L’Argentina sbilanciata di Sampaoli lascia Messi solo contro tutti (anche sé stesso)
Questa è la storia di due condottieri e di una squadra senza un caudillo. È il paradosso di un campione celestiale in blaugrana e troppo bianco, sbiadito in albiceleste. È racconto di un pareggio dai molti mandanti e dai due colpevoli designati, Jorge Sampaoli e Leo Messi. C'entra il rigore e c'entra un rigore, ma i due fattori per quanto vicini non sono in alcuna relazione causale.
Il paradosso del modulo
All'Universidad de Chile, Sampaoli ha alternato a formazioni più classiche due composizioni apertamente bielsiste, il 3-3-3-1 poi evoluto anche in 3-3-1-3, che si è rivisto peraltro nelle amichevoli della nazionale contro Russia e Nigeria l'anno scorso. Ed è in fondo questa la sintesi migliore che sintetizza l'occupazione degli spazi contro l'Islanda anche se la formazione di partenza è un 4-2-3-1. Nel ruolo di terzino destro parte Eduardo Salvio, che ha passato buona parte della sua carriera da ala. A sinistra spinge Tagiafico, che come Salvio mantiene una posizione molto avanzata: entrambi chiuderanno con tre passaggi chiave.
Mascherano e Biglia si dividono i compiti a centrocampo ma, come dimostra la mappa della rete di passaggi di 11Tegen11, l'Argentina sembra muoversi per lasciare aria a Messi. La Pulga riceve 23 palloni da Mascherano, l'uomo che gli fornisce più passaggi, e ne direzione dieci verso Aguero, più che ad ogni altro compagno di squadra.
Sampaoli vorrebbe fare di Messi la libertà che guida il popolo. Jorge Valdano un giocatore così l'ha conosciuto, l'ha visto, e da lui ha aspettato un passaggio che non sarebbe mai arrivato perché intanto quel giocatore, Maradona, trasumanava in un aquilone cosmico contro l'Inghilterra all'Azteca. Valdano è cresciuto con un allenatore, quel Cesar Menotti campione del mondo nel '78, che per stimolarlo a dare tutto gli diceva di mettere in campo tutti i suoi sogni. Per Valdano, come racconta a David Cooper dell'Observer, “Messi è il primo genio del ventunesimo secolo, l'ultimo anello di congiunzione fra la strada e l'accademia. Per Maradona il pallone era uno strumento musicale, per Messi uno strumento e basta, e lo usa con uno straordinario senso di efficacia”. Ma contro l'Islanda tutto questo non si è visto.
Il paradosso dello spazio
La libertà ha un suo prezzo. Quella di Messi si trasforma nell'annullamento, un po' auto-indotto, di Meza e Di Maria. Merito delle chiusure di Kari Arnason e Ragnar Sigurdsson, colpa di un'Argentina che sviluppa un possesso palla ricamato e troppo lontano dalla porta. In effetti, la squadra che dovrebbe votarsi all'ampiezza si riduce alla testarda ricerca del centro.
E Messi, che boccheggia e indietreggia alla ricerca di spazio vitale e palloni da smistare, complica il lavoro di Biglia e Mascherano. Volante l'uno, pivote l'altro, è a loro che Sampaoli chiede di guidare la transizione dalla difesa. Ma con un Messi così arretrato fanno fatica a incidere, anche se alla fine del primo tempo Mascherano ha toccato più palloni da solo di tutta l'Islanda messa insieme. La Pulga, ha detto Mascherano al'Observer, “è due se non tre giocatori insieme: si occupa della fase creativa, degli assist e conclude in porta”.
Il paradosso della rigidità
El Jefecito, però, ormai è un piccolo capo solo di nome. E il Piccolo principe della Lazio non si spinge molto più in là della sua zona di competenza sul centro sinistra. Finché il possesso palla a basso ritmo può bastare, funzionano. Quando c'è da arginare un ribaltamento, molto meno.
In questo l'Argentina è in una rischiosa linea di galleggiamento che in Italia conosciamo fin troppo bene. Perché Sampaoli ha principi chiari anche se Bielsa ha detto che in fondo è molto più flessibile di lui. Ma questo meccanismo con due registi di costruzione e due terzini alti richiederebbe almeno un elemento a cucire il gioco fra centrocampo e attacco, e non è il ruolo né di Messi né di Aguero. E soprattutto richiede due difensori veloci di gamba e di lettura, e né Otamendi né Rojo corrispondono del tutto al profilo. L'Argentina si è affidata al ct con il profilo migliore almeno dai tempi di Basile, scelto anche per la sua mai nascosta visione di gioco. Ma questo ct non ha gli uomini adatti per interpretarla. Tuttavia, come spesso capita, ha tentato di adattare gli uomini alla teoria e non di cambiare la teoria per corrispondere agli uomini. Il risultato, in questi casi, raramente soddisfa.
Il paradosso del leader
Non c'è dubbio che contro l'Islanda sia emerso un problema Messi in nazionale, al di là del rigore. È emerso perché lui non è la libertà che guida il popolo, è rimasto il ragazzo con l'audacia delle menti libere che gioca a pallone. In questo sì, e fino in fondo, anello di congiunzione fra la strada e il calcio d'accademia. A Barcellona non ha sulle spalle la responsabilità del caudillo, della guida: per quello c'erano Xavi e Iniesta e c'è Busquets. In Argentina la sente eccome, e questo modulo non fa che ingigantire la consapevolezza e renderlo sì pulce, piccolo e non solo perché l'altezza media degli islandesi supera di una decina di centimetri quella degli argentini.
L'euilibrio aumenta con l'uscita di Biglia e l'ingresso di Banega, che prende davvero la posizione di collante fra le linee e diventa il cuore del gioco. L'ingresso di Higuain e Pavon, più influente di Di Maria nell'assetto finale, non fa che restringere le posizioni in attacco e chiamare Salvio a una maggiore prudenza. Così, nel momento in cui l'Argentina avrebbe dovuto allargare le maglie dell'Islanda ha finito per addensarsi ancora di più in mezzo, Ma questo calcio non fa più per i milongueros che hanno imparato a dribblare negli spazi stretti del potrero.
Tornare al 2-3-3-2?
A questo non è del tutto da escludere che torni la fascinazione di Sampaoli per il suo 2-3-3-2, magari con Mascherano davanti alla difesa pronto in caso ad abbassarsi fra i centrali, e Messi più avanti a dialogare con una prima punta. Una costruzione che potrebbe sfruttare la superiorità in mezzo contro la Croazia senza lasciare troppi spazi scoperti sulle fasce. E in cui poter riscoprire Dybala come “guastatore”, anche partendo da destra con licenza di tagliar dentro e scambiare con i due davanti. Messi, che per Mascherano influisce sulla prestazione collettiva, avrebbe un peso più leggero e una squadra più armonica a ruotargli intorno. E potrebbe restare, come fa meravigliosamente a Barcellona, un pibe condottiero che si accontenta di far felici giocando a pallone.