Omofobia, razzismo, sessismo: il calcio italiano racconta
L'ultima polemica dell'Italia del calcio da quattro soldi si sta consumando: un atto degno della commedia goldoniana, quella fatta sui malintesi, i giochi di parole, i doppi sensi e i luoghi comuni. Insomma, una commedia tutta italica che ben si sposa e sposa lo sport più seguito e amato. Ma il mondo del calcio non è asettico da simili situazioni che già in passato lo hanno posto in ridicolo. Tante situazioni, moltissimi protagonisti, tutti diversi che però hanno un unico comune denominatore: non aver insegnato nulla. A nessuno.
Se il ‘frocio' di Sarri a Mancini sta facendo letteratura, c'è però da ricordare che in altre occasioni, il calcio ha dato riprova di essere costituito da personaggi che con il buon gusto e le buone maniere hanno poco a che fare. Uno dei più recenti è il "filippino" che il neo patron della Sampdoria rifilò a Erick Thohir, anch'egli neo presidente di un'altra società di calcio, l'Inter, succeduto a Moratti. Nell'occasione, «Er Viperetta», al secolo Massimo Ferrero, magnate del cinema dato in prestito al pallone, volendo difendere l’ex presidente onorario dell’Inter, Massimo Moratti si scierò contro l’indonesiano Erick Thohir, esclamando: "Avevo detto a Moratti: caccia quel filippino".
Dalla massima serie a quelle minori la musica non cambia. Ezio Capuano, allenatore dell’Arezzo (in Lega Pro), noto per la sua esuberanza e parole sempre al limite, nel novembre 2014 dopo una sconfitta allo scadere subita dall'Alessandria esplose nel dopo gara: "Se avessero perso in maniera diversa non avrei detto proprio nulla perché ci sta, però in campo le checche non vanno bene. In campo devono andare gli uomini con le palle e non le checche". Apriti cielo.
Così come capitò anche all'ex ct Arrigo Sacchi oggi opinionista, sfortunato nel febbraio dell'anno passato quando osò commentare: "Troppi giocatori di colore nelle squadre giovanili". E su uno scivolone simile è caduto anche Stefano Eranio, licenziato dalla RSI dopo un commento infelice: "I calciatori di colore sono forti fisicamente, ma quando c’è da pensare purtroppo spesso fanno questi errori".
Scorrendo indietro con la memoria e ritornando al tema omofobo, c'è anche di sorridere amaramente di quanto disse nel 2012, Antonio Cassano. Erano i tempi dell'Europeo e Fantantonio scatenò il caos da Cracovia dopo che Alessandro Cecchi Paone aveva asserito che almeno «due gay, un bisessuale e tre metrosexual» vestono la maglia azzurra. L'allora ct azzurro, Cesare Prandelli evitò le polemiche ma Cassano, in conferenza stampa, non usò mezzi termini, scivolando sulla classica buccia di banana: "Io spero che di froci non ce ne siano e comunque sono problemi loro".
Di razzismo ne è piena la curva di ogni stadio che si rispetti. Famosa la scena di Zoro, giocatore di colore del Messina che nel 2005 davanti ai reiterati insulti prese in mano il pallone e decise di non giocare più o il caso di Boateng, prima della partenza per la Bundesliga che in una amichevole scagliò il pallone contro i tifosi che lo insultavano. Per non parlare dei sempreverdi ‘buu' razzisti che arrivano dagli spalti e che non risparmiano nessuno, da Eto'o a Balotelli. Per non parlare poi dello scivolone dell'attuale presidente della FIGC italiana con il caso di Opti Poba che fece vergognare l'Italia intera.