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E’ un Napoli ‘magnifico’, Insigne è il manifesto della squadra di Ancelotti

In questo momento Insigne non può non essere considerato almeno uno dei migliori 10 attaccanti europei, lo ha mostrato contro Liverpool e Psg. In tre mesi Ancelotti ha messo un vestito nuovo al Napoli: con Sarri eri orgoglioso che la tua squadra non avesse paura dei top team, con il tecnico attuale sei orgoglioso che la tua squadra faccia paura anche alle formazioni migliori al mondo.
A cura di Jvan Sica
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Quando nel 2001 Carlo Ancelotti e Andrea Pirlo arrivarono al Milan e l’allenatore decise di prendere l’idea di Carlo Mazzone e fare di quell’ex numero 10 esclusivamente decorativo il cuore della sua squadra, molto critici arricciarono il naso. Erano gli anni delle battaglie a centrocampo, degli omoni che cozzavano e cercavano lo sfondamento fisico, l’anno successivo andammo ai Mondiali con la coppia di centrali Zanetti-Tommasi, per dire come era la wave.

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Quando Carlo Ancelotti è arrivato al Napoli questa estate, ha trovato un calciatore, Lorenzo Insigne, eccellente in piccole cose che Sarri gli aveva insegnato. Due cose in particolare, la sempre ottima volontà di ripiegare per coprire il terzino sulla stessa fascia (difficile capire quanto corra in copertura se non lo si vede dal vivo, è impressionante) e la perfetta intesa tecnica con gli altri componenti del triangolo di gioco, la mezzala sinistra e il laterale difensivo.

Questa volta non ha ripreso questa idea ma ne ha immaginata un’altra per il suo numero 10. Lo ha spostato più vicino alla porta, dove nessuno invece lo vedeva, perché si pensava che Insigne fosse poco reattivo, con un tiro debole e non secco come invece serve quando bisogna freddare il portiere avversario all’interno dei 20 metri decisivi. Non gli ha dato solo questo Ancelotti, gli ha anche messo nelle tasche autostima, leadership, importanza nel complesso del gioco partenopeo.

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Il risultato? In questo momento Insigne non può non essere considerato almeno uno dei migliori 10 attaccanti europei. Le prove contro il Liverpool al San Paolo e quella purtroppo monca contro il Psg sono state viste da tutta Europa e tutti hanno strabuzzato gli occhi nel vedere cosa è diventato in tre mesi un calciatore tutto sommato normale. Per fare una sintesi ancora più comprensibile, fino allo scorso anno leggere di un Real Madrid che volesse prendere Insigne straniva parecchio, oggi nessuno farebbe una piega.

Quello che Ancelotti ha fatto con Insigne in questi tre mesi è il simbolo più evidente dello step in più che ha fatto l’intera squadra, se non l’intero ambiente. In Europa e sui campi top, il Napoli è considerato una provinciale. Tanto è vero che quando sono apparsi i nomi delle squadre dei gironi, il pensiero che il Napoli potesse superare una fra Liverpool e Psg per il passaggio del turno era davvero lontanissimo.

In tre mesi Ancelotti ha messo un vestito nuovo al Napoli, più alla moda, più elegante, con materiali di fattura migliore e che danno una presenza migliore a chi lo indossa. Sarri era stato straordinario perché lo aveva mostrato al mondo con il suo gioco, facendolo entrare, senza raccomandazioni ma con la forza della sua meravigliosa squadra, nella sala da pranzo del calcio che conta. Ancelotti lo sta facendo sedere a quel tavolo, lo fa interloquire con gli altri commensali alla pari, senza nessun complesso di inferiorità.

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A Napoli ha tatticamente uccellato Klopp, a Parigi ha fatto la stessa cosa con Tuchel, quello che è considerato forse il meglio che c’è in giro (chiaramente con Guardiola ed altri) ed è riuscito a dare alla squadra una serenità che si diffonde anche in chi la guarda. Quella di Sarri era bellezza vorace, che ti spingeva ad essere aggressivo anche nel tifo, quella di Ancelotti è una bellezza serena, che ti dà pace, tranquillità. Entrambe però ti danno orgoglio: con Sarri eri orgoglioso che la tua squadra non avesse paura dei top team, con Ancelotti sei orgoglioso che la tua squadra faccia paura alle squadre migliori al mondo, il salto è evidente.

Qui tutto nel fantastico mondo delle sensazioni, delle emozioni che si provano vedendo una partita di calcio. Poi contano ovviamente le cose che si toccano, come le coppe, gli scudetti… Purtroppo a quella tavola mangia soltanto uno, anche se tutti hanno la forchetta in mano. Toccherà al Napoli? Fino allo scorso anno in fondo era lo stesso Sarri a dire che non sarebbe stato possibile. Da quest’anno Ancelotti si è seduto a tavola e aspetta un commensale alla volta. Vediamo se l’ultima portata è una pizza.

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