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Buffon tra Superman e Clark Kent: “Avevo un buco nero nell’anima ma ne sono uscito”

Il portiere della Juventus e della Nazionale vive una seconda giovinezza: è tra i migliori calciatori al mondo ma non è mai riuscito a vincere un Pallone d’Oro. Icona bianconera: “Ho avuto la possibilità di andare via ma sono restato perché per me il senso d’appartenenza è un valore”.
A cura di Maurizio De Santis
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Il cuore nella tormenta, oltre l'ostacolo lo gettò quando – diciannovenne – subentrò a Pagliuca infortunato sotto la neve di Mosca. Ottobre 1997, l'Italia giocava l'andata dello spareggio per accedere ai Mondiali del '98 in Francia. Dal Parma alla maglia Azzurra, il destino aveva deciso per Buffon: per la dea bendata era già pronto, maturo pure per sopportare sulle proprie spalle di ragazzo l'autorete incassata per mano di Fabio Cannavaro, compagno di squadra in gialloblù e poi d'avventura alla Juventus, fino al trionfo di Berlino 2006. Il ‘mastino napoletano' della difesa vinse un Pallone d'Oro, a Gigi è rimasta solo la ‘magra' consolazione di qualche nomination e nulla più. L'ultimo ad alzare il trofeo fu Jascin (il ragno nero d'Oltrecortina), Neuer – campione del mondo con la Germania – c'è andato vicino.

Superman – appellativo che guadagnò lungo la via Emilia per la maglietta e le prodezze tra i pali su rigore contro l'interista Ronaldo – è cresciuto. Ha capito che la potenza è nulla senza controllo. "Di errori ne ho commessi molti, ma non li rinnego però ho sempre pagato in prima persona per ogni cosa – ammette durante un evento pubblicitario legato a un partner economico del club -. Tutte queste esperienze mi hanno aiutato a crescere e a maturare". Adesso che a 37 anni vive una seconda giovinezza con la ‘Vecchia Signora', può anche permettersi di azionare il rewind, parlare di sé, della propria vita. Non è più tempo di silenzi troppo duri da raccontare, quelli che s'annidano nelle rughe e che il tempo lascia scivolare via dall'anima. "Ho affrontato anche dei periodi bui, un buco nero dell'anima, ma per fortuna ne sono uscito".

Sotto i riflettori, sempre. Ci vuole un fisico bestiale per tutto: le ‘papere', le sconfitte, le vittorie e il peso del successo, la vita sentimentale, l'insostenibile leggerezza dell'essere uomo (con vizi e virtù, pregi e difetti) e campione. Entrambi vanno coltivati. "Il talento è frutto di doti naturali ma è solo l'inizio perché va alimentato mettendoci testa e cuore, sacrifici e rinunce, cura maggiore del proprio fisico. Solo così si può restare competitivi a un certo livello – aggiunge alla Gazzetta Buffon -. Gli acciacchi? Impensabile non avere e poi fanno parte del gioco…". Icona della Juventus, Super Gigi non l'ha lasciata nemmeno nei momenti più difficili, quelli delle inchieste e della retrocessione. "Le opportunità per andare via le ho avute ma ho scelto di restare perché il senso di appartenenza è un valore".

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