Tavecchio insiste: serie A a 18 squadre dal 2016
La serie A tornerà a 18 squadre. Sembra ormai solo questione di tempo e di dettagli per la realizzazione della madre di tutte le riforme, il manifesto del presidente federale Carlo Tavecchio. L’esito fin troppo scontato degli ultimi campionati ha convinto anche le pay-tv, Sky in testa, che una stagione con meno partite ma con un tasso maggiore di incertezza, sia un bene, se non addirittura una necessità.
Le tv – Sky ha sborsato alla Lega 561 milioni all’anno, in base al bando attualmente in vigore per il triennio 2012-2015, e Mediaset ne ha garantiti altri 268. Ma fra calcioscommesse e il basso livello del campionato, avvertivano le pay-tv già l’anno scorso, senza cambiamenti forti, queste cifre sono destinate a scendere nel medio-lungo periodo. Anche se poi, alla prova dei fatti, quest’anno il valore complessivo dei diritti tv della serie A per il prossimo triennio è salito di 100 milioni. In ogni caso, Tavecchio ha fatto appositamente inserire nel bando una clausola che prevede la possibilità di scendere a 18 squadre. L’eventuale riduzione del numero di squadre porterebbe, a contenere i turni infrasettimanali invernali, a vantaggio delle squadre che disputano le coppe europee e della nazionale che guadagnerebbe spazi per gli stage. Non a caso, negli ultimi anni è stata proprio la Juventus a sostenere più di tutti la necessità di un ritorno al passato, insieme al Milan, mentre la Roma “americana”, forse anche in vista del progetto del nuovo stadio, tenderebbe a mantenere lo status quo per poter monetizzare di più. Tornare a 18 squadre, poi, farebbe iniziare più tardi la stagione, con le pay-tv che potrebbero avere più tempo per trasmettere le lucrose esibizioni estive, e a parità di costi, un triangolare di lusso può rendere anche di più di un incontro scontato di serie A in uno stadio mezzo vuoto. una serie A a 18 sarebbe un vantaggio per i club che fanno le Coppe europee, per il ct di turno che avrebbe più spazio con gli stage della Nazionale, per gli spettatori e le tv perché ci sarebbero meno partite noiose e meno turni infrasettimanali d'inverno.
La riforma – Tavecchio, che in settimana incontrerà i vertici delle Leghe, ha in mente di tornare, in due anni, al passato, a una serie A a 18 squadre e una B a 20, e cancellare quindi l’allargamento voluto dopo la stagione 2003-2004, l’anno dell’unico scudetto del Milan di Ancelotti. Il nodo da sciogliere, per arrivare all’approvazione della riforma, è decidere il numero di promozioni e retrocessioni nell’anno di transizione, che nel programma di Tavecchio dovrebbe essere il prossimo, per arrivare al nuovo regime. La Lega di serie A sostiene un progetto con una retrocessione diretta e una seconda da stabilire con uno spareggio tra la penultima di A e le squadre classificate tra il secondo e il quinto posto in cadetteria. La proposta però non sembra piacere troppo a Abodi, che vorrebbe tre retrocessioni: dalla B salirebbero, in questo caso, la prima classificata e la vincitrice del playoff. Chi perde lo spareggio, a quel punto, si gioca la promozione con la terzultima di serie A. Un’idea che potrebbe trovare d’accordo anche le televisioni, con Sky che sta giocando proprio sul terreno della serie B l’ultima battaglia nella lotta a colpi di esclusive con Mediaset, che ha acquisito la Champions League ma non avrà più la possibilità di inserire nel proprio pacchetto Fox Sports, dal prossimo anno esclusiva Sky.
Lotito mediatore – A mediare fra Tavecchio e Abodi, che ha la grande occasione di dare stabilità alla Lega di serie B e spingere per un intervento serio di riequilibrio del sistema calcio, c’è Claudio Lotito, che avrebbe proposto, si legge su Repubblica, 100 milioni in cambio di una sola promozione oltre all’istituzione di un playoff tra la seconda e terza di B e la penultima e la terzultima di A. Tavecchio potrebbe anche rivolgersi al Coni, che ha la facoltà di nominare un commissario e riformare il campionato bypasando il diritto di veto (serve il 75% dei consensi), ma è improbabile che decida di provvedere alla sua principale riforma mettendo in minoranza le squadre e i giocatori.
Riforma dei campionati – Tutto dipende, dunque, da quanto si avvicineranno le posizioni di Abodi e Lotito, che si sono allontanate (ed è dir poco) dopo le esternazioni del presidente della Lazio su quanto sarebbero controproducenti le promozioni in serie A del Carpi e del Frosinone. Esternazioni che, comunque, forma imperdonabile a parte, confermano il cambio di prospettiva delle pay-tv, che hanno sostenuto l’allargamento della serie A in nome della maggiore quantità di partite ma si trovano ora con un prodotto di bassa qualità che costa più di quanto vale. Ed è palese che le neopromosse, se non hanno alle spalle presidenti con elevate disponibilità di spesa, vanno messe nelle condizioni di poter competere. Ecco perché la riforma dei campionati dovrebbe combinarsi con un ultimo, decisivo, intervento nel meccanismo di redistribuzione dei diritti televisivi, che comunque permetteranno anche alle piccole di ricavare di più se la torta verrà spartita in 18 e non più in 20.
La Germania insegna – La Bundesliga, unico dei principali campionati europei ancora a 18 squadre, può insegnare molto. Il modello tedesco, che resta valido anche dopo l’effetto-Guardiola, prevede un meccanismo di redistribuzione dei proventi che mantiene il divario fra chi guadagna di più e chi incassa di meno nel rapporto di 2:1, mentre in Italia si arriva anche sopra il 5:1. È anche grazie a questo presupposto che la Bundesliga si mantiene una delle grandi potenze in Europa. Nel 2014 ha chiuso col bilancio in attivo per il decimo anno di fila, con ricavi record che hanno toccato i 2,45 miliardi di euro (+12,9% rispetto al 2013). E sono proprio i diritti televisivi a crescere di più, quasi del 30%, passando da 619,9 milioni a 716,8 milioni, insieme ai ricavi pubblicitari (+26,8%) e al botteghino, vero punto di forza del campionato tedesco (482,5 milioni, +19,7%), oltre al rapporto tra costi e fatturato sceso al 36,8%, nuovo record per la Bundesliga.
Parola chiave: qualità – Sulla riduzione delle squadre di serie A come strumento per aumentare la qualità del prodotto, e aumentarne la stabilità economico-finanziaria, sono d’accordo in tanti. E c’è anche De Laurentiis che qualche tempo fa si era espresso in favore della mai del tutto tramontata idea della Superlega europea. “Campionati a 16 squadre, le prime cinque in una grande competizione europea” diceva. “Una settimana verrebbe dedicata al campionato nazionale, l’altra al campionato europeo con squadre come Manchester United, Real Madrid, Paris Saint-Germain, Bayern o Milan”. Un’idea che piacerebbe di sicuro a Platini.