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Ti ricordi di… Darko Pancev: cobra, ramarro, bidone e fenomeno parastatale

Un’escalation velocissima ha portato il centravanti macedone a trasformarsi da campione di livello internazionale a brocco di dimensioni cosmiche nel giro di due anni. Che fine ha fatto il macedone che fece dannare l’Inter? Oggi è procuratore del club che lo lanciò, il Vardar Skopje. In Italia lo ricordano per l’incredibile frase a lui attribuita: “Tifosi fischiano, giornalisti criticano… Importa sega a me: io domani compro Ferrari”.
A cura di Vito Lamorte
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Era il 1992 e l'Inter battagliava al fianco di Barcellona, Manchester United e Real Madrid per acquistare uno degli attaccanti più forti d'Europa in quel momento. Un uomo che aveva appena vinto la Coppa dei Campioni e l'Intercontinentale con la Stella Rossa di Belgrado: l'uomo in questione era Darko Pančev. Dopo essere diventato uno degli attaccanti più temuti in Jugoslavia con il Vardar Skopje, dove aveva segnato 84 gol in 151 presenze, Pančev accettò di trasferirsi in uno dei club più prestigiosi del paese: la Stella Rossa Belgrado. Darko crebbe enormemente e divenne uno dei più letali attaccanti del mondo, diventando un elemento cruciale per le vittorie del club slavo. In Italia, invece, è passato alla storia per essere il classico bidone e per una frase che – nell'immaginario collettivo – è rimasto il simbolo della sua avventura in Serie A: "Tifosi fischiano, giornalisti criticano… Importa sega a me: io domani compro Ferrari!!!". Cosa fa oggi? Nulla, è a casa con la famiglia e fa il procuratore per la squadra nella quale mosse i primi passi, il Vardar Skopje.

Stella Rossa, la nascita del Kobra

La punta di Skopje a Belgrado era ben sostenuta da artisti del calibro di Dejan Savićević e Robert Prosinečki che gli fornivano assistenze di pregevole fattura e se combiniamo le giocate dei due con la velocità di esecuzione di Pancev, il macedone diventava un avversario ostico per ogni difesa. Anche se il suo arrivo alla Stella Rossa fu rimandato per il servizio militare obbligatorio nel 1988, Pancev debuttò nel 1989 e vi rimase per tre stagioni. E che stagioni: vinse tre scudetti consecutivi, una Coppa di Jugoslavia, una Coppa dei Campioni e una Coppa Intercontinentale. A livello personale, ha vinto per tre volte consecutive il titolo di capocannoniere, ha vinto la Scarpa d'oro nel 1991 e, addirittura, ha chiuso al secondo posto con il compagno di squadra di Dejan Savićević e Lothar Matthäus dell'Inter nella classifica del Pallone d'Oro vinto da Jean-Pierre Papin.

L'Inter, Bagnoli e il "ramarro"

Il suo approdo in Serie A è datato 1992, con l'Inter che vinse la corsa sull'agguerrita concorrenza sganciando 14 miliardi di lire. Pancev arrivò in un campionato dove c'erano già tanti suoi compagni a Belgrado: Dejan Savićević al Milan, Siniša Mihajlović alla Roma e Vladimir Jugović alla Sampdoria. Arrivato a Milano Darko era molto determinato: "Sono molto felice per questo trasferimento. Tornerò in Champions League l'anno prossimo con l'Inter. So che la concorrenza sarà spietata, ma è un bene per raggiungere gli obiettivi. Ho un regalo speciale: voglio segnare. Penso di essere utile per una squadra come l'Inter che ha difficoltà a trovare la rete". Mentre i suoi ex compagni hanno fatto grandi cose in Italia, lo stesso non si può dire per Pančev. L'attaccante macedone è diventato uno dei più grandi fallimenti nella storia del calcio: approdato in uno dei migliori campionati europei all'età di 27 anni sembrava potesse essere un “crack” ma non fu così.

La stagione precedente era stata una delusione per l'Inter, che aveva chiuso all'ottavo posto, e aveva cambiato tutto mettendo Osvaldo Bagnoli in panchina e il leggendario Luis Suárez nel ruolo di manager. Il trio tedesco (Lothar Matthäus, Jürgen Klinsmann e Andreas Brehme) non c'era più e il club era alla ricerca di nuovi talenti per ripartire. Il motivo principale per cui non c'è stato mai feeling tra Bagnoli e Pancev era il disaccordo sul modo in cui doveva giocare la punta: Bagnoli avrebbe voluto che fosse lui a lavorare di più per il bene della squadra, mentre Pančev voleva solo essere l'uomo d'area. La ricetta perfetta per il disastro, che arrivò puntuale. Di conseguenza Bagnoli puntò sulla forza e la tecnica dell'uruguagio Rubén Sosa e sull'eroe della Coppa del Mondo in Italia del 1990, Salvatore Schillaci. Molti iniziarono a fare illazioni su un presunto pregiudizio da parte dell'allenatore nerazzurro, che, invece, era più che disposto a dare a Pančev una possibilità e spese molte parole buone nei suoi confronti all'inizio della stagione 1992/93: "Il macedone è un grande opportunista, merita la mia fiducia" ma il manager ha perso rapidamente la pazienza, anche se un briciolo di speranza era sempre viva.

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Dopo le prime apparizioni e i primi intoppi nel rapporto Bagnoli non le mandò a dire: "La sua mentalità deve cambiare, se vuole un posto in squadra. Deve partecipare più all'azione e deve tornare quando necessario. So che può rendere e insisterò su questo. Il Milan è riuscito a farlo con van Basten, che ora si muove di più e cambia posizione con Papin, non vedo perché non dovrebbe accadere con Pančev". Purtroppo nessuno dei due era disposto a cambiare e arrivare ad un compromesso e il risultato finale ha portato ad una abituale esclusione di Pančev. Le difese della Serie A e la sua incapacità di trovare la rete non lo hanno aiutato. È difficile pensare che se solo avesse regolato l'atteggiamento, le cose sarebbero potute essere migliori per lui ma almeno non si sarebbe ritrovato ad essere uno dei bersagli preferiti della Gialappa's Band che lo inserì tra i ‘fenomeni parastatali'.

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Iniziò così una vera e propria guerra e la stella nata a Skopje ebbe parole dure nei confronti del suo allenatore: "Ci sono attaccanti che gestiscono e i giocatori che non partecipano. Io ero uno di quelli dall'innato talento nella realizzazione e correvo solo a 30 metri dalla porta. L'Inter non avrebbe accettato il mio modo di giocare”. I problemi di Pančev erano ben evidenti e la prova arriva dal fatto che ha dovuto aspettare fino alla ripresa del campionato dopo la pausa invernale per segnare il suo primo gol in campionato (contro l'Udinese).

Il disaccordo con Bagnoli emerse ancora di più dopo l'ennesima intervista del tecnico dopo le lamentele: "Ho capito, ha giocato molto in questo modo, ha segnato molto e vinto tanto. Ma mi aspettavo di più. Sarà pur slavo ma io sono di Milano. E qui non siamo idioti. Deve capire che all'Inter si gioca in modo diverso". L'unica vera nota positiva alla sua prima stagione nerazzurra furono i quattro gol in Coppa Italia, in una stagione in cui ha raccolto un gol in 12 partite di campionato.

Lipsia, andata e ritorno

L'arrivo di Dennis Bergkamp nella stagione 1993/94 l'ha mandato in fondo alla classifica di gradimento di Bagnoli. Il deterioramento della relazione con il tecnico e a gennaio si trasferisce al VfB Leipzig in prestito per il resto della stagione. In Germania Pančev giocò di più ma non riuscì a salvare la squadra dalla retrocessione. La consolazione del macedone furono i due gol in 10 partite. La stagione successiva tornò a Milano e i primi segnali sembrano portare ad un miglioramento della situazione anche grazie all'arrivo all'Inter del nuovo tecnico Ottavio Bianchi. Nonostante un inizio positivo di stagione con i gol contro la Fiorentina e Bari, un infortunio lo vide precipitare in panchina nuovamente.

Fortuna Dusseldorf e Sion

A fine stagione il suo contratto con l'Inter si esaurì e firmò con il Fortuna Dusseldorf. Ancora problemi fisici videro deragliare i suoi tentativi di ridare un senso alla carriera ma anche quell'anno il bottino fu magro: 14 presenze condite da due gol. Ultima tappa del suo movimentato viaggio fu Sion, il club con il quale ha annunciato il suo ritiro dal calcio giocato all'età di 32 anni.

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Dopo un inizio così brillante alla sua carriera con Vardar e Stella Rossa, vedere Pancev incapace di prendere lo specchio della porta fu davvero scoraggiante per gli osservatori di calcio mondiale e, soprattutto, per i tifosi dell'Inter. Molti anni dopo Pancev, in un'intervista a La Gazzetta dello Sport, si espresse così nei confronti della squadra meneghina: "L'Inter è stato il più grande errore della mia vita, perché in Italia ho chiuso la mia carriera. Nel '91 mi volevano Milan, Barcellona, Manchester United, Real Madrid. Io ero il più ricercato e finii all'Inter, che praticava un calcio difensivo e mi offriva al massimo due occasioni a partita. L'Inter mi ha rovinato, ma voi questo non lo capirete mai. Io non ero l'unico a pagare per questo: l'Inter ha rovinato giocatori come Jonk, Sammer, Shalimov e Bergkamp".

L'uomo che era arrivato in Italia con una temibile reputazione e sfoggiava il soprannome intimidatorio di "Il Kobra" fu presto ribattezzato "ramarro". Questo marchio di infamia simboleggiava senza dubbio una caduta per un'atleta che aveva terrorizzato le difese di tutta Europa alla fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90. Nel 2003, la Federcalcio macedone lo segnalò come il miglior giocatore nazionale degli ultimi 50 anni. Ricordare i tanti momenti positivi nella carriera di Pančev è importante per avere un quadro completo dell'escalation ma è anche difficile dimenticare quei giorni bui di cui si è reso protagonista nel nostro campionato. È difficile pensare che tutto sarebbe stato diverso se solo avesse scelto un club diverso nel 1992.

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