Napoli-Manchester City, spettacolo in Champions in cinque atti
Il compleanno di Maradona, Hamsik a un gol dal suo record, l'occasione da non fallire. Ragione e sentimento, tre indizi che per una volta non fanno una prova. Al Napoli manca ancora qualcosa, questo Napoli beckettiano prova di più ma fallisce ancora, fallisce meglio. Così l'unico record è quello di un altro argentino, che di Maradona fu genero, e pure gioca con una maglia di un azzurro molto simile, scurito oggi per l'occasione. ha la divisa di uno stesso colore, ma non certo lo stesso identico umore il Kun Aguero, miglior attaccante di sempre del City che conferma la sua media straordinaria di tre reti a partita: 49 in sedici partite. L'ultimo gol non può che segnarlo Sterling, uno che di cognome fa letteralmente "sterlina", perché la differenza in fondo è tutta qui: follow the money.
Lorenzo il Magnifico sfida l'arte concettuale
La visione, la bellezza, la concettualità astrattista applicata a un calcio pollockiano tratteggia e punteggia le geometrie con e senza palla delle squadre di Guardiola. Creazione matura, questo suo City che non conosce sconfitta dal 24 aprile, eppure per mezz'ora si illumina di luce riflessa nel segno neoclassico di un talento rinascimentale.
Il Napoli replica se stesso, con pervicace impostazione e sempre diverse sottigliezze, crea dal lato un tempo considerato diabolico, a sinistra, con Ghoulam e Mertens, premiato una quarantina di minuti prima della partita per le 200 presenze in azzurro festeggiate contro il Sassuolo.
Così è la furbizia, o la furbata, di Insigne che ancora cambia i colori di una partita cerebrale e passionale insieme, che non si può capire senza complicare le ragioni del cuore. Lo sgambetto provocato di Sanè porterà dopo le paure al rigore del 2-2 e della speranza. Ederson, portiere futurista con i piedi, incassa il penalty di Jorginho, il settimo sugli ultimi sette che il City ha concesso.
Esce Ghoulam, esce il Napoli
Dopo mezz'ora, però, Ghoulam si fa male, entra Maggio ma Napoli non è la Parigi sessantottina e al potere va la logica, non l'immaginazione. E chi, come l'anonimo cantore a cui dà voce Fossati nello Iubilaeum bolero, è devoto alla logica, a San Giorgio e al suo cavallo, sa bene da quanto poco dipenda la gloria. Ma per una squadra che aspira ai sentieri del successo e ai giorni della grazia non può dipendere dalla presenza di un singolo anello della catena. Con la squalifica di Koulibaly, poi, che un vero sostituto ancora non ce l'ha, la missione della qualificzione ridefinisce i confini dell'impossibile.
Jump non è solo una canzone
Al City il pareggio basta per la quinta qualificazione consecutiva alla fase a eliminazione diretta. Interessante la scelta di preferire Danilo, più disciplinato tatticamente di Lyle Walker nella zona di Insigne e Ghoulam, e Gundogan per bilanciare in mezzo al posto di David Silva. Rispetto all'andata, i Citizen aspettano, controllano, sorvegliano e fan sfogare, anche troppo magari. La risposta al gol, però, taglia gambe e morale a un Napoli che pregustava un ben diverso finale e vede oscurarsi presto l'orizzonte per quelle marcature a zona un po' estreme sui calci da fermo. L'invito di Van Halen, abituale nella playlist pare influenzata da Reina durante il riscaldamento, andrebbe preso di fronte a Otamendi e Stones, un po' più alla lettera: Jump.
Tempo e cazzimma
Il Napoli difende come contro il Real Madrid nel quarto dell'anno scorso. Magari non è questione di "cazzimma", almeno non del tutto. Ma il segno del tempo, nel tempo che sfugge, rimane e lascia una riga nera. Un orizzonte scuro come il blues di Stones, il giocatore con più passaggi finora in questa Champions League, sintesi di una visione post-cruijffiana in cui il "taca la bala" si fa paradigma fra etica ed estetica del pallone.
Life is life, si sentiva dagli altoparlanti prima del match. E in fondo il confronto fra due diverse cromature di azzurro è un po' la vita nella concezione semplice e seria à la Forest Gump: non sai mai che ci trovi dentro. Puoi trovarci la speranza e la prigionia del sogno, il quasi e la realizzazione, l'elogio dell'imperfezione e la strada per la perdizione.
Il colpo del Kun
Sentieri che si diramano, si dividono e si incontrano come gli opposti nello spazio denso di un'istante che sa di ineluttabile. Quando Callejon, con la bandierina quasi beffarda che resta giù, sbaglia l'occasione più netta e lucida per il 3-2, si avverte che tutta una squadra ha finito per perdere quel tram chiamato desiderio. La fuga di Sané, errore e correzione, il vano inseguimento di Hysaj spezzettano l'inevitabile fino all'attrazione fatale, al pallone verso Aguero, al Kun che con 178 gol diventa il marcatore più prolifico di sempre con la maglia del City.
Guardiola rilancia, raddoppia, con David Silva per Gundogan. Non si abbassa, si alza con gli spazi che saliranno e gli equilibri destinati a farsi più labili. Il Napoli, però, non c'è più. Il viaggio verso il sipario è un finale di ammirazione per una squadra che da 22 partite non conosce sconfitte, e che di queste ne ha vinte 18. Una squadra che suona una sinfonia praticamente perfetta, senza stecche e senza pause. La domanda sorge spontanea: chi fermerà la musica?