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City per la prima volta dal 2008 in attivo, ma si indaga su Mangala

Una novità assoluta da quando lo sceicco Mansour Bin Zayed al Nahyan ha acquistato il club. Ma la FIFA indaga sui 40 milioni versati al Porto per il centrocampista francese.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Il Manchester City festeggia per la prima volta dal 2008 un bilancio in attivo, ma la gioia è solo parziale perché la FIFA nel contempo sta indagando sull'affare che ha portato Eliaquim Mangala dal Porto ai Citizens per quaranta milioni di euro. Insomma, un bicchiere mezzo pieno: in ogni caso, c'è grande soddisfazione per un bilancio che dal 2008, anno in cui lo sceicco Mansour Bin Zayed al Nahyan era subentrato alla presidenza del City all'ex primo ministro thailandese Thaksin Shinawatra, poi processato per corruzione nel suo paese, aveva sempre fatto registrare il segno rosso.

Il fatturato cresce ormai a ritmi vertiginosi: 475 milioni di euro quello relativo alla stagione 2014/2015, di cui 233 milioni provenienti dai ricavi commerciali e 206 dal broadcasting, con un utile di circa 14 milioni di euro che è davvero un ottimo risultato, se si pensa che nel bilancio precedente il rosso era di quasi trenta milioni. Merito anche di un netto calo del monte ingaggio, passato dai 275 milioni di euro dell'anno prima ai 260 attuali. Cifre comunque spaventose se comparate ad esempio al calcio italiano, ma che dimostrano in ogni caso la volontà del City di riallinearsi alle direttive della UEFA in materia di fair play finanziario.

L'indagine sul trasferimento di Mangala, dall'altra parte, ha un po' raffreddato gli entusiasmi. Per ora non si sa molto altro sull'indagine, confermata da un portavoce della Federazione internazionale, ma appare evidente che la faccenda andrà per le lunghe visto il terremoto politico che sta sconquassando i vertici della FIFA. Nell'estate 2014 il centrocampista francese era passato per 40 milioni di euro dal Porto al City: una cifra che molti trovarono esagerata, ed i sospetti adesso si sono trasformati in un'indagine della FIFA. Anche se, a quanto pare, a rischiare di più potrebbe essere proprio il Porto, sospettato di aver violato le norme relative alla proprietà di soggetti terzi. Ed ancora una volta viene tirato in ballo il famigerato fondo d'investimento Doyen. Se ne saprà di più nei prossimi mesi.

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