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Fifa World Cup 2018, i Mondiali in Russia

Gimenez all’ultimo respiro, vince l’Uruguay ma le stelle stanno a guardare

Suarez è il peggiore in campo, Salah resta in panchina 90 minuti. Cavani protagonista nel finale. Ma la rete decisiva, la prima in una competizione FIFA, la segna Gimenez all’89’. L’Uruguay non vinceva la prima partita in un Mondiale dl 1970. L’Egitto di Cuper resta la nazionale africana con più match in Coppa del Mondo ancora senza vittorie.
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La commozione dei tifosi avvolti nella bandiera e le lacrime di Tabarez, malato e con le stampelle, mentre canta l'inno nazionale. Resta questo il racconto più denso di un match dimenticabile per 80 minuti e oltre, che si perde tra gli errori di Suarez, Pistolero mai così inceppato, e la difesa ordinata di un Egitto che dà tutto. Ma arriva la stanchezza, si illumina un Cavani bello e sfortunato che suona la carica. Ma questa che doveva essere la sfida dei grandi campioni, si trasforma nel trionfo del ballerino di fila Gimenez che di testa salta e come una stilettata traccia il suo primo gol in carriera in una competizione FIFA.

Vittoria sofferta

L'Uruguay crea di più, senza dubbio, ma la vince di tenacia e di fatica. La Celeste, che non vinceva all'esordio in un Mondiale dal 1970 e ha perso solo una delle ultime nove partite nella fase a gironi del Mondiale e col calcio ha sempre misurato e sconfitto un certo senso di accerchiamento rispetto a Brasile e Argentina. L'Egitto ha il merito di dare tutto e di sfoderare una solida orchestrazione difensiva. Prodotto non secondario della visione di un argentino troppo presto etichettato come perdente, arrivato in nazionale quando il campionato era fermo e la nazione in un sommovimento carico di incertezza e paure, in quell'Egitto dove Giulio Regeni troverà una morte ancora senza verità.

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Suarez colpisce a salve

L'Uruguay si allinea e si copre contro l'Egitto, alla prima al Mondiale dal 1990. Non salgono i terzini Caceres e soprattutto Varela, che al 14′ alla prima vera incursione crea la prima chance ma la frtta per Suarez non è buona consigliera.

"Mi piace allenare, il calcio è passione" diceva l'anno scorso Cuper al Guardian. "Molti vorrebbero vedere tre o quattro gol a partita, forse il nostro non sarà un calcio meraviglioso, ma devi fare quello che credi possa funzionare". E funziona la formazione di due linee strette e compatte in fase di non possesso, che occlude le linee di passaggio alla Celeste che sta attraversando una fase di transizione da squadra di reazione a squadra di risposta pur nel segno della continuità: undici dei convocati c'erano anche quattro anni fa e in sette facevano parte anche della rosa a Sudafrica 2010.

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L'Uruguay, che non vince la sua prima partita in un Mondiale dal 1970, sale al ritmo bailado del possesso orchestrato da Vecino e Bentancur, che dopo 20 minuti toccano già 35 palloni in due. Il centrocampista bianconero, nota anche Martin Keown che commenta per la radio della BBC, non sempre maschera la tendenza a tenere troppo il pallone. Il possesso della Celeste, chr alza la pressione, trova più facilmente sbocchi a sinistra. Vedere per credere l'inserimento con palleggio annesso e tiro al volo di Cavani deviato da Gabr. Le marcature dei Faraoni saltano, ma il Pistolero Suarez, coinvolto in sette degli ultimi 13 gol dell’Uruguay ai Mondiali (cinque reti, due assist), stavolta spara a salve: colpisce sporco dal limite dell'area piccola e il gol è solo un illusione per tanti a Ekaterinburg, al confine fra due continenti, dove lo zarismo finì a colpi di fucili e baionette.

A destra, alla Celeste servirebbe più supporto da Nandez, che però al Boca gioca più da interno così è più frequente vederlo occupare gli spazi di mezzo lasciando che sia Varela ad aumentare ampiezza e linee di passaggio. L'Egitto, molto disciplinato in fase di copertura, manifesta strategie più basiche per l'uscita bassa del pallone, che spesso si sintetizzano nel lancio lungo di Heghazy, il secondo giocatore più utilizzato da Cuper nel cammino di qualificazione (540′, secondo solo a Mohamed El Neny).

Egitto, difesa da manuale

El Shenawy, che spinge in panchina El Hadary e salva il primato di longevità di Mondragon in campo a 43 anni con la Colombia, frena ancora gli entusiasmi di Suarez all'alba della ripresa su una gran palla di un adombrato Cavani.

Non spicca nemmeno Mahmoud Hassan che i suoi primi allenatori hiamavano Trezeguet, un soprannome che ormai è diventato ufficiale e ha attirato anche l'attenzione dell'originale. "I capelli non sono di sicuro i miei" ha scherzato, "ma chiederò a mio padre se è già andato in Egitto".

I Faraoni, alla prima contro una nazionale sudamerticana nella fase finale dei Mondiali, addomesticano la Celeste che fa correre il pallone senza avanzare con la desiderata rapidità. L'ingresso del "Pato" Sanchez per Nandez e di Rodriguez per de Arrascaeta serve al maestro Tabarez, veterano alla quarta Coppa del Mondo, più di ogni altro allenatore, per guadagnare quella superiorità sulle fasce rimasta un fiore non colto per un'ora.

El Shenawy, che parata su Cavani

L'Uruguay, che in quattro precedenti non ha mai perso contro un'africana in Coppa del Mondo, latita nella circolazione di palla. Non arriva sul fondo, non apre la difesa col fraseggio, rallenta ma non accelera contro un Egitto che non dà in campo l'idea di essere la squadra africana che in Coppa del Mondo ha giocato più partite senza averne ancora vinta nessuna.

Cuper, che ha guidato i Faraoni alla finale di Coppa d'Africa l'anno scorso, al primo Mondiale da allenatore chiede un evidente contributo agli esterni chiamati a svolgere le due fasi con evidente aggravio in termini di corsa. L'effetto, però, si vede. I 324 passaggi della Celeste dopo un'ora di partita, contro i 216 dell'Egitto, configurano una trama ricamata quanto sterile.

Cavani, ancora in versione uomo assist, si affida e confida in quel Luis Suarez a cui guarda un'intera nazione. Il dribbling nello stretto si perde in quel mare di disillusione che separa la teoria dalla pratica, la volontà dalla rappresentazione. E allora l'Egitto ci crede all'impresa, Elneny si prende anche gli applausi di Salah per un tentativo non così velleitario.

Ma se c'è un uomo da applaudire è El Shenawy, che prima agguanta la palla con l'uscita pitonesca su Suarez lanciato in un abbozzo di serpentina. E poi si regala la parata della serata su Cavani, goleador delle qualificazioni, che sulla sponda di Suarez fa tutto da solo, un passo e tiro al volo in coordinazione esemplare. La parata di El Shenawy è il campanello d'allarme per i Faraoni, è il segnale dell'ultima carica. E dalla mischia sbuca Gimenez, l'uomo che non t'aspetti quando le stelle stanno a guardare.

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