Bidoni, stupri, minacce e insulti: perché la società Juventus tace davanti a tutto ciò?
Bidoni, stupri, insulti e minacce. Il dopo rigore di Madrid sta portando con sè il peggio dell'animo umano, ancor prima di quello sportivo di moltissimi campioni. In primis, Gigi Buffon e Medhi Benatia che si sono resi protagonisti di dichiarazioni più che discutibili. Davanti alle quali è mancata la presenza della società Juventus, da sempre stimata e applaudita da tutti per la gestione – dentro e fuori il campo – dei propri tesserati. Ma di fronte al "bidone dell'immondizia", allo "stupro" e al "testa di cazzo" il club della famiglia Agnelli al momento continua a preferire il silenzio, minimizzando.

"E' stato un momento di confusione" aveva sottolineato nell'immediata conferenza stampa del dopo Madrid, Massimiliano Allegri, evidenziando lo stato di poca lucidità del proprio capitano in campo e fuori, con la reazione scomposta al rigore e al cartellino rosso e alle conseguenti parole al veleno nei confronti dell'arbitro Oliver. Ma la ‘confusione' (mentale) non sembra dissolversi con il passare delle ore, dei giorni, delle partite: il tarlo c'è, non sparisce, anzi.
L'ultima assurda polemica incontrollata riguarda l'ex centrale della Roma, Benatia che ha esagerato sui social nei confronti del comico Crozza che lo ha punzecchiato sul termine "stupro" con il quale il giocatore aveva definito il calcio di rigore assegnato dall'arbitro nel quarto di ritorno di Champions. "Testa di cazzo", "ti aspetto a Vinovo", "mettitelo in quel posto". Nemmeno nei peggiori bar di Caracas.
E la società bianconera? In silenzio. Così come è stato per Buffon che – complice la delusione di aver visto svanire un sogno accarezzato all'ultimo secondo dell'ultima partita internazionale in carriera – ha ribadito parole e concetti anche a mente fredda. Nessuna dichiarazione da parte del club, nessun commento per stemperare comunque un risultato avvenuto sul campo, per decisione arbitrale. Un silenzio assordante come dopo le esternazioni imbarazzanti dello stesso Benatia.
Ma c'è di più: la Juventus, come società modello del calcio italiano, ha taciuto anche sulle reiterate minacce di morte all'arbitro Oliver e alla sua famiglia che si stanno moltiplicando sui social, in una rabbia e livore che hanno indotto la polizia ad aprire una indagine prima che la situazione possa degenerare passando dalle parole ai fatti. Persino l'Uefa ha redatto un comunicato ufficiale di vicinanza e di sostegno nei confronti di un arbitro finito nel tritacarne mediatico per aver fischiato un calcio di rigore.
E se la Juventus è colpevole di tacere, altrettanto lo sono le istituzioni del calcio. A partire dal presidente del Coni, Malagò che non ha condannato nessuna delle dichiarazioni fatte nel dopo Juventus-Real Madrid, o Fabbricini, a capo della Lega anch'egli in colpevole silenzio. Solamente Nicchi ha avuto il buon senso di ricordare a Buffon che – al di là dei meriti indiscussi conquistati in 20 anni di onorata carriera – non può dire tutto ciò che gli passa per la testa pensando di rimanere impunito.
Fino a qualche giorno fa era inimmaginabile che una società come la Juventus potesse permettere tanto ai propri tesserati senza intervenire in nessuna maniera e ad alcun livello. Silenzio e indifferenza che lasciano intendere come la polemica sia giustificata e giustificabile. I "soldatini bianconeri", per dirla alla Cassano, sono partiti per la guerra. E ora più che mai servirebbe un Sergente Hartman in bianconero per ristabilire ordine e disciplina, ma anche lui – purtroppo – si è congedato prima di poterlo fare.