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Löw non è Ventura, noi non avevano Reus e Kroos. Contro questa Svezia ci volevano i panzer

Nella sfida contro la Germania per un tempo la Svezia è diventata un caso di studio: è riuscita a imbrigliare i tedeschi giocando un calcio ‘vintage’ all’italiana. La mossa di Löw all’inizio del secondo tempo – togliere una mezzapunta che tendeva ad accentrarsi come Draxler – e inventarsi un centravanti come ala dallo spunto in velocità – come Werner – ha cambiato le sorti del match. Poi Kroos segue i “fratelli” del Real Madrid (Modric, Cristiano Ronaldo) e diventa decisivo per la sua nazionale.
A cura di Jvan Sica
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La Svezia contro la Germania per un tempo è diventata un caso di studio in tutto il mondo (e non soltanto per noi, poveri tifosi da divano per colpa loro). È una squadra che mixa elementi di calcio all’italiana ormai vintage, con accenni addirittura di libero staccato, e principi di calcio moderno come un grande pressing in ri-aggressione dopo aver perso palla. Una squadra con due logiche diverse che però si amalgamano alla perfezione.

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La Germania, come l’Italia di Ventura, per un tempo ci è cascata e si è fatta ingabbiare in un lentissimo possesso palla che non ha portato nemmeno ad un tiro in porta, mentre la Svezia è stata addirittura più frizzante rispetto alle due partite di novembre contro di noi, andando in vantaggio con Toivonen e rischiando altre volte di raddoppiare contro la Germania ancora una volta disordinata e svogliata come contro il Messico. La capacità difensiva della Svezia è davvero un caso unico e si basa su due principi molto semplici:

  • in primo luogo la loro idea chiave è chiudere gli spazi il più possibile, senza inventarsi niente di dinamico, ma restare sempre e comunque statici, in posizione, marcando a uomo quando serve e appunto staccando anche un uomo se attaccati con lanci dalla trequarti.
  • Il secondo principio è cercare di difendere sempre attraverso il corpo a corpo, addormentando il ritmo degli avversari con falli continui, per chiudersi ancora una volta a riccio davanti a Olsen.
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Una squadra che muove palla dal basso e cerca le mezzali in profondità come abbiamo fatto noi nelle partite di spareggio per andare in Russia è facilmente attaccabile dai centrocampisti svedesi che la mettono sul fisico e da questo punto di vista surclassano la maggior parte dei calciatori di tutto il mondo (se non ci riescono i tedeschi a sopraffarli fisicamente, possono provarci in pochi). L’unico modo per mettere in grande difficoltà una squadra come la Svezia è riuscire a muovere la difesa dalle loro posizioni, allargando tantissimo il campo.

La mossa di Löw all’inizio del secondo tempo, ovvero quella di togliere una mezzapunta che tendeva ad accentrarsi come Draxler, e inventarsi un centravanti come ala dallo spunto in velocità, come Werner, è un'intuizione a cui pochi hanno pensato (in primis Ventura, che a novembre continuava a inserire gente che tagliava verso il centro invece di cercare qualcuno che puntasse il fondo e portasse fuori posizione i terzini svedesi).

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E al di là della buona idea del ct, la Germania, se ancora può pensare di andare avanti agli ottavi lo deve anche ad un altro motivo, qualcosa che noi purtroppo in questo momento non abbiamo, un vero numero 10. Reus non ha fatto molto nel primo tempo, mentre nella ripresa ha giocato 20 minuti davvero ottimi, andando in gol, sfiorando il secondo e muovendo la palla tra interno ed esterno del campo come si doveva fare per disordinare la difesa svedese.

Quando ormai il pareggio era scritto poi, insieme al numero 10, la Germania cala un altro asso che all’Italia manca: il grande campione. Kroos segue i “fratelli” del Real Madrid (Modric, Cristiano Ronaldo, ecc.) e diventa decisivo per la sua nazionale. Segna su punizione all’ultimo minuto e all’ottavo si palesa una partita “discreta”: Brasile-Germania.

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