Juve lenta ma più vicina al titolo. Orsato inadatto. Spalletti, perché togli Icardi?
Si parlerà, si sta già parlando, di bidoni e sensibilità, di anarchia e di libertà. Nel grande bar del web, in cui gli amici saranno anche molti più dei quattro della canzone, la partita si racchiude nelle decisioni di Orsato, nel giallo che diventa rosso a Vecino, nel metro ancora troppo affidato alla discrezionalità nell'uso del VAR. Il rosso che diventa colore della passione di una squadra che per 85 minuti tiene, con l'uomo in meno, e sogna la vittoria che potrebbe riaprire la stagione. Il rosso che si fa colore della rabbia per un cambio a Icardi che è prefigura del disastro, di due gol subiti in due minuti. E' il rosso di una Juve che passa dal nero fumoso di un anno a rischio a un all-in da casinò che la riporta padrona del suo destino. E' il trionfo da rivincita di Higuain, dopo il suo digiuno più lungo in Italia.
Juve, scudetto più vicino
La superbia, diceva Schopenhauer, "è una grande stima di se stessi che procede dal proprio interno, ed è quindi diretta". Per questo rende taciturni, silenziosi, ripiegati su se stessa come la Juventus che si salva con Santon che manca la chiusura su Cuadrado e il colombiano costruisce il pareggio con un'intuizione da posizione strettissima favorita dalla deviazione di Skriniar. Un'autorete che spegne i sogni Champions e accende la rabbia dei tifosi dell'Inter.
Il finale di partita cambia scenari, emozioni, luci ed emozioni. Spalletti cambia Icardi e in due minuti l'Inter che era sopra, senza soffrire poi troppo, con l'uomo in meno, si ritrova sotto in due minuti. Dal minuto 86 al minuto 88, i bianconeri riscrivono la storia della stagione. Lo fanno con il Pipita, con la zampata di Higuain criticatissimo dopo il Napoli e il Real. Così, la vittoria dell'orgoglio vale più dei tre punti persi e poi ripresi e del punto di vantaggio ritrovato sul Napoli, sempre che gli azzurri vincano. E' una mazzata ai sogni degli azzurri, la riaffermazione che una battaglia non vale la guerra, che i sei anni di trionfi consecutivi lasciano una mentalità che nelle occasioni complesse, dove emerge il valore degli uomini, poi si rivela. Certo, è una vittoria che non nasconde le difficoltà di una squadra che corre troppo poco, che non riesce ad affondare nemmeno con l'uomo in più, che alle intuizioni e alle ossessioni per il successo si affida quando non ha altre strade, quando le gambe non sorreggono la testa e la mente disegna cupi orizzonti, zavorrata da esuli pensieri nel vespero migrar di un campionato teso e incerto come nessuno in Europa.
VAR, serve più chiarezza
La bellezza della coreografia si annebbia, annega in una nuvola rossa di rabbia per una decisione che a vent'anni da Ronaldo-Iuliano è destinata a uno strascico egualmente intenso ma forse meno duraturo. Appare severa l'espulsione, dopo verifica diretta al VAR, per il pestone di Vecino su Mandzukic, considerato come gesto che manifesta una forza eccessiva e uno scarso controllo. La questione però rimane: l'iniziale assegnazione del giallo costituisce un chiaro errore dell'arbitro che giustifichi il successivo intervento degli assistenti al VAR?
Orsato fa discutere anche per la convalida del gol della Juventus, non c'è il tocco di Matuidi di testa sul lancio di Cuadrado, per cui Douglas Costa non è in fuorigioco e la responsabilità principale resta quella di Candreva.
I nerazzurri protestano per un rosso mancato a Pjanic, già ammonito, e con qualche ragione. Candreva tenta un riscatto dalla distanza, con un tiro dei suoi che Buffon disinnesca con una deviazione non chiarissima a una prima impressione. Ma la confusione aumenta sul 2-0 inizialmente convalidato da Orsato, che va direttamente verso il centro del campo e il VAR nemmeno lo vuole vedere. Poi, dopo le proteste e un silent check evidentemente non proprio banale vista la lunghezza, annulla. Tre interventi del VAR segnano dunque un primo tempo complicato. Agnelli che lo invoca anche in Europa evidentemente ha le sue ragioni. Chi nelle incertezze di un primo tempo durato di fatto quasi un'ora vede solo lati oscuri, trova nuove prove a sostegno della prudenza.
Inter in 10, la Juve troppo lenta
I nerazzurri, che in casa non avevano subito gol nelle ultime quattro giornate in casa, speravano di raggiungere le cinque gare interne di fila senza gol subiti in campionato per la prima volta da aprile 2010. Ci provano a ripartire, a contenere gli spazi e ripartire alle spalle del centrocampo di una Juve che non rimane due gare di fila senza segnare da novembre 2012.
Nella sfida tra due delle tre squadre (al pari della Roma) che hanno concesso meno gol da fuori area in questo campionato (tre ciascuna), la Juve con l'uomo in più, nonostante la lezione con Napoli e nell'ultima mezz'ora al Bernabeu, quasi smette di giocare per il primo tempo. Douglas Costa, coinvolto nelle ultime sei marcature bianconere in campionato, prova ad alimentare un Higuain che si muove bene, che cuce il gioco, che fa salire la difesa nerazzurra. Ma c'è fin troppa attenzione agli aspetti di gestione del possesso, alle coperture preventive, che con l'uomo in più e un vantaggio rassicurante ma non troppo, in campo come in campionato, non paga poi più di tanto.
Pareggia Icardi, l'Inter ci crede
La troppa prudenza di una squadra che si abbassa troppo presto si rivela nel quarto gol che la Juve concede in Serie A da corner sugli ultimi sei; salgono così a 11 i gol concessi su palla inattiva dalla Juventus su 21 totali incassati, una percentuale record in questo campionato.
Salta, per la rabbia di Barzagli, la marcatura su Mauro Icardi che ha segnato otto gol in 11 partite di Serie A contro la Juventus, quattro nelle cinque presenze di campionato al Meazza.
Rivelatoria dei piani di Allegri l'esclusione di Dybala che nelle ultime due presenze in campionato, pur giocando 133 minuti, non ha effettuato alcun tiro e ha toccato solo quattro volte il pallone nell’area avversaria. La Joya non incide, la Juve si tiene, non accelera, non ne facilita le ripartenze. Eppure potrebbe sfruttare la sua corsa fra le linee e le difficoltà di Cancelo a coprire la sua zona con Spalletti che chiede all'Inter una difesa sempre alta.
La Juve fatica, che errore togliere di Icardi
Con l'uomo in più, una Juventus stremata non sembra averne più. Il fotogramma della crisi della Juventus, della grande illusione dell'Inter è nella scivolata di Cuadrado sulla sterzata di Perisic. Il suo cross rimbalza sullo stinco di Barzagli e l'Inter, a sorpresa se ci si ferma alle condizioni e alla teoria, anche meritatamente se si osserva la compattezza di interpretazione della partita, ribalta la partita e probabilmente la lotta scudetto.
Perisic è attivo, determinato, centrato. Icardi gioca da capitano che trascina, da condottiero che compare nel tintinnar di spade, nel calor della battaglia. Nella Juve il cuore rallenta ma la testa non cammina. Fino a quegli ultimi due minuti prima del recupero, fino ai rimpianti di Spalletti e a un cambio, l'uscita di Icardi, che fa intuire un futuro diverso, che prefigura un'altra storia. Un grande del tennis, Bill Tilden, diceva: cambia sempre un piano che sta funzionaldo, non cambiare mai una strategia che funziona. Spalletti ha dimostrato che può essere difficile rispettare questa regola base. E stavolta la sensibilità non c'entra.