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Fernando Ricksen e la sua battaglia contro la ‘stronza’: “Non ho paura di morire”

“Mamma, perché papà non viene via con noi?”. Isabella ha 6 anni e quando lascia la casa di cura St Andrew’s Hospice di Airdrie si volta a guardare il padre, Fernando Ricksen, che dal 2013 lotta contro la malattia del motoneurone, una forma di ‘stronza’. La ‘stronza’, come la chiamava Stefano Borgonovo, è la Sla, la malattia che ti consuma un poco alla volta fino a trasformarti in un vegetale, fino a quando il corpo non risponde più e si spegne la luce per sempre.
A cura di Maurizio De Santis
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"Mamma, perché papà non viene via con noi?". Isabella ha 6 anni e quando lascia la casa di cura St Andrew's Hospice di Airdrie si volta a guardare il padre, Fernando Ricksen, che dal 2013 lotta contro la malattia del motoneurone, una forma di ‘stronza'. La ‘stronza', come la chiamava Stefano Borgonovo, è la Sla, la malattia che ti consuma un poco alla volta fino a trasformarti in un vegetale, fino a quando il corpo non risponde più e si spegne la luce per sempre. L'ex calciatore olandese, 42enne, ha trascorso gli ultimi anni su una sedie a rotelle e oggi fa fatica anche a parlare: ha bisogno di un computer vocale per leggere le parole e sforzarsi di esprimersi.

The Guardian ha raccontato la storia di Fernando Ricksen (immagine di Goffe Struiksma), ex calciatore affetto dalla malattia del motoneurone
The Guardian ha raccontato la storia di Fernando Ricksen (immagine di Goffe Struiksma), ex calciatore affetto dalla malattia del motoneurone

Comunica con un computer vocale

I suoi occhi fungono da mouse e gli permettono di inviare messaggi su WhatsApp, navigare sul web, comunicare. I suoi occhi sono tutto ciò che gli resta per comunicare col mondo esterno. Adesso è nel centro specializzato a pochi chilometri da Glasgow, vi è entrato nell'ottobre scorso quando – recatosi in Scozia per partecipare a un evento di raccolta fondi – gli è stato impossibile fare ritorno a casa. Sua moglie Veronika gli è accanto e, assieme alla figlioletta, viaggia dalla Spagna all'Inghilterra per stare accanto all'uomo che ha provato ad accudire nella loro abitazione di Valencia ma quando le condizioni di salute del marito sono diventate critiche, suo malgrado, ha sentito quella frase spacca-cuore pronunciata dai medici ("suo marito ha, al massimo, cinque anni di vita") rimbombare dentro di sé fino a scoppiarle in petto.

Nella stanza i ricordi di una carriera

Nella stanza dove è ricoverato Ricksen – come si legge nell'articolo pubblicato da The Guardian – ci sono cartoline dei tifosi, messaggi d'incoraggiamento, una coperta dei Rangers (squadra di cui ha indossato la maglia), la sciarpa del Fortuna Sittard (il club nel quale ha iniziato e chiuso la carriera prima che la ‘stronza' entrasse in tackle sulla sua vita) è poggiata sulla spalliera del letto medico mentre sua moglie (russa, conosciuta quando giocava nello Zenit) si accomoda su un divano a due posti.

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La moglie Veronika

E' lì che dorme quando va fargli visita. Come si fa a vivere in una situazione del genere? Lei, che ha perso il padre quando aveva 6 anni, prova a proteggere la figlia spiegandole cosa sta accadendo. "Non voglio turbarla e raccontarle tutti i dettagli di quel che sta succedendo a suo padre – ha ammesso al reporter -. Isabella capisce che non può parlare, che non può camminare. Ma non lo ho voluto dire che suo padre morirà. E' troppo piccola ancora per capire tante cose…".

Paura di morire

Alla domanda se a volte ha paura di morire, l'ex calciatore risponde così: "E' difficile spiegarlo. Non ho paura di morire e non sono pronto per andare… Ma quando non riesco a respirare a causa della malattia allora sì che ho paura. Mi manca il fiato e temo di soffocare".

Trofei vinti con Rangers e Zenit

Ricksen ha vinto sette trofei con i Rangers (2 campionati, 2 Coppe di Scozia, 3 Coppe di Lega) e altri quattro con lo Zenit (1 campionato, 1 Supercoppa di Russia, 1 Coppa Uefa, 1 Supercoppa europea). Nel 2005 è stato anche giocatore dell'anno nella Scottish Premier League. E vederlo immobile in un letto, prigioniero di un corpo che non risponde più, prigioniero di sé stesso, fa davvero male al cuore. Così è la vita, impariamo ad apprezzarla solo quando ci sfugge di mano.

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