Italia, basta piangere. Vinciamo, andiamo al Mondiale. Poi facciamo i conti

Sudare la maglia, lottare su ogni pallone, scendere in campo con i famosi occhi della tigre. Il resto, poi, lo farà l'urlo di San Siro. E' questo quello che dovranno fare Buffon e compagni nella partita della vita contro i modesti svedesi. Dimenticarsi tutto è l'imperativo. Il biscotto (ormai andato a male), la brutta partita di Solna, le provocazioni, Ibra che applaude in tribuna, la sicurezza mostrata prima e della gara ("Andremo ai Mondiali") e il piagnisteo tipicamente italico contro l'arbitro.
La grinta (che non c'è) di Gian Piero Ventura
Resettare tutto, please. E ripartire mettendo in campo tutto. Gli attributi in primis. Bisogna però farlo in fretta, perché siamo in piedi davanti al burrone, a pochi centimetri dallo strapiombo e con un nemico pronto a darci l'ultima spinta decisiva. C'è bisogno di aggrapparsi a qualcosa. L'Italia del calcio deve fare tutto ciò che allo stadio "Friends (nome quanto mai inappropriato) non si è visto. Dopo la sconfitta in Svezia, ora il nostro movimento ha bisogno di un generale e di soldati pronti ad una battaglia senza appello. Riuscirà Ventura a trasformarsi nella versione più "incazzosa" di Antonio Conte?

L'esempio della Nazionale di Lippi
Se il commissario tecnico non sarà però in grado di comandare la truppa e portarla in guerra, che lo facciano i giocatori più esperti come Barzagli, Bonucci e Chiellini. Lo facciano Buffon e De Rossi: gli unici superstiti del Mondiale 2006. Ecco, proprio Gigi e Daniele dovrebbero parlare ai compagni. Dovrebbero chiudere tutti dentro lo spogliatoi, buttare la chiave e spiegare a chi ha fatto la figura del "fighetto" davanti a gente come Granqvist, Ekdal e Krafth (scarti o panchinari del nostro campionato), come una nazionale sputtanata da tutti dopo Calciopoli riuscì a reagire alla strafottenza di tedeschi e francesi e vincere un Mondiale che ancora tutti oggi ricordano.
La lezione di De Rossi e Buffon
Dovrebbero tenere un corso su gente come Gattuso, Materazzi e Camoranesi: giocatori che, se trattati male, di certo non ti avrebbero fatto uscire dal campo con il sorriso sulla bocca. E' una questione di orgoglio, di cuore, di voglia di mangiarsi l'erba di San Siro: uno stadio che, se vuole, è capace non di segnare un gol ma di bloccare le gambe anche agli avversari più forti. E questo Andrea Pirlo dovrebbe saperlo.

Ventura convochi gli eroi azzurri
Potessero parlare gli "anelli" del Meazza, racconterebbero a "pischelli" come Belotti e Verratti di quanto sangue hanno sputato su questa terreno vecchi protagonisti del calcio italico: calciatori che hanno lasciato tutto sull'erba. Di quanto uomini come Zoff, Gentile, Baresi, Maldini, Baggio (la lista è molto lunga) hanno davvero lanciato il cuore oltre l'ostacolo. Campioni indimenticabili che, se potessero, tornerebbero a vestire la maglia azzurra anche da quarantenni e anche con una gamba sola. Richiamateli e riportateli a Coverciano. Loro sì che avrebbero qualcosa da insegnare.