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Calcio e diritti tv: cosa c’è dietro l’attacco di Galliani alla Juve

Dopo l’attacco alla Juve, Galliani ha già pronta la riforma: la produzione tv dovrà essere affidata solo alla Lega. Potrebbe rafforzarsi il ruolo di Infront del presidente Bogarelli, da tempo legato al Milan. Sullo sfondo la “guerra” Sky-Mediaset per i diritti della serie A e della Champions League.
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Che c'è dietro la sparata di Galliani sulla prospettiva dopo Juve-Milan? C'è la volontà di divergere il punto focale della comunicazione dalla crisi tecnica di una squadra senza identità. Ma c'è soprattutto una partita economica e politica che l'ad del Milan sta giocando in Lega, oltre alla guerra (non tanto) fredda con Sky.

Produzione tv – Galliani proporrà alla prossima assemblea di Lega, in cui ha un'influenza decisiva, di cambiare affidare direttamente alla stessa Lega la produzione delle immagini per le partite di campionato, la scelta di registi e produttori. Dal 2010, dall'approvazione della legge Melandri che ha reintrodotto in Italia la contrattazione collettiva dei diritti tv, l’assemblea di Lega ha deciso che, per ogni giornata, vengono fatti ruotare sei registi Sky, tre Mediaset e uno indipendente per il segnale internazionale, inviato a tutte le emittenti che hanno acquisito i diritti televisivi del campionato. La Juventus, il Napoli e in un primo momento anche l'Inter, hanno scelto di produrre in proprio il segnale, ovvero di mantenere la responsabilità sull'infrastruttura (cablaggio, telecamere, cameramen). Il confezionamento del prodotto, ovvero la scelta delle inquadrature, il montaggio, i replay, così come le grafiche aggiunte in post-produzione, resta nell'autonomia dei singoli broadcaster.

Galliani però vorrebbe affidare a tecnici scelti dalla Lega, con un sistema uguale per tutti i campi di serie A, anche le rielaborazioni per i gol fantasma (tecnologia che sarà introdotta in serie A dal 2015-2016) e per i fuorigioco, anche se questa opzione potrebbe non essere compatibile con il bando già assegnato per i diritti tv del triennio 2015-2018, che disciplina gli standard di ripresa e il posizionamento delle telecamere, stabilito in accordo con la Lega a inizio stagione e immutabile per tutto l'anno. E a chi si affiderebbe la Lega?

Infront – E' facile ipotizzare che questa riforma, qualora fosse approvata, rinforzerebbe il ruolo di Infront, l'advisor scelto per la commercializzazione dei diritti tv per conto della Lega, che si troverebbe, ha sottolineato la Juventus, "nella singolare posizione di scrivere le regole, eseguirle e trarne anche i profitti". Andrea Agnelli, insieme a Della Valle, era già stato il più fermo oppositore della scelta di Infront, braccio italiano della multinazionale presieduta dal nipote di Blatter, che i cinesi di Wanda, il gruppo immobiliare guidato da Wang Jianlin, secondo uomo più ricco di Cina già proprietario del 20% delle quote dell'Atletico Madrid, hanno acquistato dal fondo di private equity Bridgepoint. Perché il presidente Marco Bogarelli, che è rimasto alla guida della divisione italiana con il precedente passaggio di proprietà e molto probabilmente manterrà la carica anche dopo l'acquisizione cinese della holding, è da tempo legato al Milan.

È stato proprio lui, con l'allora socio Riccardo Silva, a fondare Milan Channel, e a gestire la vendita dei diritti tv per l'estero delle partite dei rossoneri (e della Juve) prima dell'entrata in vigore della legge Melandri. E il suo vice, Andrea Locatelli, si è occupato di diritti sportivi in Fininvest per otto anni. Infront gestisce anche il marketing e l'immagine di Cagliari, Lazio, Palermo, Genoa, e da poco anche dell'Inter cui garantirà 20 milioni l'anno. Società che, nerazzurri a parte, erano tutte schierate sull'asse Galliani-Lotito a sostegno dell'elezione di Beretta.

La torta – Quest'estate Infront ha garantito alle squadre di serie A un aumento di ricavi del 20%: 945 milioni arrivano da Mediaset e Sky, particolarmente critica però per l'articolazione del bando, cui vanno aggiunti i diritti esteri, che portano la torta a 1,131 miliardi di euro. E chi gestisce i diritti esteri? La MP&Silva, lo stesso Silva co-fondatore di Milan Channel. In base alla legge Melandri, la torta viene divisa in base a tre criteri. Una prima quota, pari al 40% del totale, è assegnata in parti uguali a tutte le squadre. Un altro 30% è spartito in base ai diritti sportivi, ma la classifica dell'ultimo campionato pesa solo per il 5%, contano di più le rendite di posizione, i risultati del quinquennio precedente (15%) e quelli dal 1946 (10%). I soldi, in pratica, vanno dove i soldi ci son già. Ancora più fumoso l'ultimo 30%, assegnato sulla base del numero di sostenitori (25%) e della popolazione residente nel comune dove giocano le squadre (5%), secondo fonti che però la Lega non indica.

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Che succede in Europa – Con il forte incremento dei diritti esteri, la serie A è diventato il secondo campionato più ricco d'Europa per le tv. Incontrastato il dominio della Premier League, che in base all'asta 2013-2016 incassa 1,6 miliardi di dollari a stagione da BT e Sky Sports, che pure possono trasmettere per regolamento solo un totale di 138 partite su 380 (e nessun broadcaster può acquisire la diretta di tutti i 138 incontri), e un miliardo dai diritti esteri, che finiscono in parti uguali a tutte le squadre, con un incremento del 53% rispetto al triennio precedente. Una crescita costante che dipende anche dal meccanismo di redistribuzione dei proventi dei diritti tv “domestici”: 50% in parti uguali, 25% in base ai risultati dell'ultimo campionato, 25% in base a bacino d'utenza e passaggi televisivi. Una formula che salvaguardia l'equilibrio competitivo senza penalizzare gli investimenti. E ha consentito al Cardiff, ultimo la stagione scorsa, di guadagnare quasi il doppio dell'Atletico Madrid, come rivela lo studio di Marca, perché in Spagna le squadre contrattano ancora la trasmissione delle proprie partite interne direttamente con le tv, con Real e Barcellona che da soli intascano 280 milioni, un terzo del valore complessivo dei diritti tv.

La Liga ha il solo vincolo, attualmente, di garantire, in base alla Ley del Futbol, di garantire che una partita a settimana venga trasmessa in chiaro, ma presto si passerà alla vendita collettiva, come in Italia e nelle altri grandi leghe europee. La Bundesliga ha ricavato 652 milioni per la stagione 2013-2014, con un aumento previsto a 709,5 milioni di euro, spinto anche dai diritti esteri. In Germania, però, la lega negozia i diritti tv anche per la seconda divisione, cui spetta il 21% del totale, e li spartisce sulla base di criteri proporzionali ai risultati dell'ultimo quadriennio che garantiscono il rispetto del rapporto first-to-last di 2:1, ovvero chi guadagna di più non può ricavare dalla divisione più del doppio di chi intasca di meno. Cresce anche l'appeal della Ligue 1 francese, che ha ceduto i diritti tv per il periodo 2016-2020 a 726,5 milioni di euro a BeIN Sports e Canal+, con un incremento significativo rispetto ai 607 milioni dell'accordo attuale. Milioni che vengono spartiti per metà in parti uguali, per un 30% in base ai risultati degli ultimi cinque anni, con l'ultimo campionato che però pesa per un quarto, e per il 20% in base all'audience televisiva dei match. Una formula che mantiene la ratio first-to-last tra il 3,5:1 e il 4:1.

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La ripartizione dei diritti tv 2013-14 nei principali campionati europei (fonte: Marca)

La Champions – In nessun caso, nei cinque campionati principali d'Europa, la Lega ha un proprio canale tv, anche se questo potrebbe diventare l'approdo di lungo periodo della riforma che ha in mente Galliani. Un approdo già tentato nel 2004 con l'esperienza presto naufragata di Gioco Calcio. E chissà che nella sua polemica di Galliani non entri anche la “guerra dei broadcaster”, con Mediaset che ha messo sul piatto 230 milioni per l'esclusiva sulla Champions League dal 2015 sperando di trovare 300-500 mila nuovi abbonati per rientrare dell'investimento. E Sky, che deve ancora definire lo scambio di pacchetti della serie A con Mediaset e ridefinire l'accordo per la trasmissione sulle due piattaforme di Fox Sports, sempre di proprietà di Murdoch, potrebbe perderne 200 mila, di abbonati, e potrebbe decidere di acquistare Premium. Mediaset, però sta trattando anche con Al Jazeera e Vivendi, che però considerano il prezzo troppo alto. E chissà che la polemica del Milan sulla regia "parziale" non serva anche a dare nuovo impulso a questa trattativa. Una cosa è certa: Tevez, Zaccardo e la prospettiva, in questa storia, non c'entrano praticamente nulla.

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