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Gli eroi dei Mondiali: Iniesta, l’ultima avventura del Cavaliere Pallido

Seconda puntata degli eroi dei Mondiali. Iniesta ha un soprannome da cowboy, Jinete Palido. Fa parlare il campo, non sopporta le ingiustizie come il Tex di Bonelli. Ha esordito in Coppa del Mondo davanti al re in una formazione di riserve. Segnerà il gol più importante nella storia della nazionale.
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“Per tutti i diavoli, che mi stiano ancora alle costole?”. Se lo chiede il cowboy bonelliano, Tex Willer. Se lo chiede il cowboy del pallone ogni volta che un avversario ne intuisce le mosse, ne segue il pensiero laterale. Eppure, come i cowboy degregoriani, è animale veloce, le sue strade non hanno incroci. Seguoe una stella in un rettangolo verde, e il futuro per loro è una cosa bella, anche quando si siede scalzo sul prato che ne ha illuminato le visioni. Una strada bella come vincere un Mondiale, come segnare il gol della finale, per un cowboy che quella stella l'ha seguita dalla Mancha, come Don Chisciotte. Ha un soprannome uscito da un film di Clint Eastwood, el Jinete Pálido, il Cavaliere Pallido. È delicato, parla poco, fa parlare il campo. Si chiama Andrés, Andrés Iniesta.

"Prima o poi mi ritroverò su una nuvola"

C'è anche Re Juan Carlos, con la regina Sofia, nella festa “de los suplentes”, il ballo delle riserve allo stadio Fritz Walter di Kaiserslautern. La Spagna è già prima e già qualificata nel gruppo H a Germania 2006. Aragonés si fida di questa squadra, della Spagna-bis, come dei titolari. E a loro si affida contro l'Arabia Saudita. Intanto il principe sultano Fahd Bin Abdulaziz, presidente della federcalcio saudita, promette il doppio del premio promesso se battono gli spagnoli: 52.000 euro a testa.

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Iniesta è il totem misterioso contro i sauditi che non saranno “lo sceriffo coi suoi scagnozzi” ma fanno la loro figura in quel match che è di fatto solo un riempitivo, come la prima storia della serie di Tex, e invece diventa il primo tassello di uno dei successi del secolo. Il re, che si aspetta una goleada, non si diverte: finisce solo 1-0. Iniesta, scrive Giancarlo Galavotti sulla Gazzetta dello Sport, “non impensierisce mai Xavi, che lo scruta dalla panchina, sicuro che il suo posto tra i titolari non è in forse”. Ma il totem misterioso, come l'inossidabile raddrizzatore di torti di Bonelli, assapora il traguardo che verrà: prima o poi “va a finire che mi ritroverò su una nuvoletta a suonare l'arpa!”.

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El Morisco

“Ancor prima che gli dei apparissero sui loro destrieri dorati, per guidarci alla vittoria, neri falchi, ambasciatori di sventura, hanno artigliato le speranze di gloria del popolo eletto”. Il rimpianto della principessa Tulac è il rammarico di un Cile battagliero e visionario.

In campo, contro la Spagna, recita da star, anche meglio dei criticati protagonisti di Tex e il signore degli abissi, esperimento mai ripetuto di film sul cowboy con Giuliano Gemma. “Attenti al monaco rosso” avvertiva Tex, nella prima apparizione del Morisco. Bielsa, ispiratore e ct della Roja a cui basta un pareggio per qualificarsi, alla Spagna nel 2010 mette paura davvero. Il cowboy Iniesta ha bisogno di un alleato, “el guaje” Villa. Bielsa gli mette addosso il suo marcatore più ruvido, Medel, ma Villa segna e incanta. La Spagna, quasi contro natura, aspetta e riparte. Villa si trova libero sulla sinistra e appoggia su Iniesta, il piatto destro fila sottile e letale per il 2-0. Non segnava in nazionale da due anni, firma il suo primo gol in un Mondiale, il centesimo per la Spagna. Il cowboy Iniesta e il non più torero Villa, che non esulta col gesto delle corna, fanno volare la generazione di fenomeni in Sudafrica.

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Travestirsi da lupo

“Se un coniglio volesse entrare nella tana di un lupo, la cosa migliore da fare sarebbe travestirsi da lupo”. Ha passato tutta la vita a imparare come fare Iniesta, “l'uomo che litiga ogni giorno col re sole” diceva Reina animatore della festa post trionfo europeo del 2008, dopo la finale contro la Germania. Il programma sarcastico-sportivo «Cracovia» lo prende sempre in giro per la sua pelle da neonato. È un ragazzo d' oro, ha una fidanzata normale, il fisico esile e un principio di tristezza in fondo al cuore per la morte del suo amico Jarque. A inizio febbraio 2010, raccontano i dati, a Barcellona si è registrato un aumento delle nascite del 45% rispetto alla media. Nove mesi prima il Barça aveva vinto 6-2 con il Real e pareggiato nella semifinale Champions col Chelsea. L'obiettivo, quando ritrova la Germania nella semifinale del 2010, non è la rivincita, è la finale. In quei 90 minuti è lui, il Cavaliere Pallido, a illuminare. E sono i tedeschi, con la rosa più giovane, quando prendono palla, a cercare di travestirsi da lupi e imitare il gioco spagnolo. Ma l'originale si impone.

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Felicità

La Spagna è il Brasile del Mondiale 2010. La finale si gioca a Johannesburg, ma l'orizzonte si congiunge a Madrid. Sulla panchina spagnola c'è Del Bosque, in campo per l'Olanda Sneijder e Robben, tutti e tre in tempi diversi scartati da Florentino Perez, il presidente del Real che fu dei Galacticos. “Piantatela di disturbare” potrebbe dire uno dei due olandesi che hanno attraversato la storia dei blancos. “O cosa?” possiamo immaginare l'inventore delle trame più ardite, il Cavaliere Pallido che sospinge l'estetica a condizione necessaria per il raggiungimento dell'utile. “Okay, affare fatto. Dopo lo spettacolo ci vediamo all'uscita del teatro!”.

Il teatro è il palco a cui il mondo guarda, il rettangolo di prato verde dove nascono e muoiono speranze, dove i calciatori, come gli uomini tutti, scoprono che il futuro viene dal passato, che l'oggi è il risultato delle scelte e delle strade non percorse.

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"Prima della coppa del mondo 2010 non ero al top” ha confessato a So Foot nel 2014, “avevo avuto una leggera depressione. Si erano accumulati diversi problemi personali. Avevo anche avuto parecchi malanni fisici…mi sentivo fragile. Ma tutti attraversano momenti del genere almeno una volta nella vita, no?”.

L'apoteosi arriva in un momento, e dura una vita. "Tutto è stato molto veloce. Mi sono visto solo ed ho pensato di essere in fuorigioco. Cesc mi ha visto e in modo fantastico mi ha servito con un passaggio molto rapido. Quando ho ricevuto il pallone sapevo che dovevo fare gol perché andare ai rigori sarebbe stato terribile".

Il giuramento

“Suona l'accidenti che vuoi, purché sia qualcosa di allegro”. “Meglio la marcia funebre, Amigo!… Sarà più indicata per ciò che sta per succedere!”. Il Cavaliere Pallido, l'Aquila della notte della Spagna, non si aspetta quel che sta per succedere in Brasile. La Spagna ricomincia dall'Olanda la difesa del titolo, ma Iniesta sembra giocare da solo. Il buio attraversa la squadra un tempo più scintillante del mondo. L'Olanda vince 5-1. Sarà una breve, dolorosa, discesa all'inferno che galoppa sotto una nazionale che smette di essere gruppo, di essere squadra, in cui affondano tutti come singoli.

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“Nella vita devi sapere come affrontare le grandi gioie e le grandi delusioni” dice Xabi Alonso, “non abbiamo saputo mantenere la motivazione, la fame, la convinzione per lottare per il titolo”. “Hai commesso due errori” sembra dire Iniesta, “ il primo è stato quello di parlare, il secondo di non tacere”. Non condivide, non è questione di poca volontà: è che manca lo spirito di squadra, il blocco Real e il blocco Barcellona restano entità troppo distinte perché il gioco possa funzionare. L'ultima immagine del Mondiale è l'abbraccio con lo “sceriffo” Del Bosque. “Entro domani dovrete aver lasciato la città” sembra dirgli in un sussurro, all'orecchio. "Mi farò un nodo al fazzoletto, sceriffo, così me lo ricorderò…".

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