorno dell'unica tripletta in serie A di Massimo Palanca. Il giorno in cui segna uno dei suoi 13 gol direttamente da calcio d'angolo e il Catanzaro di Carletto Mazzone con Claudio Ranieri in campo batte la Roma all'Olimpico.

Prima tappa: Frosinone – Massime', pari ‘na molla” gli cantavano i tifosi. E pensare che a Catanzaro nemmeno doveva arrivarci. È un po' una costante nei momenti che decidono la carriera di Piedino di Fata, per quel sinistro numero 37 con cui dispensa magie. Il padre, Renato, è il custode del campo di Porto Recanati. “Eravamo in otto in famiglia, due maschi e sei femmine” ha raccontato. “E noi, io e mio fratello Gianni, più grande di cinque anni e molto più bravo di me, eravamo sempre in campo”. Inizia la carriera a Camerino, poi nell'estate del 1973 Gabriele Guizzo, che lo aveva allenato qualche anno prima, gli procura un provino al Frosinone, in serie C. Nella partitella il tecnico dei canarini Umberto Mannocci, però, lo fa giocare mezzala, ruolo che non gli appartiene. Solo l'insistenza di Guizzo gli vale un posto in squadra per 8 milioni. Il caso gli viene in aiuto: dopo un mese si fa male l'attaccante titolare, Brunello, e Palanca chiuderà la stagione da capocannoniere. La Reggina ha già un'opzione su di lui, ma la retrocessione la annulla, e Palanca a 21 firma con il Catanzaro per la stagione 1974-75. E' l'inizio di una storia che, in due tempi, lo porterà a indossare la maglia giallorossa per 147 partite, con 39 gol, in A e 217 in B, con 63 reti.

Fatal Verona – Arrivai 16 luglio – racconta – dopo un viaggio di 12 ore in treno, la stazione era deserta e andai in bus fino alla sede”. Il presidente Nicola Ceravolo ha rivoluzionato la squadra per la stagione 1974-75. Chiama in panchina Gianni Di Marzio, che conferma solo otto giocatori: Pellizzaro, Gori, Silipo, Maldera, Banelli, Spelta, Braca e Garito. Insieme a Palanca arrivano Ranieri, Vignando, Vichi, Arbitrio, Papa, Nemo e Piccinetti. Palanca si fa male in Coppa Italia per un contrasto duro di Burgnich e debutta in serie B il 13 ottobre. Una settimana dopo segna il suo primo gol, sul campo dell'Alessandria. Il 24 novembre arriva anche la prima rete in casa, che vale la vittoria sull'Atalanta. L'inizio stagione è incoraggiante, il finale triste e doloroso. “Arrivammo allo spareggio per la A contro il Verona e in campo neutro, a Terni perdemmo. Ci stavo così male che quando tornai a casa nelle Marche, ero tanto deluso che addirittura non andai a una cena organizzata dai miei compagni”.

Il debutto in serie A – La serie A è rimandata solo di un anno. Dopo il debutto contro il Napoli, 0-0, Palanca gioca altre 17 partite, segna 5 gol, è il capocannoniere della squadra, ma non evita la retrocessione. Ancora una stagione, poi è di nuovo promozione, sancita dal suo diagonale di sinistro al Como. È di nuovo rivoluzione. Sette arrivi, nove partenze, undici conferme. Nelle prime sette giornate, il Catanzaro segna solo un gol. È una delle perle di Palanca dalla bandierina, contro la Roma, anche se Francesco Rocca sulla linea tocca la palla: è autogol. “Non c’era nessun segreto” ha spiegato Palanca. “A volte andavano 7-8 metri sopra la traversa, ma l’importante era provarci. Quello che non fanno più al giorno d’oggi”. E Piedino d'Oro ci provava anche in allenamento, ogni volta c'erano tifosi che il giovedì si fermavano apposta per vedergli tirare corner e punizioni. Ma un segreto c'era, per l'attaccante con la maglia numero 11 e quei baffoni che a molti allora ricordavano quelli di Mario Moretti, il capo delle Brigate Rosse. Anzi i segreti erano due. C'erano i Lazzarini, i calzolai di Ascoli Piceno del marchio storico Pantofola d'Oro che gli preparavano scarpe su misura, come a Sivori e Rivera. E c'era Claudio Ranieri che, quando Palanca tirava i calci d'angolo, si metteva davanti al portiere a fargli ombra.

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La tripletta alla Roma – Il 4 marzo 1979 il Catanzaro si presenta all'Olimpico con un punto in più della Roma allenata da Ferruccio Valcareggi, il ct della nazionale ai Mondiali del Messico, della partita del secolo e dei sei minuti di Rivera. Al 5′, sotto la curva nord viene assegnato un calcio d'angolo ai calabresi . Si avvicina un mancino, per battere a rientrare. Quel mancino è Massimo Palanca, la palla sale e rientra velenosa, letale, supera il portiere Paolo Conti e come fosse teleguidata entra: il Catanzaro è in vantaggio. Al 24′ Di Bartolomei pareggia su rigore, ma il destino gli undici giallorossi destinati a festeggiare non sono i padroni di casa. Al 43’ Spinosi pressato disimpegna sul portiere, O’Rey arriva prima, anticipa Chinellato e Santarini e fa ancora volare le Aquile. Nella ripresa il Catanzaro non si accontenta e continua a pressare. Al 68’ Zanini ruba palla a Rocca sulla fascia sinistra e crossa per Palanca. La tripletta è servita, l'unica in serie A di “uno dei sinistri più forti d'Europa”, parola di Sandro Ciotti.

La nazionale, il Napoli, il ritorno – Il Catanzaro chiude la stagione al settimo posto e con la semifinale di Coppa Italia persa contro la Juventus. I gol spingono Palanca fino alla nazionale, benché “solo” quella cosiddetta sperimentale, il 12 settembre 1979. In quella partita contro la Germania Ovest, però, ha ricordato Palanca, “con me c'erano Altobelli e Cabrini, futuri campioni del mondo. È stata una grande gioia, il risultato di tutti i sacrifici”. Nel 1981 viene ceduto al Napoli, ma sbaglia subito due rigori in Coppa Italia e si blocca. Lascia i partenopei nell'estate dell'arrivo di Maradona, resterà il suo più grande rimpianto, gioca due anni anonimi a Foligno e nel 1986 torna a casa, a Catanzaro, sceso intanto in C1. Gioca altri quattro anni in Calabria e festeggia un'ultima promozione in serie B.

"Il mio calcio – Il 3 Giugno 1990 O’Rey gioca la sua ultima gara da calciatore. Davanti a un pubblico di pochi tifosi, con la retrocessione ormai sancita, lascia il campo al 70′ di un inutile Catanzaro-Barletta, sostituito da Criniti. È tornato nelle Marche a cercare talenti, è selezionatore della rappresentativa Giovanissimi regionale. È rimasto un simbolo di un calcio genuino e romantico, “Il mio calcio” come ha voluto titolare la sua autobiografia. “Sono un povero diavolo, vivo alla giornata, in provincia, lontano mille chilometri dai grandi centri. Ma la sera, quando me ne vado a casa, Catanzaro diventa Parigi, Roma, New York. Sarò un po' matto ma è così”.

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