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Sarri, giusta la sostituzione di Ronaldo ma se non sta bene è meglio che non giochi

Cristiano Ronaldo, sostituito al 54′ di Juve-Milan, sbotta e lascia lo stadio prima della fine della partita. Sarri minimizza, parla dei problemi al ginocchio del portoghese. Ma se un campione come CR7 non è al 100%, è meglio non farlo giocare che sostituirlo così dopo una palla persa. Il portoghese non è un giocatore come gli altri.
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Minuto 54, Cristiano Ronaldo perde l'ennesimo pallone di una serata ombrosa, Maurizio Sarri si volta verso Dybala e ordina il cambio. E' la svolta della partita, perché Dybala e Douglas Costa allargano la difesa del Milan e costruiscono, con Higuain, il gol della vittoria sul Milan. Ma è anche l'inizio del primo "caso" della gestione Sarri alla Juve. Perché Cristiano Ronaldo esce dal campo, sbotta, e se ne va dallo stadio prima della fine della partita. In Italia, non era ancora arrivato a simili manifestazioni di insofferenza verso l'allenatore.  CR7, che sarà impegnato con la nazionale contro Lituania e Lussemburgo per difendere il secondo posto nel girone e un posto agli spareggi per Euro 2020, ha sicuramente sbagliato e certamente giocato una delle sue peggiori partite in Italia. Ma se non è al massimo, è meglio che non giochi proprio. Trattarlo come gli altri a partita in corso può creare più problemi di quanti ne risolva. Al di là dei tre punti guadagnati.

Sono infortunato? Non mi fai giocare

"Ronaldo non è un problema, anzi. Bisogna per prima cosa ringraziarlo perché si è messo a disposizione in condizioni fisiche non eccezionali" ha detto Sarri. "Ho preferito sostituirlo perché non stava benissimo; se si arrabbia è normale. E ad un allenatore fa anche piacere; io sarei preoccupato del contrario". Però, aggiunge, "se è vero che se ne è andato prima della fine, è un problema da risolvere con i suoi compagni”.

Ma se non è in condizione, un campione che su di sé accentra attenzioni e palloni come nessun altro rischia di essere più un problema che una soluzione. A maggior ragione in una configurazione tattica come quella iniziale in cui la Juve ha rinunciato all'ampiezza per tentare di giocare in profondità e incunearsi in area al centro.

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Rischio di farmi male? Mi tieni in panchina

Cristiano Ronaldo, nei 54 minuti in cui è rimasto in campo, ha ricevuto 32 palloni di cui uno solo in area. Si è mosso liberamente da destra a sinistra, ha completato 21 passaggi su 28, di cui 14 all'indietro e solo sei verso la trequarti offensiva, e tentato una sola conclusione in porta, da fuori area. Un solo dribbling riuscito sui quattro tentati ha illuminato la sua partita, in cui non ha offerto alcun contributo alla fase difensiva.

“Nell’ultimo mese, Ronaldo ha avuto un problema al ginocchio dopo un colpo in allenamento a inizio ottobre. Ha un piccolo risentimento al collaterale, quando gioca va incontro a dolori e squilibri, con problemi agli adduttori. Non può allenarsi bene o più di tanto, ha problemi anche quando calcia. Così è condizionato” ha detto Sarri.

Certo, se Cristiano Ronaldo è disponibile e convocato, anche per il suo status di icona e simbolo della nuova politica della Juve, tenerlo in panchina è una scelta non semplice che certo passerebbe ancora meno inosservata soprattutto se portata avanti da un allenatore con principi rigidi ma alla prima esperienza con uno dei club di riferimento del calcio europeo (la Juve è un upgrade innegabile rispetto a Napoli e Chelsea, che comunque sono da considerare squadre di vertice). Per tenerlo a riposo, non convocarlo avrebbe evitato dissidi.

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Perché la sostituzione al 54′ e non all'intervallo?

Nel calcio, la forma è sostanza. Il minuto in cui avviene una sostituzione porta con sé simbolismi che generano rabbia da sbollire per chi esce, se avviene troppo presto, per chi entra, se talmente tardiva da passare per irrispettoso contentino. Ancora si discute dell'opportunità della staffetta Rivera-Mazzola a sei minuti dalla conclusione della finale del Mondiale 1970 già compromessa contro il Brasile. Montella ha dato del "pezzo di m…" a Capello che gli concesse solo gli ultimi sette a Napoli nell'anno dello scudetto giallorosso. E si è attirato critiche anche per la sua gestione fin troppo parsimoniosa di Del Piero, che con lui alla Juve non è mai andato troppo d'accordo. E molto si è discusso delle panchine di Totti con Spalletti prima dell'addio alla Roma.

Ma ci sono anche i risentimenti di chi viene sostituito e ritiene quella scelta un segno di poca riconoscenza. Resta nella storia della nazionale il "vaffa…" al ct Valcareggi di Chinaglia, che certo non aveva proprio un carattere facile e al Santos arriverà a spedire a quel paese pure Pelé per aver tirato invece di passargli un pallone durante una partita dei Cosmos di New York.

Ronaldo per la Juve non è solo il campione che dovrebbe risolvere le partite, e che adesso sembra finito prigioniero del suo stesso personaggio e dei suoi sovralimentati, ma giustificati, sogni di grandezza. E' un investimento sul futuro, è il primo passo nell'assunzione di un nuovo status. Un capitale da far fruttare, in campo e fuori.

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Se mi vuoi cambiare, dimmi almeno perché

Un allenatore ha il decisivo compito di far rispettare le regole. Di prendere decisioni che allo stesso tempo siano giuste e sembrino giuste, come ha più volte sottolineato Julio Velasco, il tecnico che ha saputo gestire e creare la generazione di fenomeni della pallavolo italiana e mondiale negli anni Novanta. Essere e sembrare giusti quando in squadra c'è un giocatore "fuori scala" non è facile. I compagni di Maradona a Napoli hanno accettato che per il Pibe de Oro non valessero le stesse regole, che potesse godere di privilegi per quel suo status: in cambio hanno ricevuto gloria riflessa e mai una parola fuori posto per un controllo sbagliato, per non aver capito la direzione di un passaggio, per non essere stati all'altezza degli standard del più grande genio del calcio.

Trattare con Cristiano Ronaldo, certo fuori scala rispetto alla Serie A ma meno aggregante, comporta una necessaria assunzione di responsabilità, verso di lui e verso i compagni. Trattarlo come gli altri non è una scelta senza conseguenze. Certo, Sarri non è più l'allenatore appena arrivato dall'Empoli che nei primi allenamenti del Napoli dava indicazioni su come mettere il corpo a un campione del mondo come Albiol e ripensandoci non riusciva nemmeno a crederci. E' un allenatore che ha costruito il Napoli del record di punti, che ha vinto un'Europa League al Chelsea con mezza squadra e buona parte della tifoseria contro a un certo punto della stagione. Però, sostituire un campione-brand per un momento di impazienza dopo un pallone perso è anche peggio di un'eventuale sostituzione all'intervallo, in cui ci sarebbe comunque il tempo per un confronto, per una spiegazione al giocatore. Per trovare un punto di incontro.

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Non è presunzione, non si può trattare CR7 come gli altri

Sostituire così un Callejon, un Mertens, un Insigne o anche un Hazard non è la stessa cosa. Cristiano Ronaldo ha fatto vendere un milione di magliette nella scorsa stagione, ha garantito quasi 60 milioni di ricavi tra botteghino e introiti commerciali, è il fattore che ha spinto Adidas a raddoppiare il valore della partnership con la Juve, mentre l'entità della sponsorizzazione di Jeep è cresciuta di altri 25 milioni.

Ha segnato più di 700 gol, è il calciatore più seguito sui social. Su di lui la Juve ha costruito un piano di sviluppo a lungo termine, mettendo in conto un peggioramento dei conti sul breve periodo, che ha richiesto un bond emesso lo scorso febbraio e la previsione di un aumento di capitale fino a 300 milioni. CR7 è il grimaldello degli Agnelli per scalare l'Europa. Non può essere uno come gli altri. Per parecchi milioni di motivi.

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