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Europeo 2016 in Francia

Road to Euro 2016: Bale nuovo simbolo del Galles

In nazionale ha fatto più di Giggs. E in Galles il dibattito è aperto: vale più la qualificazione all’Europeo di calcio o il titolo al Mondiale di rugby? I Dragoni tornano in una manifestazione internazionale dalla Coppa del Mondo 1958. Ma restano i quarti dimenticati a Euro 1976.
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Un tronfo di squadra. Il trionfo di un uomo. Gareth Bale riesce dove Ryan Giggs aveva fallito. Riporta il Galles nella fase finale di un grande torneo per la prima volta dal Mondiale di Svezia del 1958. E il dibattito cresce. Meglio lui di Giggs?

Bale vs Giggs – Tutta la carriera della leggenda che ha definito il calcio gallese nell'ultimo quarto di secolo resta con una domanda irrisolta. In 16 anni, ha indossato la maglia del Galles solo 64 volte e portato al massimo i Dragoni al play off per l'Europeo 2004 perso contro la Russia. Di sicuro, non si è impegnato per il Galles come e quanto Gareth Bale. Non è tanto per le sue prime esperienze con le nazionali giovanili inglesi, quanto per la sua accurata selezione delle partite da giocare. Ha saltato 18 amichevoli di fila dopo il debutto contro la Germania, il 16 ottobre 1991, e una serie di partite che si sarebbero potute considerare senza importanza, magari ultime giornate di campagne di qualificazione col Galles già senza speranza. Bale no, sottolinea il Daily Mail.

“Giggs così non ha dato l'esempio. Se a lui le amichevoli non interessavano, perché avrebbero dovuto importare a qualcun altro? Così non si costruisce un vero spirito di squadra. Bale invece raramente salta le amichevoli. Tratta il Galles seriamente e fa in modo che anche i suoi compagni di squadra lo vivano allo stesso modo. È più difficile per un giocatore lasciarsi convincere dal club a saltare una partita contro Andorra se il giocatore più costoso al mondo vola da Madrid per giocare”.

Calcio e rugby – Spirito di squadra, senso di appartenenza, si trasferiscono in un'osmosi di passione in tutta la nazione, bisognosa di eroi sportivi e di voglia di rivalsa. “E' una sensazione straordinaria poter vedere i tifosi intorno alla squadra così come fanno per la nazionale di rugby” ha detto il direttore della divisione Elite Performance del Welsh Football Trust, l'ex baffuto bomber della Juventus e del Liverpool, Ian Rush. Calcio e rugby, infatti, hanno da sempre tratteggiato e diviso l'identità sportiva della nazione. E la frattura non si è ancora risolta. “Il successo della nazionale di calcio di Coleman è più importante per la reputazione, il profilo, l'immagine del Galles anche della vittoria al Mondiale di rugby del 2005” ha detto la professoressa Laura McAllister, presidente di Sport Wales, l'organizzazione che sviluppa e promuove l'attività fisica e lo sport in tutta la nazione. “Non possiamo permettere che sia il rugby a definirci come nazione”. Una posizione che ha perplesso molti, come Gareth Edwards, il più giovane capitano della nazionale gallese di rugby, che l'ha bollata come “una semplice discussione da pub”.

L'ultima del Galles – I giorni di gloria calcistica, però, in una nazione abituata alle sofferenze e alle occasioni mancate, deve risalire al 1958, alla nazionale del Gigante Gentile, John Charles, assente in quello storico quarto di finale contro il Brasile che rimane nella storia come la partita del primo gol in auriverde di Pelè. A quel Mondiale, il Galles arriva per vicissitudini che col calcio hanno ben poco a che fare. Il 1957 è l'anno della crisi di Suez. Israele è inserito nel gruppo di qualificazione di Asia e Africa: prima la Turchia si rifiuta di affrontarli, poi si ritirano dal girone Egitto e Sudan, e l'Indonesia accetterebbe di giocare contro Israele solo in campo neutro. La FIFA respinge la proposta, Israele resta l'unica squadra ma le regole vietano a una nazionale di partecipare al Mondiale senza aver disputato nemmeno una partita di qualificazione. Si decide così di organizzare uno spareggio contro una delle seconde dei vari gruppi.

Italia e Uruguay si tirano fuori, e l'urna premia il Galles. A Tel Aviv segnano Len Allchurch e Dave Bowen, che sarebbe diventato ct della nazionale dal 1964 al 1974. Allchurch sblocca anche la gara di ritorno, ma solo al 76′. Il portiere israeliano Ya’acov Chodorov, protagonista della serata, para tutto il parabile e oltre, salvo farsi trafiggere nel finale da Cliff Jones. Passa la notte a Cardiff, in ospedale, dopo uno scontro accidentale con Charles, il primo che va a trovarlo, insieme a buona parte della nazionale gallese. È il 5 febbraio 1958, a Cardiff fa festa anche Jimmy Murphy. Avrebbe dovuto essere a Belgrado, con il Manchester United, per la sfida contro la Stella Rossa. Matt Busby gli ha dato un permesso speciale per assistere a una delle partite più importanti nella storia del Galles. Il giorno dopo si presenta a Old Trafford e solo allora viene a sapere che, se fosse partito, avrebbe allungato la lista delle vittime del “Disastro di Monaco” che ha spezzato la storia dei Busby Babes, giovani, forti e morti sui cieli di Germania.

L'Europeo dimenticato – Quarant'anni fa, però, il Galles è pur sempre arrivato ai quarti in quello che passerà alla storia come l'Europeo del rigore di Panenka. Allora, però, la fase finale iniziava, per le statistiche, dalle semifinali, e quella rimane “la campagna dimenticata”, come ha ricordato l'ala Leighton James, 54 presenze e 10 gol in nazionale fra il 1971 e il 1983, che aveva sfiorato il titolo al Derby County. Era il Galles di Toshack, centravanti simbolo del Liverpool, di Yorath, capitano del Leeds fresco di finale di Coppa dei Campioni, della stellina Curtis, della coppia di centrocampo Flynn-Mahoney, regista classico il primo, un guerriero moderno il secondo, l'elemento più importante in spogliatoio. I Dragoni partono con fiducia per la gara d'andata a Zagabria.

“Ma lì andò tutto storto” ricorda James alla BBC. “Prendiamo un gol dopo un minuto, una partenza disastrosa”. Finirà 2-0 per la Jugoslavia, che ospiterà semifinali e finale ma non ha un posto garantito nella fase finale. Il ritorno a Ninian Park è bollente, e non solo per le temperature altissime in quell'estate di siccità e restrizioni nelle forniture d'acqua. L'arbitro, il tedesco dell'Est Rudi Gloeckner, non fa iniziare la partita finché non vede sventolare la bandiera della Repubblica Democratica Tedesca. Gloeckner aveva già arbitrato la finale mondiale all'Azteca sei anni prima, ma solo perché il Brasile non voleva un direttore di gara europeo occidentale, che avrebbe potuto favorire gli azzurri, e certamente l'Italia non avrebbe gradito un arbitro sudamericano. Così, optare per un arbitro della Germania comunista è apparso alla FIFA come il miglior compromesso possibile.

La battaglia di Ninian Park – Il Galles protesta subito contro Gloeckner. Dopo un calcio d'angolo, la Jugoslavia batte una punizione in difesa con la palla in movimento. L'arbitro fa proseguire, il contropiede lancia Danilo Popivoda verso l'area. Per Gloeckner, la scivolata del terzino Malcolm Page è da rigore. “Oggi, con 100 replay, si potrebbe anche pensare che il rigore ci poteva stare, ma allora no. Non in quel momento”. L'atmosfera diventa elettrica dopo la trasformazione di Josip Katalinski. Il Galles pareggia, Yorath sbaglia un rigore, poi Gloeckner annulla due gol a Toschack: prima per fuorigioco, poi perché considera l'assist in rovesciata di Mahoney un caso di gioco pericoloso. La polizia deve frenare i tifosi che lanciano in campo di tutto, e Gloeckner minaccia più volte di abbandonare il campo. A fine partita sarà il caos, ma quella partita e quel quarto di finale rimane il grande vuoto nella storia calcistica gallese. “Quando mi hanno accolto l'anno scorso per la sfida contro Israele al Cardiff City Stadium” ha detto Yorath, “mi hanno presentato come ‘membro dell'ultimo Galles che si sia qualificato per un torneo'. Un'idea che condividono tutti”.

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