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Inter, Icardi è diventato un problema?

L’Inter non mette più Icardi nelle condizioni di esprimersi al meglio. E Icardi fa poco, di suo, per mettersi al servizio dell’Inter. La mezz’ora nel derby, rigore sbagliato a parte, ha confermato la tendenza. Cambiare troppe formazioni non aiuta.
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Mauro Icardi è diventato un problema per l'Inter? Perché il capocannoniere dello scorso campionato ha iniziato il derby in panchina? Contro il Milan, Maurito è entrato nell'ultima mezz'ora, e gli è bastato per costringere Donnarumma a una gran parata e procurarsi il rigore. L'errore dal dischetto non cambia la sostanza: l'Inter non mette più Icardi nelle condizioni di esprimersi al meglio. E Icardi ultimamente fa poco, di suo, per mettersi al servizio dell'Inter.

I dati – Rispetto all'anno scorso, il bomber è un attaccante meno centrale, meno pericoloso. Riceve in media gli stessi palloni, 20.5 a partita, ma effettua quasi cinque passaggi in meno (19,4 l'anno scorso, 15 quest'anno). Rispetto all'anno scorso, crea meno occasioni (0.79 rispetto alle 0.94 dell'ultimo campionato) ed è decisamente meno incisivo al tiro. L'anno scorso viaggiava a 1,22 conclusioni di media nello specchio e adesso è a 0,8. Anche perché tira troppo poco dall'interno dell'area: è passato dai 2.42 tiri di media del campionato passato all'attuale, modesto 1.58. Indizi che fanno una prova: Icardi è più periferico adesso. E partecipa molto meno alla fase di non possesso: appena 8 i contrasti totali che ha tentato in tutta la stagione.

L'ultima stagione – Nello scorso campionato, solo l'Inter aveva costruito un progetto tecnico e tattico imperniato su un centravanti “vecchia scuola”, un finalizzatore dai gesti non appariscenti, che arriva al gol per sottrazione. Gli bastavano poco più di cinque tiri per segnare l'anno passato, solo Tevez ha fatto meglio in serie A. Pochi tocchi e un senso del gioco e dello spazio sufficienti a vedere prima, a fare la scelta giusta. Era un'Inter figlia di un modello di calcio rigido, espressione di un'idea di squadra che favoriva gli specialisti agli ultimi epigoni di una visione totale, che cercava la stabilità e non inseguiva gli eccessi della flessibilità. In estate, però, è cambiato tutto.

Cambio di stile – “Io non alleno Jovetic e Icardi, io alleno l'Inter” diceva Mancini a inizio stagione. Ma è diventato chiaro da subito che l'arrivo del montenegrino, vero flop del mercato nerazzurro, avrebbe comportato un cambio di prospettiva anche per Maurito. Con l'aggiunta di Ljajic, di Perisic, la trequarti nerazzurra si è riempita di giocatori che tagliano dall'esterno verso il centro, che cercano il triangolo stretto e il fraseggio con la prima punta. Icardi è chiamato così ad arretrare il suo raggio d'azione. È vero, le ambizioni dell'Inter non si possono accontentare di una sola risorsa offensiva. Ma in questo limbo, Icardi non si è ancora evoluto tatticamente per essere determinante come l'anno scorso in un'orchestra che suona una musica diversa. O meglio, che suona troppe musiche diverse.

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L'arte di adattarsi – Mancini, infatti, sta insistendo su una visione di calcio parametrico, camaleontico, sulla variazione dei moduli per adattarsi alle caratteristiche dell'avversario e limitarne i punti di forza. Il rischio, come si è visto anche nel derby, è di creare confusione, di vedere indecisioni e movimenti fuori tempo da parte di giocatori chiamati a interpretazioni ogni volta differenti. Dopo gli esperimenti iniziali, Mancini ha virato sul 4-2-3-1, ma anche con l'arrivo di Felipe Melo, che ha comportato l'arretramento di Medel e la bocciatura di Ranocchia, l'Inter ha continuato a fare spesso fatica nella costruzione del gioco. È a centrocampo che cominciano i difetti dell'Inter. Gli interni rimangono bloccati, troppo centrali, e si crea uno scollamento, ancora più evidente quando c'è in campo anche Perisic, che tende ad allargarsi molto anche quando parte da trequartista. In più di un'occasione, l'Inter si è trovata senza l'uomo libero fra le linee, costretta a sviluppare l'azione per vie orizzontali e con più tocchi. Lo stesso Icardi aiuta meno del dovuto. I suoi soli 0.7 dribbling tentati a partita dimostrano come l'argentino provi molto raramente ad aprire gli spazi, ad attirare i difensori fuori posizione. Considerato che l'Inter è solo undicesima per chilometri percorsi secondo i dati della Lega Calcio, segno che il movimento senza palla a volte scarseggia, il ricorso al cross diventa inevitabile. I nerazzurri ne tentano 22 a partita, ma solo 4.7 vanno a buon fine.

Troppi tagli a uscire – Guardando la mappa dei passaggi ricevuti, indicatore del livello di coinvolgimento dell'argentino nel gioco nerazzurro, i discorsi sospesi dell'Inter di Mancini emergono con chiarezza. Icardi ha toccato il massimo di palloni in due match casalinghi, contro Carpi (a sinistra) e Sassuolo (a destra). Due partite che l'Inter ha giocato con due moduli diversi.

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Due partite che l'Inter non ha vinto. Contro la squadra di Castori, i nerazzurri partono con un 4-4-2. Icardi crea due chance, entrambe nate da cross dalla destra. Ma la sua presenza si concentra fuori dall'area di rigore, con Palacio, suo compagno d'attacco, a sfruttare gli spazi negli ultimi sedici metri. Una distanza ancora più marcata contro il Sassuolo. Mancini opta per il 4-3-3, con Ljajic e Perisic a completare il tridente d'attacco. Qui Icardi crea una sola occasione da rete, su un passaggio lungo (indicato dalla freccia azzurra), e viene a prendersi palla più dietro, sia in una zona centrale, sia cercando il movimento a uscire verso l'esterno.Ma il suo movimento a uscire non è sufficientemente accompagnato dai tagli dentro. L'Inter sbaglia un terzo dei passaggi nella trequarti offensiva, cerca pochissimo il cross dalle fasce, e non riesce a sfondare, ad aprire corridoi centrali. La mappa dei passaggi nerazzurri in attacco in quel match è molto chiara.

Icardi nel 4-2-3-1 – Sentirsi l'unico, il principale riferimento offensivo senza dubbio lo aiuta. Non a caso, ha segnato quattro dei suoi otto gol stagionali quando Mancini ha schierato la squadra con questo modulo. L'unica doppietta rimane quella di Udine, ed è tutt'altro che una coincidenza. È l'Inter più offensiva dell'anno, un 4-2-3-1 con Guarin sulla linea di Melo, di fatto l'unico centrocampista deputato alla fase difensiva.

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Mancini ripropone Montoya titolare e ripropone il poker d'attacco dove Perisic e Ljajic corrono a tutto campo (pur non facendo la loro migliore prestazione) e la coppia Jovetic-Icardi segna senza pestarsi i piedi. In quei 90′, la partecipazione al gioco di Maurito è quasi nulla al di fuori dell'area di rigore. E' più libero, come capita più spesso in trasferta quando l'Inter si allunga di più: lontano da San Siro, infatti, l'argentino ha segnato cinque gol su otto quest'anno. Per una partita, per una sera, si rivede l'Icardi essenziale, che galleggia sulla linea del fuorigioco e fa solo quello che gli riesce meglio. Soluzione e problema, lo stesso movente.

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